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Opinioni

SPETTACOLARIZZARE? NON SERVE

FELICE MAGNANI - 19/02/2016

vettaNon serve fare per forza grandi cose, quanto piuttosto ricominciare dalle piccole, quelle che abbiamo dimenticato, che abbiamo riposto in solaio alla mercé della polvere, convinti che il mondo avesse preso un’altra strada e che il passato non fosse più capace di rispondere alle nostre aspirazioni, ai nostri interrogativi, ai nostri bisogni e alle nostre necessità. Dopo aver cercato inutilmente nel presente e nel futuro ci siamo resi conto che qualcosa di quello che avevamo troppo frettolosamente abbandonato era importante, aveva ancora un senso.

Dopo aver pensato a scenografie di lustrini ci siamo resi conto di quanto fosse gratificante il calore della gente semplice, di quella che ci ha insegnato a vivere con umanità e con vigore, facendoci amare quotidianamente il profumo dell’amore, quello dell’affetto, della gioia e dell’entusiasmo, dell’attenzione e del rispetto. Ed eccoci qui a rileggere le poesie di Foscolo e di Leopardi, di Giusti e di Parini, i Promessi Sposi di Manzoni, La Divina Commedia di Dante, i racconti di Maupassant, le parabole del Vangelo, come se fossimo scolari alle prime armi e avessimo davanti l’incanto del mondo.

Ed eccoci alle prese con una rinnovata voglia di vivere, con la gioia di ripescare quel bello che ci aveva accolto a affascinato, per il quale avevamo speso le nostre fantasie e i nostri sogni di giovani davanti alla porta del mondo. Ed eccoci qui a ripensare al nostro incontro con la natura, risvegliato e rafforzato dall’enciclica di papa Francesco, il Vicario arrivato a ridestare il cuore dell’uomo e a rimetterlo in sintonia con quella bellezza di cui la natura umana è figlia. Ed eccoci qui a ripensare al dolce sorriso dei nonni, alla loro immagine pacata e accogliente, ai loro racconti fatti di generosa e genuina umanità.

Dopo aver scalato le montagne ritorniamo a valle per riprendere fiato, per riempire la bisaccia, per respirare di nuovo il profumo di quelle piccole cose che abbiamo frettolosamente abbandonato. Ci siamo rimessi a tavola con mamma e papà per testimoniare lo spirito della famiglia, ci siamo tolti l’ansia della conquista di una vetta impossibile e abbiamo scoperto che l’unica vetta che dovevamo ancora scalare era il nostro patrimonio d’interiorità, quell’energia che portavamo nel cuore e che ci consentiva di sentirci felici anche quando la tormenta avrebbe voluto privarci della voglia di sognare ancora, proprio come quando guardavamo con ammirazione il mondo che ci ruotava attorno con lo stupore della meraviglia.

Dopo aver girato il mondo, siamo tornati al punto di partenza, domandandoci che cosa fosse più giusto fare per dire grazie a chi ci aveva concesso di godere del dono immenso della vita. Abbiamo imparato a osservarla con più attenzione, con più amore, con più cura, ci siamo resi conto strada facendo che l’osservazione di un cielo ambrato o il sapore di una gratitudine riempivano i polmoni di ossigeno e ci facevano vedere una luce diversa, più adatta ai compiti che ci erano stati assegnati.

È in questo vortice di rimescolamenti che abbiamo ripreso in mano i valori che contano, quelli che ci hanno consentito di non rubare, di aiutare, di dare un senso ai nostri lavori, ai nostri impegni, alle cose che abbiamo fatto per noi e per la comunità nella quale abbiamo avuto la fortuna di vivere, perché è anche grazie alla comunità che è fiorita la nostra umanità, quello che siamo diventati.

Oggi siamo qui ostaggi di nuovo di un tempo che trascorre in fretta, che ci comunica di fare presto, di non lasciarci travolgere dalla paura o dallo scoraggiamento, ma di affrontare con spirito gagliardo lo spazio che ci è stato assegnato. Un risveglio di coscienza improvviso, che ci dà la misura perfetta di chi siamo, di cosa vogliamo, di cosa dobbiamo fare per non buttare al vento un patrimonio straordinario di umanità.

È per questo che rimettiamo in moto la forza del pensiero, l’energia vitale che sta dentro di noi, pronta a prendere il volo proprio quando tutto sembrava infinito, indeterminato, immenso, al punto che il solo accostamento destava timore, panico e paura. Dunque un volo a ritroso per non dimenticare chi siamo, da dove veniamo, quali strade abbiamo percorso per raggiungere una meta periferica, prima di affrontare la vetta più importante, quella di fronte alla quale siamo proprio tutti uguali, nessuno escluso. È proprio in questa chiave che dovremmo riconsiderare la nostra vita, restituendole quella dignità che le spetta di diritto. È in questa chiave che dobbiamo riconsiderare lo spazio e il tempo, il valore della dignità umana, la necessità di riprendere il contatto con la coscienza, con le responsabilità che ci sono state affidate. È solo facendo una grande lavoro di riordino e di pulizia su noi stessi che sapremo dare le risposte adeguate ai nostri figli, perché anche loro possano vivere e godere lo stupore e la meraviglia di un’esperienza, quella umana, davvero unica e inimitabile.

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