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Quella volta che

IL PIÙ GRANDE

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 13/03/2020

ossola-Caro Mauro, quella volta che…

“Caro Massimo, quella volta che vidi per la prima volta, all’oratorio Veratti di Varese, il ragazzino Aldo Ossola giocare a pallacanestro e capii che sarebbe diventato un grande. Invece…”

-Invece…

“Invece diventò il più grande. Di tutti”.

-Il più grande regista…

“Il più grande cestista. Fulminea capacità di ragionamento, intuito magnetico. Capiva un istante prima degli altri che cosa si dovesse fare. Mai visto nessuno governare il campo di gioco come lui. Meglio: dominare il campo”.

-Ossola compie 75 anni oggi, 13 marzo…

“Uno così gli anni non li compie mai. Perché il passato di lui entusiasma come entusiasmò il suo presente. Tale e quale. Oppure li compie ogni giorno, nel senso che quando lo evochi la memoria s’accende e vieni gratificato. I geni hanno questo potere”.

-Si nasce, dunque, direttori d’orchestra, come fu Aldo, chiamato Von Karajan…

“Certamente. Puoi affinarti, imparare, progredire. Ma il talento è quasi tutto. O ce l’hai o non ce l’hai”.

-Dove ti porta il cuore, pensando a Ossola?

“Primo: alle brioche che gustavo con suo fratello Cicci da Ghezzi. Solo quelle assaporate con Vinicio Nesti al Leoni erano altrettanto prelibate. Secondo: ai mie inizi di tifoso del basket. Appassionanti”.

-A quale epoca risaliamo?

“Seconda metà degli anni Cinquanta e principio degli anni Sessanta. Il tempio era la Casa dello Sport di viale 25 aprile, detta anche palestra dei pompieri. Lì nacque la storia gloriosa dell’Ignis poi divenuta leggenda al palasport di Masnago. Ma la Casa dello Sport era un altro ambiente: eccezionalmente rustico e affascinante. Tribune in tubolari, tifosi assiepati sulla balconata di sopra, altri infilati nelle spalliere svedesi ai lati del campo. Meraviglioso”.

-Un flash più flash degli altri, su quell’epopea…

“Gennaio ’62, Coppa dei Campioni. L’Ignis di Garbosi incontra il Real Madrid di Ferrandiz. Loro avanti, noi in recupero. Li agguantiamo quasi in chiusura con un canestro dell’ungherese Lajos Toth. 80 pari e sensazione che ai supplementari, ormai dati per certi, la squadra di Bufalini, Maggetti, Gatti, Zorzi eccetera travolgerà gli spagnoli. Ma nel time out a due secondi dalla fine Ferrandiz spiega ai suoi che furbata devono fare: un autocanestro per perdere di misura e rivalersi poi nel match di ritorno”.

-E va proprio così…

“Va proprio così. Rimessa dal fondo, palla a Lorenzo Alocen, autocanestro. 82-80 per l’Ignis. Stupore e gioia sugli spalti, ma dopo qualche istante è chiara la fregatura. Al ritorno fummo sommersi: 83-62 per il Madrid. Ferrandiz violò a tal punto l’etica sportiva che la federazione internazionale in seguito a quell’episodio vietò l’autocanestro”.

-Ci saremmo rifatti per bene…

“Eh sì. Il Real fu assai maltrattato a Varese negli anni Settanta, proprio dall’Ignis di Ossola, e degli altri fuoriclasse di cui andiamo orgogliosi: Meneghin, Rusconi, Raga, poi Morse e il lungo elenco noto a chiunque sappia qualcosa di sport”.

-Cosa ci è rimasto dell’Ignis?

“Ci è rimasta la malinconia del trionfo. Non se ne va mai, quando lo hai provato”.

-Come il sapore di certe brioche…

“Per questo ci si mette a dieta. Mica per altro. A volte, tante volte, il dimenticare è preferibile al ricordare”.

-E si fa autocanestro…

“Si fa. Siamo un po’ tutti Alocen”.

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