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Opinioni

MON (PERDU) AMOUR

FRANCESCO SPATOLA - 18/11/2016

italicumIl famigerato “combinato disposto” – cioé l’intreccio tra legge elettorale maggioritaria per la Camera, a doppio turno con premio di lista (cd. Italicum), e riforma costituzionale semplificatrice, che abolisce il Senato con pari poteri e ad elezione popolare diretta – è stato ed è il principale punto di critica sulla riforma costituzionale che va a referendum il 4 dicembre prossimo. Sia da parte dei costituzionalisti contrari sia da parte della accanita minoranza del Partito Democratico si sostiene che il “combinato disposto” produce un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del Governo e del Presidente del Consiglio, grazie alla fiducia di una sola camera con maggioranza certa e garantita, rilasciandogli una cambiale in bianco che mette a rischio il carattere democratico dello Stato, favorisce la penetrazione dei gruppi affaristici, delle grandi lobby e dei poteri occulti nelle decisioni strategiche per la Repubblica, elimina i contrappesi istituzionali rispetto all’azione governativa e restringe drasticamente le possibilità di controllo popolare.

Di fronte all’andamento negativo dell’opinione pubblica ed ai rischi di sconfitta al Referendum che gli attuali sondaggi sembrano pronosticare, pur di recuperare consenso a favore del SI referendario il premier Renzi ha dato piena disponibilità alla minoranza PD per il cambiamento dell’Italicum, tradotta in un recente documento che ne sconvolge i caratteri più innovativi sostituendo il premio di lista con quello di coalizione e rinunciando al ballottaggio, e che è stato approvato anche da Gianni Cuperlo, esponente di spicco della minoranza interna. Anche se la mossa non ha convinto la gran parte della scettica e rabbiosa minoranza PD, che ha ribadito l’orientamento a votare NO al referendum come unica certezza che l’Italicum venga smantellato, il principio di drastica revisione della legge elettorale maggioritaria è stato affermato in via definitiva, e comunque vadano le cose il 4 dicembre è ormai assodato che di “combinato disposto” non si dovrà né potrà più parlare.

Tutto bene, democrazia salvata, equilibri istituzionali assicurati? Niente affatto, in pericolo non c’era la democrazia ma l’irresponsabilità istituzionale, vero problema che ha provocato l’instabilità, o meglio la stabile precarietà di governo dal dopoguerra repubblicano ad oggi, con i governi che continuano a cambiare anche con la maggioranza che resta la stessa: 62 governi in 70 anni, 1 anno e 1 mese di media; e nella Seconda Repubblica, nonostante l’alternanza i governi sono stati 15 in 24 anni, 1 anno e 7 mesi di media. Grazie al carattere plurale dei governi, l’esistenza stessa di coalizioni ha favorito l’impossibilità per l’elettorato di identificare chiaramente le responsabilità dei fallimenti o il merito dei successi, consolidando la tendenza alla mera identificazione ideologica con l’uno o l’altro schieramento, non solo durante la Guerra Fredda ma anche dopo la caduta del Muro di Berlino.

Era e continua ad essere normale che gli insuccessi di una coalizione di governo possano essere scaricati sull’uno o sull’altro partito componente, e che gli elettori rinuncino ad entrare nel merito dei risultati e propendano per la fiducia acritica o la rabbia cieca, facce opposte della stessa medaglia al qualunquismo. Solo un sistema elettorale con il premio di lista può attribuire inequivocabilmente la responsabilità di governo ad un solo partito ed al suo leader, ed il doppio turno di ballottaggio consente agli elettori dei partiti meno rilevanti di contribuire a scegliere, se non il partito preferito, almeno quello meno lontano tra i partiti maggiori. E proprio il principio maggioritario tende a disincentivare la dispersione del voto popolare in mille rivoli, favorendo il voto utile e la concentrazione del consenso su poche tendenze politiche, su opzioni di orientamento politico più rilevanti ed aggreganti. L’Italicum aveva ed ha vari difetti, in particolare per i capilista bloccati, ma finalmente è stato ed è oggi impostato su un chiaro equilibrio tra rappresentanza, bastando superare il 3% per entrare in Parlamento, e governabilità, attribuendo il 54% dei seggi alla Camera dei Deputati, l’unica che – grazie al “combinato disposto” – dà la fiducia.

E proprio la contestata riforma costituzionale non solo non tocca e non amplia affatto, ma in verità limita il potere del Governo e della maggioranza rispetto ai famosi “contrappesi” istituzionali, fissando al 60% il quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica dalla quarta votazione (contro il semplice 50% + 1 attuale), come per i giudici della Corte Costituzionale e dei componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura; obbligando alla trattazione delle leggi di iniziativa popolare, sinora relegate nei cassetti; tagliando il quorum per i referendum se presentati da 800.000 elettori (50%+1 non più dell’elettorato ma solo degli ultimi votanti alla Camera). E saranno poi gli elettori a decidere se il governo ha operato bene o male, alla elezioni successive: se con un potere chiaro e forte non ha ben governato, motivo in più per abbatterlo, è questo il vero e fondamentale contrappeso democratico.

Riportando alla coalizione il premio di maggioranza i contrappesi si deformano e diventano interni: il Presidente del Consiglio tornerà ad essere ostaggio dei partitini che, pur di vincere, avrà dovuto aggregare al suo partito; salvo poi dover dare loro – magari, giustificatamente – la colpa per l’incapacità di esercitare un’omogenea, organica e coerente azione di governo. Come faceva Berlusconi con Fini e Casini e Bossi, e ha dovuto fare Prodi con Bertinotti e Mastella; e si ritrova Renzi con Alfano e Verdini. Il massimo ed il meglio per i partiti antisistema come il Movimento 5 Stelle, che guarda caso ha sempre contestato il premio di maggioranza e proposto un sistema elettorale proporzionale pressoché puro, così da non potere mai andare al governo e non doversi mai assumere piena responsabilità davanti agli elettori.

Il paradosso dell’abolizione del ballottaggio è poi che – oggi come oggi – sarebbe proprio M5S a beneficiarne. Ovviamente, è anche il motivo per cui le componenti tradizionali del Partito Democratico contraddicono la “vocazione maggioritaria” e non vogliono assumersene i rischi, che consistono poi nel rischio di perdere a presentarsi da soli, chiaramente davanti all’elettorato, senza scuse e con determinazione. Eppure, se M5S deve essere M5S sia, l’elettorato non è forse sovrano? Non è con i trucchi elettorali che si argina l’ondata di scontento che continua ad agitare il paese nonostante l’impegno di Renzi e dei suoi, ma solo con il coraggio della verità nell’analisi dei problemi e con la trasparenza delle responsabilità, che l’Italicum avrebbe assicurato in “combinato disposto” con la riforma costituzionale.

“Combinato disposto”, mon amour … perdu.

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