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Politica

NON C’E’ TREGUA

MANIGLIO BOTTI - 17/04/2020

italiaNessuno remi contro, ci si dia da fare tutti per sconfiggere la pandemia, si ritrovino unità e solidarietà… Passata la tempesta, ci si potrà di nuovo confrontare senza astio, senza rancori: questa è una battaglia comune che va combattuta e vinta insieme.

Le parole dei saggi, in primis da noi il capo dello Stato, sempre ottimista, sono durate lo spazio di poche ore. Centomila e passa contagi da corona virus, ventimila morti, cento medici caduti – probabilmente nemmeno durante la seconda guerra mondiale perirono sul campo tanti ufficiali di sanità – sono stati messi presto nell’angolo e sono ricominciate subito le polemiche come prima e più feroci di prima: il presidente del Consiglio in diretta tv a segnalare adirato le contraddittorietà degli oppositori, e questi oppositori a ribattere subito e a denunciare una politica di regime quasi da vecchia Unione sovietica, reclamando a loro volta spazi per convincere i cittadini della giustezza delle loro accuse.

Chi pensava che una catastrofe – qual è quella della pandemia, di un’infezione planetaria, che però ha visto soccombere migliaia e migliaia di uomini e donne soprattutto in Italia – s’è dovuto ricredere: da noi non c’è pace, non ci sono e non ci potranno essere tregue.

Nella veemente polemica politica, a parte i temi scontati delle mascherine protettive che mancano, dei tamponi che non si fanno, dei posti letto di terapia intensiva tagliati e rimessi in sesto nell’emergenza, sono riapparsi argomenti che con la pandemia poco o nulla hanno a che fare: la Tav, per esempio, cioè la realizzazione delle linee di treni ad alta velocità – una ferita che ancora dovrebbe bruciare sulla pelle di una parte della maggioranza (i Cinquestelle, sempre contrari ma battuti in parlamento) – ma soprattutto i rapporti conflittuali con l’Europa, quindi la ratifica del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità o Fondo europeo salvastati, ente che giaceva nei meandri del dibattito politico da una decina d’anni ma che all’improvviso è divenuto il padre e la madre di tutti i problemi con l’Europa, dove si nascondono i rapporti sempre più tesi con la Germania e con altri Paesi del Nord, ostili all’Italia, e forse la perenne critica della moneta euro dalla quale si vorrebbe fuggire per ripristinare – non si sa bene come, a fronte di un debito di 2.450 miliardi –, la vecchia lira.

Quanto tutto ciò attenga alla lotta contro la pandemia del micidiale virus Covid-19 arrivato dalla Cina (forse) quattro mesi fa, non si capisce bene. Ma si intuisce invece il furore dei giochi di potere riportati in essere per accaparrarsi benemerenze elettorali in un futuro più o meno prossimo. L’occhio non sta sulle vittime, sulle argomentazioni della scienza – per altro incerte e nemmeno univoche se non nell’invito a evitare il più possibile il contagio e i contatti personali – ma sui sondaggi, sugli “zerovirgola” che, a seconda del momento, si spostano da un partito all’altro.

Le domande su una ripresa, ancora di là da venire e sempre più difficoltosa, nonostante gli aiuti economici annunciati, rimangono inevase. Piani A, B, C sono ancora nella mente degli dei. Non c’è da essere molto ottimisti. A parte la speranza, che è l’ultima a morire.

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