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Molina Gallery

ECHI MANZONIANI

PAOLA VIOTTO - 07/06/2019

votoNelle collezioni private dell’Ottocento i quadri venivano considerati in primo luogo come oggetti di arredamento. Per questo motivo non si esitava a modificarne le dimensioni per adattarli alle cornici o per creare dei pendant. È quanto accaduto ad una tela pervenuta alla fondazione Molina dalla collezione della signora Teresa Perelli Paradisi, nota con il titolo Il voto.

L’opera è datata 1849 e firmata da Luigi Zuccoli, pittore milanese molto apprezzato anche per i suoi ritratti dei protagonisti della cultura risorgimentale, da Giuseppe Mazzini ad Alessandro Manzoni. Non a caso l’altra sua tela giunta alla Fondazione Molina dalla medesima provenienza si intitola Il patriota ed è un ritratto di uomo con il fucile in mano e le coccarde sul cappello a cui è dedicata una delle prime puntate della Molina Gallery.

La tela su cui è dipinto Il voto è stata allargata con una striscia di quattro centimetri proprio per riportarla alle stesse dimensioni del Patriota. In questo modo si è creato artificialmente un pendant tra un ritratto maschile improntato al tema politico e un ritratto femminile con una tematica simbolica e letteraria. L’uomo, la cui figura scura si staglia su uno sfondo chiaro, esprime forza e decisione, con lo sguardo che interpella lo spettatore. La donna, il cui abito chiaro spicca i sullo sfondo scuro, incarna invece secondo uno stereotipo caro al Romanticismo i valori della riflessione intimistica e della spiritualità. I suoi occhi sono rivolti al cielo come in un muto dialogo sottolineato dalle labbra serrate e le mani sono congiunte in preghiera. A destra sul tavolino accanto a lei, coperto da un ricco drappo, sono posati una serie di oggetti altamente simbolici. Si vedono dei fiori, un teschio che invita alla meditazione sulla morte, un crocifisso e un libro che immaginiamo di preghiera o di lettura devota, le cui pagine un po’ sciupate mostrano i segni di un uso frequente e intenso. Al contrario quelli nel ritratto maschile sono oggetti semplici e quotidiani, brocca, bottiglia, bicchiere poggiati su una prosaica tovaglia di tela, a suggerire una realtà concreta e senza fronzoli.

La giovane donna, con i capelli sciolti sulle spalle, indossa un velo trattenuto da una coroncina di rose, quanto basta per suggerire l’idea delle nozze, idea rafforzata dall’abito bianco. Nello sfondo a sinistra, appena avvertibili nell’ombra che li avvolge, si intravvedono invece due figure di monache. È quanto basta per scatenare la fantasia dell’osservatore, come accade con molti quadri del Romanticismo, che accennano a una storia senza mai narrarla fino in fondo in modo esplicito. Suggestionati dal titolo assegnato al quadro e dalla lettura dei Promessi Sposi, siamo indotti ad immaginare una situazione che riecheggi quella della Lucia manzoniana. Forse il quadro rappresenta una giovane fanciulla che fa voto di rinunciare alle nozze per salvare l’amato e si prepara ad entrare in convento. Ma potrebbe anche trattarsi di una promessa sposa che di fronte alla morte del fidanzato non vede altra strada possibile se non quella della monacazione. O forse ancora la protagonista è stata abbandonata alla vigilia delle nozze, e medita sull’infedeltà dell’amore umano e sulla certezza di quello divino…

Il pittore non ce lo dice e lascia a noi la libertà dell’interpretazione. Certa invece è la sua straordinaria bravura nel descrivere la trasparenza del velo e i toni cangianti della stoffa dell’abito, come pure il tocco di sensualità introdotto dall’ampia scollatura.

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