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PREFERENZA DI GENERE E TANDEM

MARGHERITA GIROMINI - 27/05/2016

preferenzaLa preferenza di genere è la principale novità di questa tornata elettorale, già sperimentata dagli elettori chiamati, a partire dal 2013, a rinnovare i propri consigli nei comuni con più di 5000 abitanti.

Per noi varesini e varesotti, al voto dopo cinque anni, ecco che arriva la possibilità di esprimere due preferenze. Però, in ossequio alla necessità di garantire la rappresentanza di genere, non potremo scegliere due candidati dello stesso sesso. Regola che vale, ovviamente, sia gli uomini sia per le donne.

Dunque, quando si voglia esprimere la seconda preferenza, la scelta deve cadere necessariamente su un uomo e una donna, meglio detto, su una donna e un uomo. Questo grazie alla legge 215 del 2012 che ha lo scopo di “promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali”.
Gli effetti dello strumento sperimentato nelle
prime tornate amministrative sono stati positivi, nei 16 capoluoghi al voto nel 2013.

La rappresentanza femminile, come valore assoluto, è sostanzialmente raddoppiata. Non si sono verificate discrepanze a livello geografico, neppure nell’area meridionale, dove il dato registra risultati quattro volte superiori rispetto al recente passato.

La rappresentanza di genere, inoltre, ha inciso in modo positivo anche trasversalmente alle diverse aree politiche. Segno che il meccanismo delle doppie preferenze è un valido strumento per il riequilibrio di genere all’interno delle istituzioni rappresentative.

Che ne pensano i cittadini? Ecco alcune reazioni maschili da me registrate nelle settimane passate.

Qualche polemica sottovoce.

L’obbligo di indicare due candidati di sesso opposto aprirebbe corsie preferenziali al gentil sesso, sfavorendo candidati maschi bravi. Anche se lo scopo esplicito della legge non è sfavorire i maschi ma aiutare le donne in un percorso di reale rappresentatività.

Se è vero che le quote rosa rappresentano una necessaria forzatura, la doppia preferenza di genere potrebbe essere letta come un’ ulteriore spinta, un’accelerazione che abitua l’elettorato a una costante presenza femminile nelle istituzioni.

Ma è ben questo l’effetto cercato dalla legge!

Qualche perplessità.

In primo luogo il fatto che non tutti gli elettori esprimeranno le due preferenze possibili. Un amico da me interpellato con un: “Sai già a chi dare la preferenza, immagino”, prontamente risponde che sì, ce l’ha un nome: un tale il tale. Lo informo, perché può darsi che non sappia (infatti non lo sa), che dispone di due preferenze, quindi potrà votare ANCHE per una candidata purché appartenente alla medesima lista. Gli faccio un nome. Mi guarda e mi chiede senza troppo entusiasmo se è brava. Al termine della mia sequenza di lodi, allunga un foglietto bianco su cui posso scrivere il nome della donna che l’amico terrà presente per la sua (eventuale) seconda preferenza.

Ho l’impressione che quel foglietto andrà perso, forse per incuria, o soltanto per disinteresse. Ho letto nel pensiero dell’amico la vera risposta, quella che non ha voluto esplicitare, per gentilezza, per quieto vivere, per non alimentare polemiche. All’amico basta votare per un solo candidato, quello che aveva già individuato. Dalle sue riflessioni di circostanza deduco che non vede la necessità di imbrogliare le carte con doppie preferenze. Forse teme che la candidata che gli segnalo possa ricevere “troppe” preferenze e che il meccanismo del doppio finisca per estromettere da una possibile riuscita proprio il SUO candidato. Perché rischiare? In fondo, chi vuole indicare una “lei” come proprio rappresentante, può farlo dandole una prima e unica preferenza!

Un terzo amico a cui propongo l’opzione della preferenze di genere si imbarca in una disquisizione su un argomento ben noto: se una candidata è brava, gli elettori la votano già, senza altri meccanismi; che bisogno c’è che la preferenza attribuita a lei venga legata ad una maschile?

Uomini e donne candidati. Varrà il discorso al rovescio? E cioè, un candidato maschio sarà votato dai suoi elettori in modo “naturale”, perché maschio, o verrà scelto perché persona di riconosciuta bravura?

La doppia preferenza ventila il rischio che le donne, già inserite numerose nelle liste “per forza” di legge, possano poi scalzare gli uomini, che di politica si intendono da sempre e che da sempre la praticano.

Infine, mi viene spiegata la teoria del paradosso democratico: il “teorema del tandem”. L’amico sostiene che è bene attribuire una preferenza sola (a chi si vuole ma meglio a un uomo, suppongo) per non trovarsi brutte sorprese come questa che riassumo in poche parole: due candidati della stessa lista e di genere opposto, sostenuti da 100 elettori ciascuno, possono valere più di 1 candidato che gioca da solo ed è sostenuto da ben 199 elettori, tutti suoi estimatori. Invece il tandem candidato/candidata riesce a condividere i simpatizzanti e a far scattare 200 preferenze a testa. Problemi da valutare con il bilancino politico, mi rendo conto …

Nel mio breve tour elettorale, ho trovato anche l’eccezione, quella che deve starci per confermare la regola: un anziano signore afferma senza incertezze che no, lui non intende esprimere la doppia preferenza, si fida solo delle donne che in politica lavorano meglio degli uomini. Pertanto si limiterà ad attribuire una sola preferenza, a una donna, per la precisione a …

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