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Attualità

RIVOLUZIONE GENTILE

LUISA NEGRI - 16/11/2018

7donne“Madamin da salotto”. Così sono state bollate dai Cinque Stelle le sette signore che il 10 novembre scorso hanno convinto a scendere in piazza Castello a Torino quarantamila persone.

Cifra contestata da chi non la pensa come i manifestanti, arrivando a ridurli –è successo durante un dibattito televisivo- a venticinquemila. “Non mi interessa il numero dei presenti” è stata la logica e pronta replica di Patrizia Ghiazza, professione cacciatore di teste, che non si è sottratta alle richieste  dei giornalisti curiosi di sapere  il percome e il perché di una decisione simile.

“Ma se davvero vogliamo un calcolo realistico -ha precisato puntigliosa- in base ai metri quadri della piazza occupati dalle persone, come dimostrano anche le fotografie e i video fatti, e alla densità media di persone per metro quadro la cifra supera addirittura i quarantamila”. La stima, ha precisato, era stata fatta da un architetto, Patrizia  si era “preparata”.

Basta questo, dovrebbe bastare, per far capire la differenza. Le madamin non si improvvisano e non si fanno sgambettare da nessuno: tantomeno dal giacobinismo pentastellato.

Prova evidente che loro no, non parlano a vanvera. Ma si affidano alla concretezza e ai dati di fatto. La prestidigitazione mediatica grillina e dei suoi sostenitori, votata allo stordimento dell’ avversario, non tocca la sana concretezza piemontese e la  ferrea determinazione di chi si è stufato di vedere progetti, soldi e impegni, presi tra Paese e Paese, andare in fumo, calpestando la volontà dei molti che condividono l’importanza del progetto Tav (cioè dei treni ad alta velocità destinati a collegare Italia e Francia).

Ma perché darsi tanta pena e dover mostrare la faccia, insiste la stampa curiosa?

“I nostri lavori di artiste, architette, esperte di informatica, designer, pierre, avvocato, e altro ci insegnano la concretezza di persone normali abituate a lavorare e a fare. Se qualcuno mi ha dato della borghesuccia non so cosa vogliano intendere. Io posso solo dire che le nostre storie professionali sono vicine a quelle di tanta gente perbene, ci sono donne come noi, ci sono anziani e giovani, e tanti lavoratori scesi in piazza, che pensano che qualcuno, prima di noi, ha pur già valutato la bontà del progetto. E Il civismo, cioè, l’adesione autonoma non legata ad alcun partito come in questo caso, è l’arma migliore per portare avanti le istanze del compimento di questa opera.  Noi torinesi non abbiamo accettato quando è stata dichiarata Torino Città No Tav. E allora sabato 10 novembre è nata una bellissima manifestazione che ha fatto sì che la piazza virtuale si trasformasse in piazza reale”. Una piazza del buon senso.

Patrizia Ghiazza e compagne vorrebbero incontrare Mattarella: per portargli la richiesta di vigilare -in termini economici, di crescita e progresso- sulla sbandierata opportunità di questo ennesimo rifiuto opposto alla Tav.

Insomma le donne, e non è la prima volta di questi tempi, corrono in piazza, e si prendono la piazza, non quella virtuale,  ma quella vera: dove si va a mostrare  la faccia.

Quando la politica si allontana dal vero, dalle necessità quotidiane, e si perde nella conflittualità, quando non  tracima addirittura nell’odio, sono spesso le donne a farsi avanti. Con realismo, voglia di fare e costruire, non di rompere. Sono loro ad aprire le porte alla concretezza, alla capacità di guardare seriamente in faccia alle necessità reali, evitando di essere scavalcati da ostacoli messi a bella posta, confondendo la necessità del progresso con disegni politici preordinati, laccioli messi lì nell’ ideale perverso di far inciampare gli sprovveduti.

Le madamin, le “salottiere borghesi”, cresciute sì nella bambagia delle buone case cittadine ma pure affezionate alle asperità delle vicine montagne, hanno il passo sicuro:  e prima di farlo guardano dove mettono i piedi. Sono le nipoti di quelle signore che negli anni difficili delle guerre sapevano mandare avanti casa e lavoro, senza mai dismettere il filo di perle al collo.

Molte di loro, di necessità, avevano sostituito alle perle vere quelle finte, ma riuscivano a indossarle con la stessa eleganza. Non avevano poi dimenticato nel tempo di trasmettere alle figlie e alle nipoti la capacità di discernere al momento buono tra perle buone e false. A fare soprattutto la differenza è quella luce speciale che le illumina.

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