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Lettere

DISUMANITÀ

- 13/07/2018

Gentile direttore

I tempi tristi che stiamo attraversando inducono a molte riflessioni.
Tra tutte: Come ha fatto un paese come l’Italia, che ha subito la propria emigrazione non dissimile dalla immigrazione di ora da parte di cittadini di paesi poveri e in guerra o solo poveri; che ha una lunga e importante tradizione di accoglienza che le deriva dalla storia; che possiede un patrimonio culturale dovuto ad un cristianesimo i cui rappresentanti più alti vi hanno sede;che ha nel secolo scorso vissuto i partiti socialista, democristiano e comunista che hanno messo al centro della propria azione l’uomo e i suoi diritti;che si avvale di una tra le costituzioni più belle, giuste ed equilibrate del mondo; che ha il più grande patrimonio di beni culturali dovuti proprio alla sua lunga storia di legami con le culture greche e latine e dunque la passione per il bello che è anche simbolo del bello dell’anima;
Come può essersi ridotto ad aver paura della propria ombra rappresentata da uno o forse due partiti che hanno fatto della paura il proprio feticcio, dell’insulto la propria azione di governo, della mediocrità il proprio vanto.
Come può non capire che le parole per dire tutta questa antiumanità sono parole povere che abbassano il livello di intelligenza e cultura che furono ben diversamente interpretati da De Gasperi, Pertini, Ciampi e ora per fortuna anche da Mattarella.
E’ un Paese in balia della disinformazione (più mezzi di informazione si possiede, più sembra facile insediarvi la disinformazione, per paradosso,) assediato dalla paura, in guerra civile a causa del tifo da stadio, che ha perso il piacere del dialogo e della discussione, anche forte ma sempre rispettosa.
Un paese involgarito e prossimo a passi di preoccupante isolazionismo.
Occorre una forte volontà rivitalizzatrice, un forte carisma lideristico, una civile sollevazione dei gruppi sociali che esistono ma forse aspettano un imput dai partiti e dalle formazioni sociali che credono nella civiltà del confronto e nell’umanità dell’agire.
Ripercorrendo i propri errori e ammettendoli, prima di tutto a se stessi e poi pubblicamente, come un lavacro da cui uscire rinnovati e con un progetto politico che, ricalcando aggiornandoli i propri valori, non possano essere confusi con altri se con se stessi.
Occorre recuperare la dignità di popolo che pensa con la testa e non con la pancia, attraverso l’approfondimento culturale.
La somma delle paure e degli odi sociali genera mostri.

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