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Opinioni

NOVE MESI

ROBERTO MOLINARI - 11/09/2020

palazzoLa ripresa politica, dopo la pausa estiva, avviene generalmente intorno a metà settembre. Normalmente questo capita a tutti i livelli. Dal nazionale in giù sino alle amministrazioni locali è tradizione chiudere il periodo di “sospensione” con le feste di partito che segnano i temi della nuova agenda politica.

Quest’anno, forse anche per effetto del disposto combinato del Covid 19 e delle elezioni per il rinnovo di sette regioni oltre che di qualche centinaio di comuni e del referendum costituzionale, le cose sono andate diversamente.

Abbiamo passato un mese di agosto e già i primi giorni di settembre come se l’attività politica non fosse mai andata in vacanza.

Certo, solo un anno fa eravamo nel pieno del dramma esistenziale di Salvini, il “capitano” che aveva buttato all’aria il governo gialloverde e, incredulo, assisteva alla creazione di uno nuovo, questa volta giallorosso, con lui fuori e lontano dalle tanto cercate elezioni politiche.

Tutto quello che faceva parte della tradizione in questo periodo, non solo sembra essere quindi scomparso, ma anche sostituito da una campagna permanente che ha visto, da un lato il “capitano” e, la sua concorrente interna al centrodestra Meloni, chiedere in continuazione “al voto, al voto” e dall’altra parte le forze di governo continuare nel tram tram quotidiano dando, talvolta, l’impressione del trancheggiamento e talvolta nel “colpo di reni” capace di rinsaldare non solo le fila, ma anche disegnare una prospettiva futura e non solo il “navigare a vista”.

Unica nota di novità, nell’attuale frangente, è stata la votazione su Rousseau dei cinquestelle con il loro, “ok, facciamo l’alleanza col PD”, scelta, tuttavia, subito smentita dal capo politico, sia pur provvisorio, Crimi e con la conseguente incapacità di costruire alleanze per le regionali.

In ultimo la recentissima lettera del segretario Zingaretti che, probabilmente stanco ed un po’ irritato anche da qualche suo consigliere troppo zelante (vedi Bettini), si è sfogato su un quotidiano nazionale dicendo chiaramente “se si vuol far cadere il Governo lo si dica, ma basta col fuoco amico”.

Insomma, tutti fatti che demandano certamente e necessariamente al dopo 20 e 21 settembre al fine di contare “i morti e feriti” che le elezioni regionali e il referendum confermativo faranno e che potranno portare ad almeno tre scenari diversi.

Il primo: finisce 6 a 1 per il centrodestra e vincono i NO. Scenario peggiore per le forze di governo perché a quel punto è il totale disarcionamento dei cinquestelle e con la perdita della Toscana Zingaretti è delegittimato. Risultato possibile? Il voto anticipato anche perché i parlamentari non hanno più nulla da temere visto che si mantengono i seggi attuali.

Secondo: finisce 6 a 1 ma prevalgono i Si, stessa cosa a parere mio anche se finisce 5 a 2 e prevalgono i SI. Governo indebolito, possibile rimpasto, difficile governo tecnico e di unità nazionale. Con il prevalere dei SI occorre almeno un anno per fare la legge elettorale e ridisegnare i collegi, poi abbiamo il semestre bianco e poi difficilmente un nuovo Presidente della Repubblica scioglie il Parlamento che lo ha eletto.

Terzo scenario: finisce 4 a 3 per il cd e vincono i SI. Non cambia nulla se non un possibile rimpasto ad uso e consumo di logiche interne di PD e Cinquestelle.

E a Varese che succede? Ci tengo a precisare che portare delle riflessioni personali è contribuire al confronto e al dibattito e non giocare a rimanere alla finestra in attesa degli eventi pensando che sia il modo migliore per mantenere un proprio presunto diritto di veto.

Dunque e a Varese che succede?

Qualche giornalista, recentemente, ha inteso forzare la situazione scrivendo di caos bipartisan. Francamente mi pare un tentativo di nascondere le difficoltà endemiche del centrodestra e della Lega in particolare.

Un attento osservatore della realtà politica si sarebbe infatti accorto che la Lega in particolare, ma anche tutto quello che rimane del centrodestra, è da mesi bloccata su di un’unica questione. Il nome del candidato. Nulla sul programma, nulla sulla vocazione della città, nulla sull’idea stessa di futuro di Varese. Tutto gira intorno al tema: ma chi potrebbe, in questo contesto, competere con Galimberti e con una amministrazione che in questi oltre quattro anni ha fatto più cose dei 23 anni di Lega?

Certo, sono comprensibili le difficoltà della Lega. Ha di fatto esautorato i suoi consiglieri comunali. È commissariata da 2 anni senza riuscire a trovare una soluzione. Ha cacciato le dita negli occhi a Maroni. In qualche modo le occorreva spostare il tiro in attesa delle regionali. Di qui la necessità di buttarla tutta sul nome in modo da stoppare sia l’agitazione dei possibili alleati, sia i movimenti interni e il perdurare della guerra sotterranea tra bossiani e salviniani. Ma non è solo questo. Il centrodestra classico è in totale disfacimento e la sua ricomposizione sotto altre forme non è ancora all’orizzonte. Forza Italia perde pezzi e ha leadership schiacciate sul verbo leghista. Orizzonte Ideale scalpita e rivendica. La lista Orrigoni difficilmente potrà ripresentarsi quindi i suoi componenti dovranno trovare una nuova etichetta a cui aderire, ma che non potrà essere quella del 2016. Fratelli d’Italia è una realtà da scoprire visto che il suo unico rappresentante sono mesi che non partecipa a sedute del consiglio comunale. Dunque, se di caos possiamo parlare questo è certamente quello che sta sotto il cielo del centrodestra, di qui la mia riflessione precedente e, sottolineo, come ancora attuale la domanda non retorica “come può l’elettore moderato fidarsi ancora di questi?”.

È evidente che voler parlare agli elettori non è arruolare le leadership del centrodestra, né offrire loro asilo. Chi pensa questo o non conosce la politica a Varese o vuole strumentalmente giocare con le intenzioni e le parole con un unico fine. Quello di frenare l’allargamento della base elettorale del centrosinistra intorno a Galimberti e all’attuale amministrazione. E magari puntare tutto ancora sulla propria presunta utilità marginale.

E questo mi porta a socializzare anche qualche riflessione che riguarda il centrosinistra e la strategia di avvicinamento alle elezioni del 2021.

Ovviamente con una semplice, ma fondamentale premessa. Si tratta di opinioni personali.

Il primo punto di partenza è l’obiettivo dell’ampliamento della base elettorale a sostegno di Galimberti. Una Amministrazione che ha ben lavorato produce cambiamenti nei corpi sociali ed intermedi, produce nuovi equilibri e avvicina gli elettori che non l’avevano votata in precedenza, sia gli astenuti, sia quelli che avevano votato altri candidati. Solo chi non conosce le dinamiche elettorali può pensare che una volta vinte le elezioni nulla deve più mutare, anzi, oserei dire che questo, questa idea statica e conservatrice è il modo migliore per suicidarsi politicamente. Dunque se l’obiettivo è ampliare la base elettorale questo può avvenire attraverso i partiti, attraverso le liste che si presenteranno alla competizione, attraverso la capacità di favorire nuovi contenitori in grado di raccogliere quelle esperienze civili individuali che, per tutta una serie di ragioni, non si raccoglierebbero mai sotto le insegne di un partito, ma si sentono di spendersi condividendo un progetto e esprimendo fiducia nei confronti della guida dell’attuale Sindaco.

Secondo elemento. Il programma. Il programma è ciò che discrimina rispetto all’altro campo. Il programma lo si costruisce partendo da ciò che si è fatto, perché non siamo all’anno zero come nel 2016, da ciò che si è impostato e da ciò che si vuol fare per mantenere la sfida dell’innovazione, della modernizzazione, ma anche del rilancio della città. Ma il programma è anche un corpo vivo e non un insieme di belle parole e quindi va costruito con l’apporto di tutti e non con la vacua idea del voi fate il programma poi se lo condivido mi aggiungo.

Terzo aspetto e non ultimo che io penso non banale, ma che talvolta va ripetuto. Le persone che si spenderanno dovranno rispondere anche a dei criteri di eticità. Onestà, trasparenza e disinteresse personale oltre che condividere un patrimonio di valori. Caratteristiche queste che tutte ho visto nell’attuale maggioranza e nella espressione di attività dell’esecutivo e tutte caratteristiche che potranno essere condivise da chi farà parte della nuova squadra. Un ultimo aspetto mi sembra importante porre al centro di questo scritto. Tutte le volte che il centrosinistra ha mostrato conflittualità è stato punito dagli elettori. Questo non avviene nel centrodestra dove le risse sono costanti. Quindi, a me pare che anche questa sia una caratteristica di stile da non abbandonare, ma attenzione questo non vuol dire che, in una coalizione, ci debba essere il pensiero unico. La composizione dei conflitti avviene all’interno degli organi competenti e le tensioni di partito non si scaricano mai sulle istituzioni.

Dunque io credo che le differenze tra il vecchio modo di fare politica della Lega e dei suoi alleati minori ed il comportamento con cui il centrosinistra si sta proponendo siano non solo notevoli, ma anche palesi di uno stile diverso e di una capacità di individuazione di obiettivi che oggi nel centrodestra sono assenti totalmente.

Alle elezioni mancano ancora nove mesi. C’è chi preferisce avere una foglia di fico per nascondere le proprie debolezze e chi, invece, lavora come forza tranquilla per perseguire l’obiettivo della conferma del successo del 2016. Io penso che il PD sia questa forza.

Roberto Molinari, Direzione P.le PD Varese

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