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Sport

BEPPE SARONNI, IL MITO

FELICE MAGNANI - 08/11/2019

saronniGiuseppe Saronni un predestinato? Sicuramente un figlio d’arte, uno che ha respirato fin da sempre il sapore esilarante dell’agonismo. Un padre con la passione della bici, una madre giocatrice di basket, due fratelli innamorati anch’essi del ciclismo e praticanti, un feeling naturale con la sfida.

Per il giovanissimo Giuseppe Saronni la pista diventa il palcoscenico naturale. A 15 anni è già passione. È un vincente. Lo è per le sue doti fisiche, ma lo è soprattutto per la sua intelligenza. È uno che impara alla svelta, non ha bisogno di troppe lezioni per rendersi conto che il ciclismo può dare molte soddisfazioni e che essere ciclisti significa prima di tutto avere una visione chiara di quello che si è e di chi si vuole diventare. Consegue un’infinita serie di vittorie sulle piste in cemento di Varese, del Palasport, del Vigorelli e di Busto Garolfo. A 17 anni diventa campione europeo juniores, vince due medaglie d’oro ai Giochi del Mediterraneo,vince sistematicamente nella velocità e nell’inseguimento, è chiamato a rappresentare l’Italia ai Mondiali diMontreal, da dilettante vince cinquantasette volte su strada e più di cento volte su pista.

 È un atleta dotato di una classe naturale e soprattutto si sa gestire. Ha una visione chiara di quale sia la sua vocazione e di cosa voglia ottenere dalla vita. È uomo con la testa sulle spalle prima ancora di essere atleta e campione, sa come distribuire i tesori che madre natura gli ha consegnato.

A diciannove anni e mezzo ottiene il passaggio al professionismo. È giovanissimo, ma ha cuore e cervello per dimostrare chi è anche nelle corse in linea.

Capita che i passaggi possano essere traumatici, che richiedano tempo e pazienza. Beppe Saronni non ha bisogno di tempi lunghi, ha una mente viva, molto attenta, sa prendere le misure, capisce gli avversari e soprattutto intuisce al volo come, quando, dove e perché. È uno che non si lascia intimorire, che sa stare al gioco, che non si lascia prevaricare, doti che dimostrerà sempre, anche nella futura carriera direttiva. Non ama le esagerazioni, usa le parole con parsimonia, controbatte, mette i puntini sulle i, ma con il buon senso di chi ricorre all’ironia senza cadere nel sarcasmo.

Il campione della pista diventa anche campione su strada e insieme a Francesco Moser, suo grande rivale, accende la passione popolare degl’italiani. Due uomini molto diversi tra loro, due caratteri tenaci, forgiati nelle officine degli dei, abituati alla puntualità e al sacrificio, coscienti del ruolo che madre natura ha riservato loro.

Francesco un trentino tutto d’un pezzo, abituato alla vita dei campi, un gran fisico, ma anche dotato di una bella dose di intelligenza tattica e di carattere. Beppe un uomo e un atleta capace di dare sempre il massimo, soprattutto quando l’avversario crede di averlo in pugno. Un talento naturale capace di bruciare le tappe di una carriera splendida, senza perdersi per strada, senza lasciarsi irretire dal solito antagonismo di maniera. Due campioni che danno vita a un sano duello all’italiana, creando entusiasmo e passione, lasciando nel cuore degli sportivi una desiderata voglia d’ilarità.

Beppe è più giovane, ma ha un impianto caratteriale molto solido, sa stare al gioco anche quando questo si fa duro, sa difendersi e contrattaccare, con quella fierezza che lo fa amare, anche da chi si posiziona su sponde opposte. È uno con le idee chiare, lo è sempre stato, anche quando pur di dimostrare la sua giovanile autorevolezza lavorava in pasticceria o quando, riabilitando il valore dei libri, decideva di diventare un bravo elettrotecnico, approdando alla Olivetti.

Sa prendere la vita di petto quando è il momento, ma sa anche concedersi il lusso di riconoscere il valore altrui. Ci sono momenti in cui taglia sempre per primo il traguardo, il suo è un appuntamento quasi quotidiano con la vittoria, ma non per questo la sua caparbietà crea assuefazione, ai tifosi e non solo piace cosìquel ragazzo che sprinta sulle strade del mondo come se fosse sparato dalla bocca di un cannone.

Non c’è solo Francesco che lo aspetta al varco, ci sono fior di campioni che attendono solo il momento di batterlo, di dimostrare che anche un campione come lui può subire l’onta della sconfitta. Battere Saronni tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta è molto difficile, se non impossibile, la sua forza muscolare e quella agonistica sono una miccia incendiaria, alimentata da un rarissimo intuito tattico che lo rende imprendibile. 194 corse vinte in carriera, 85 frazioni di corse a tappe (24 al Giro) e 49 circuiti, un palmarés da sogno, vissuto con l’orgoglio di chi dà sempre tutto. Tra l’82 e l’83 vince Sanremo, Giro, Mondiale, Lombardia, diventando il corridore della fucilata di Goodwood, il ciclista italiano che infiamma i circuiti mondiali in ogni parte del pianeta.

Beppe Saronni è tra i grandi dello sport italiano e lo è ancora oggi nella sua veste dirigenziale. Dal 2005 è infatti Team manager della Uae Team Emirates (già Lampre).

Non è cambiato. Le parole sono sempre poche e molto misurate, l’atteggiamento è quello compassato del professionista serio, attento a non andare mai oltre misura. La sua, è la puntualità di un’intelligenza dal volto umano, che si porta dietro da sempre, fin da quando da ragazzino sognava di diventare un campione, battendo i grandi della pista nelle arene di mezzo mondo.

Il palmares

Inizia la sua carriera professionistica a diciannove anni e mezzo, vestendo la casacca della Scic, la squadra diretta da Carlo Chiappano. Debutta nel Trofeo Laigueglia il 23 febbraio 1977 e si classifica secondo dietro il belga FreddyMaertens. Il 29 marzo dello stesso anno coglie il suo primo successo nel Trofeo Pantalica. Nella stessa stagione conquista la Tre Valli Varesine e il Giro del Veneto.

Viene convocato in Nazionale per i Campionati del Mondo di S. Cristobal. Nel 1978 vince la Tirreno Adriatico, Il Giro di Puglia e tre tappe al Giro d’Italia, dove conquista il quinto posto in classifica generale. È secondo alla Milano Sanremo, battuto in volata da Roger De Vlaeminik e quarto ai Campionati del Mondo del Nurburgring. Nel 1979, a ventuno anni e otto mesi si aggiudica la classifica generale al Giro d’Italia. Vince il campionato di Zurigo, il Giro di Romandia, il Gran Prixdu Midi Libre e si aggiudica il Trofeo Baracchi in coppia con Francesco Moser. Nel 1980 passa alla Gis Gelati e vince la Freccia Vallona, sette tappe al Giro d’Italia, è medaglia d’argento ai Campionati del Mondo di Praga, conquista diverse vittorie nelle classiche del calendario e il bronzo mondiale di Brno.

Nel 1982 corre per la Del Tongo Colnago e vince la Milano Torino, la Tirreno Adriatico, il Giro del Trentino, il Giro della Svizzera, è sesto al Giro d’Italia, vince il Campionato del Mondo di Goodwood e il Giro di Lombardia. Nel 1983 vince la Milano Sanremo e il Giro d’Italia. Nel 1985 vince due tappe al Giro. Nel 1986 è secondo al Giro d’Italia e terzo ai Campionati del Mondo di Colorado Springs, vince la Milano Vignola. Nel 1988 vince il Giro di Puglia e la Tre valli Varesine.

Saronni è uno dei ciclisti italiani che ha vinto di più, imponendosi in pista, su strada, nelle classiche e nei Giri, dimostrando straordinarie doti atletiche, umane e sportive. Bravissimo come atleta, si è dimostrato anche ottimo Team manager, portando le squadre da lui dirette, a imporsi nei traguardi più ambiti e significativi della scena nazionale, europea e mondiale

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