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In Confidenza

IN ASCOLTO

Don ERMINIO VILLA - 13/03/2020

cristoI Giudei che avevano cominciato a dare seriamente credito e valore alla parola di Gesù si erano messi in ascolto di Lui con una certa predisposizione. Tanto che Gesù li aveva incoraggiati: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli. Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32).

Le complicazioni cominciano piuttosto quando nel dialogo si va alla radice del problema. Per Gesù credere ‘in Lui’ vuol dire riferirsi anzitutto al Padre suo che Lo ha inviato; invece loro si fermano alla paternità etnica e religiosa di Abramo.

La questione è: cosa significa credere alle parole di Gesù (‘a Lui?’) fino ad arrivare a credere davvero ‘in Lui’? Passaggio delicato e cruciale.

Ci sono diversi livelli di espressione della fede. C’è un tipo di fede che ha i tratti dell’immediatezza e dell’emotività: per alcuni non è difficile entusiasmarsi di Gesù, perché il suo modo di fare, di parlare, i suoi stessi miracoli, affascinano. Poi arriva la prova, il momento nel quale bisogna decidere se stare con Lui o andarsene.

Lo racconta Giovanni nel cap. VI a proposito del “pane di vita”: “Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dissero. ‘Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?’. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui”.

Un altro modo di credere in Gesù fa leva sul valore della tradizione. Ma se la tradizione della fede perdesse per strada il suo interlocutore principale, sarebbe sterile, fatta solo di leggi, che vanno osservate senza saperne la ragione. I Giudei che stavano dialogando con Gesù erano disposti ad ascoltarLo fino a quando Gesù e le sue parole fossero state funzionali alla loro tradizione che mutuava da Abramo l’inizio della religiosità ebraica.

La radice profonda e ultima della fede di Gesù è la relazione profonda e singolare col Padre. Questo è il punto più decisivo e inequivocabile della fede cristiana. Che Gesù, per primo, ha messo in atto con grande decisione per tutta la sua vita e chiede oggi a noi.

Si tratta, in altre parole, di una relazione d’amore non chiusa in se stessa, ma che coinvolge tutti coloro che Gesù incontra. Tanto che se Gesù per amore del Padre suo finisce per morire in croce, dando la vita per noi, inevitabilmente questa stessa logica d’amore non può non chiamarci in causa in prima persona.

Infatti il Padre ha chiesto al Figlio di continuare a testimoniare tra noi la possibilità reale e concreta di un amore gratuito e senza limiti. Questo è proprio il senso dell’Eucaristia domenicale, in cui ci viene dato di ascoltare le sue parole, veri messaggi d’amore, e di riceverne il corpo e sangue, a suggello della nuova eterna alleanza.

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