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VIETATO AI MINORI

MARGHERITA GIROMINI - 16/11/2018

giornataIl 20 novembre ricorre l’anniversario della Convenzione Internazionale dei Diritti dei Bambini, approvata dall’ONU nel 1989 e assunta nel 1991 dall’Italia con l’impegno di rendere la nostra nazione dove ogni bambino sia accolto, accudito, educato e rispettato.

Purtroppo alle dichiarazioni di intenti non sono seguite nel tempo tutte le necessarie azioni positive.

Le organizzazioni internazionali che difendono i diritti dell’infanzia parlano di un Paese vietato ai minori: quasi 1 milione e trecentomila tra bambini e ragazzi, il 12,5% del totale, cioè più di 1 su 10, vivono in povertà assoluta.

Bambini invisibili ai nostri occhi di benestanti. È probabile anche che qualcuno tra noi non ne abbia mai incontrato uno, di quei bambini spinti ai margini del benessere che caratterizza le nostre vite.

Non ci scandalizza eccessivamente sapere che oltre la metà di questa, chiamiamola brutalmente categoria, non legge un libro, e non per negligenza come capita agli adulti istruiti divenuti negli anni analfabeti di ritorno.

Non ci sembra nemmeno così grave che quasi 1 minore su 3 non usi Internet, e non per un’oculata scelta dei genitori; e che più del 40% non pratichi alcuna attività sportiva.

Si tratta pur sempre di esigenze non primarie, stando alla lettura della piramide dei bisogni dell’uomo costruita nel secolo scorso dal sociologo americano Maslow!

Invece ci dovrebbe preoccupare, e molto, che troppi minori non riescano a emanciparsi dalle condizioni di disagio delle loro famiglie, vivendo lontani dalle opportunità educative e dagli spazi dove altri coetanei, più fortunati, svolgono attività sportive, artistiche e culturali.

Save the Children, l’organizzazione internazionale dal 1919 che opera lotta nel mondo per garantire ai bambini un futuro, ha pubblicato il rapporto “Nuotare contro corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia”, uscito nella fase di lancio di una campagna dal titolo suggestivo “Illuminiamo il Futuro”.

Contrastare la povertà educativa sembra uno sforzo destinato al fallimento quando emerge il dato che i quindicenni di famiglie disagiate hanno quasi 5 volte in più la probabilità di non superare il livello minimo di competenze sia in matematica sia in lettura, rispetto ai loro coetanei che vivono in famiglie più benestanti.

Tuttavia tra questi minori spicca, fatto inedito e consolante, una significativa quota di “resilienti”, ragazzi e ragazze che raggiungono ottimi livelli di apprendimento anche se provengono da contesti familiari in gravi condizioni di disagio.
Che cosa favorirebbe la loro resilienza? I fattori che aiutano i minori a emanciparsi dalle situazioni di disagio sociale ed economico sono, nell’ordine, l’aver frequentato 
un asilo nido, una scuola ricca di attività extracurriculari e dotata di infrastrutture adeguate, un ambiente scolastico caratterizzato da relazioni positive tra insegnanti e studenti.

Al contrario, a indebolire la resilienza di questi minori è in primo luogo la permanenza in contesti contrassegnati da alti tassi di criminalità che riducono i percorsi di recupero socioculturale in una percentuale compresa tra il 30% e il 70%. Un altro fattore negativo è l’immersione quotidiana in aree dove la disoccupazione giovanile è più alta della media nazionale: qui la dispersione scolastica addirittura raddoppia.

Lo sapevamo, o almeno, credevamo di saperlo: è il contesto nel quale si cresce, la “comunità educante” che si attiva attorno ad un bambino e a un ragazzo, ad avere un ruolo decisivo nella riduzione delle diseguaglianze di origine.

I dati statistici che appaiono sempre freddi e impersonali ci costringono a qualche riflessione.

Un minore di 15 anni su 5 non raggiunge le competenze minime in lettura e in matematica.

Il 14% dei ragazzi abbandona gli studi prima del tempo.

Circa la metà degli alunni non usufruisce della mensa a scuola.

Il tempo pieno è assente dal 70% delle scuole primarie e dal 90% delle secondarie di primo grado.

Solo un bambino su 10 frequenta l’asilo nido o un servizio per la prima infanzia.

Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise occupano i primi cinque posti della triste classifica della povertà educativa in Italia.

Di contro, isole più felici per l’infanzia e l’adolescenza sono il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna, regioni che offrono maggiori opportunità educative ai bambini.

Speriamo che alle celebrazioni del 20 novembre di quest’anno seguano fatti concreti, investimenti reali, impegni ben precisi da parte della politica e della società tutta.

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