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Quella volta che

VARESE CHE DÀ SCACCO

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 15/05/2020

Mauro Della Porta Raffo con Renzo Mantovani

Tigran Petrosian e Mikail Tal

-Caro Mauro, quella volta che…

Caro Massimo, quella volta che diventai il presidente della Società Scacchistica Varesina detta anche Circolo degli scacchi”.

-Perché esperto della materia…

Esperto no. Appassionato sì, ma neppure più di tanto. Avevo imparato a giocare a scacchi a tre o quattro anni, quando andavo in vacanza da mia nonna Giorgina. Poi qualche partita ogni tanto, ma senza particolare entusiasmo o insistenza. Prediligevo altro”.

-E invece…

Succede che alla fine degli anni Sessanta, quando sono direttore dell’Azienda Autonoma di Soggiorno, vengono da me quelli del Circolo scacchistico varesino e mi chiedono la disponibilità di uno spazio. Sono tanti perché il gioco vanta in città storici precedenti”.

-Cioè?

Quasi un secolo fa oggi, il 20 settembre 1920 gli scacchisti di tutt’Italia si radunarono qui deliberando di costituire la federazione italiana”.

- Dunque i varesini ti domandano ospitalità…

E io gliela concedo. Avrebbero potuto usare per qualche sera alla settimana il salone superiore della palazzina di viale Ippodromo, sede dell’AAS e che accoglie anche il ristorante Kalimera. Intesa raggiunta, con sorpresa finale”.

-Quale?

Il conferimento della presidenza al sottoscritto. L’avrei tenuta fino al ’74. Sicché ebbi l’onore d’essere al vertice locale quando si celebrò, nel ’70, il cinquantenario della Federazione Scacchistica Italiana che aveva avuto la prima sede nell’attuale corso Matteotti, dov’è il caffè Zamberletti”.

-Tradizione a Varese di abili giocatori?

Mauro Della Porta Raffo con Renzo Mantovani

Mauro Della Porta Raffo con Renzo Mantovani

Certamente. Potrei fare decine di nomi. Qualcuno: Renzo Mantovani e Emiliano Aranovic, allora giovanissimi e ancora oggi protagonisti. Vantandomi oltre modo, sostengo che siano stati miei allievi, figurati. Oppure, andando indietro negli anni, Leonardo Tomassoni, che credo giochi tuttora, il Pernisco, il Temelacchi, il Giorgetti. A proposito del Giorgetti: era capace di sfidare dieci avversari alla volta. Bendato, in mezzo al salone, una mossa a memoria su ciascuna scacchiera. Fenomenale”.

-Tu a che livello?

L’ho detto: dignitoso e forse meno. Cito un episodio. Un giorno sto giocando col professor Juras, insegnante assai noto a Varese. Passa e ci vede Mario Ossola, il sindaco, un ottimo scacchista, con qualificazione di pregio a livello nazionale. Osserva e ridacchia: riesci a perdere con un incapace. Era la considerazione che aveva di me scacchista ed era l’ironia che gli piaceva rivolgere all’amico Juras”.

-Che qualità ci vogliono per essere considerati bravi?

La concentrazione prima di tutto. La memoria, naturalmente. La capacità d’intuire il percorso di gioco ideale. Riassumendo: un’intelligenza particolare. O meglio: un tocco di genialità”.

-Intelligenza, genialità: che differenza c’è?

Gli americani valutano così. Sei un genio: hai successo in una branca, specialità, settore. Sei intelligente: comprendi, capisci, metabolizzi. Il genio e l’intelligente possono convivere. Ma anche no”.

-Lo scacchista al top è un campione dell’intelletto?

Questo di sicuro. Lo provano verifiche, dati, sperimentazione”.

-A Varese si giocava molto?

Moltissimo. Lì, al Kalimera, organizzavamo tornei a raffica: lampo, semilampo, eccetera. Entriamo nei dettagli?”.

-Risparmiali, fatico già a seguirti. Piuttosto…

Piuttosto?”

-Varese fu celebre per una speciale sfida…

Specialissima. Dobbiamo andare al 1976”.

-Racconta…

È il periodo dominato dall’americano Bobby Fischer del quale l’agguerrito rivale doveva essere il russo Anatolij Karpov. Fischer, capriccioso, rifiuta nel ’76 il cimento. In vista della finale di Baguio si tiene il torneo di Biel, vince il danese Larsen, in tre finiscono a pari merito al secondo posto. Bisogna scegliere chi prosegue la corsa. Lo spareggio viene organizzato a Varese”.

-Che diventa capitale degli scacchi…

Succede tra il 9 e il 24 ottobre, anfitrione il già citato Ossola. Partite nella sede del liceo musicale di Villa Mirabello. Si affrontano i sovietici Tigran Petrosian e Mikail Tal, due ex campioni del mondo, e l’ungherese Lajios Portisch. S’impone Petrosian, passa il turno anche Portisch, eliminato Tal. La città fu sotto i riflettori mediatici. Era ancora il tempo degli anni gloriosi, e la ribalta internazionale faceva per noi”

-Oggi né re né regine?

Restano le torri, naturalmente i pedoni. Si fatica a individuare qualche alfiere. Ma è così dappertutto”.

-Non siamo a cavallo…

Proprio no”.

-Ci daremo una mossa?

Aspettiamo la genialità del colpo. Ma tra l’oggi e lo ieri c’è uno scarto matto”.

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