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Apologie Paradossali

MOTI E TERREMOTI

COSTANTE PORTATADINO - 09/09/2016

Amatrice prima e dopo il terremoto

Amatrice prima e dopo il terremoto

(O) Grazie, terremoti!

(C) ) Ma! Sei fuori?

(O) Eh, questa è la rubrica del paradosso, è lecito forzare i toni, ma non dimentico le vittime, il dolore, i danni; nessuno mi attribuisca offese o satire grossolane. O devo ricordare che mesi fa, proprio per non avallare la satira grossolana ci eravamo dissociati da Charly? Dico grazie perché non c’è richiamo più drammaticamente potente e persuasivo alla precarietà della condizione umana di un fatto come questo. Sul momento ho sdrammatizzato, a Rimini lo si è avvertito in forma lieve, ce ne siamo accorti perché eravamo svegli a causa della gastrite di mia moglie. Anche di primo mattino si parlava di poche vittime e, benché immaginassi che potessero aumentare ad un numero considerevole, non pensavo ad una tale catastrofe. Insomma è una scossa e, sebbene non mi senta di dire che ci voleva e aggiungo anche che non mi unisco alla tradizionale caccia alle responsabilità dei predecessori, dico che è ora di svegliarsi.

(S) Per una volta sono d’accordo. Il Friuli e l’Irpinia hanno saputo risollevarsi e forse persino migliorare la loro precedente condizione, grazie all’intervento dello stato, ma soprattutto alla solidarietà di tutti.

(C) Mi pare che Onirio volesse sottolineare che questo tipo di eventi mette in moto una cambiamento più importante di uno slancio solidaristico. Ricordo bene che la ricostruzione del Friuli fu avviata da subito secondo metodi ben diversi dall’assistenzialismo burocratico statalista. La parola sussidiarietà non era ancora entrata nel linguaggio delle istituzioni, ma venne immediatamente applicata. Anche grazie a quest’esempio il governo vinse le elezioni. Poi non ci siamo mantenuti allo stesso livello di efficienza e di correttezza, tranne nel caso recente di Modena e Mantova. Adesso dobbiamo capire che non possiamo aspettare la prossima scossa e la prossima ricostruzione. L’Appennino può e deve diventare la nostra Nuova Frontiera: partiamo dall’obbligo di risanare preventivamente le sue numerose fragilità, ma grazie a questa leva facciamo in modo di creare le condizioni perché si recuperi un capitale umano, un’imprenditoria locale, un’attrattiva turistica. Che si smetta di aspettare il posto statale o l’agevolazione pilotata. Naturalmente deve valere per tutta la zona a rischio sismico (e aggiungiamoci anche quello idrogeologico), non solo per l’area della ricostruzione e deve coinvolgere come attori propositivi e responsabili i soggetti locali giovani e dinamici.

(S) Spero che tu abbia ragione e che non si ricada nel fatalismo. Ancora una volta si sente dire: ma perché Dio ci ha colpiti così? O almeno: perché permette un male così grande?

(C) Con questo argomento è davvero ora di finirla! I terremoti ci sono perché la natura della crosta terrestre è questa. Tocca agli uomini sapere come fare per non subirne danno, non diversamente da tutte le altre minacce naturali, dalle intemperie, dalle carestie, dalle opere malvagie realizzate direttamente dall’uomo stesso, le guerre, le disuguaglianze. Tanto varrebbe incolpare Dio di tutto, dal cancro alle punture di zanzara. In questo modo ce lo immaginiamo come un cattivo orologiaio, un giocattolaio che mette un balocco pericoloso nelle mani inesperte di infanti: noi. Basta davvero. Non perdo tempo, anche se in passato lo hanno fatto illustri teologi, a occuparmi di questa radicale menzogna. Il Mistero è riconoscibile solo nell’amore misericordioso che viene incontro a quel niente di essere che è l’uomo, non certo in una specie di superprogrammatore capace di organizzare lo svolgimento dei più minuscoli eventi dal big bang alla fine dei secoli.

(S) Così però gli togli la prerogativa dell’onnipotenza!

(C) Forse dobbiamo cominciare a capirne il concetto, non secondo il modello antropomorfico del potere, politico o tecnologico. Per prima cosa, rendiamoci conto che il male morale è ben più grave dei mali naturali, eppure Dio permette anche quello. Il perché è un mistero, anzi è IL MISTERO, quello della libertà dell’uomo, dell’essere contingente cui è lasciata la libertà di non riconoscere l’assoluto, anzi di sfidarlo. L’onnipotenza si manifesta nel perdono, non nell’impedire il peccato, come ci mostra la parabola del figliol prodigo. Allo stesso modo ragiona, in modo paradossale per noi, il padrone della vigna nella parabola dell’undicesima ora: l’onnipotenza si manifesta come capacità di perdono sovrabbondante, sproporzionato, appunto paradossale.

(S) Fermati qui, non cercare di scalare le vette della teologia. Piuttosto, perché, Onirio, parlavi di terremoti al plurale? A che cosa ti riferivi?

(O) Alla scossa che il Meclemburgo ha dato alla Merkel. Un piccolo terremoto di genere diverso, una scossa di avvertimento, che, provvidenzialmente, ricorda a tutti che gli stati esistono proprio per risolvere i conflitti tra i diversi interessi, meglio ancora se si possono prevenire. Ma anche in questo caso non dobbiamo attribuire alla politica un’onnipotenza che non può avere. La pretesa del populismo nasce proprio da un analogo scarico di responsabilità: ai mali del mondo ci deve pensare qualcun altro, io voglio dover badare solo a me stesso. La risposta della politica populista è semplicisticamente la negazione del problema.

Dicevamo, prima delle vacanze, che la risposta al problema delle migrazioni di massa, da non confondere con quello dei rifugiati a causa di guerra, è di tale portata da richiedere una risposta gigantesca, ancor più importante di quella messa in atto per contrastare il cambiamento climatico: se invece si fanno solo annunci buonisti, è ovvio che si perde di credibilità. Merkel avvisata, Europa mezza salvata.

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