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Società

L’89 DEI DOCENTI

FEDERICO VISCONTI - 23/07/2021

itdQuando mi è stato chiesto di riflettere su qualche ricordo estivo, la prima tentazione è stata quella di seguire le orme degli 883. In fondo in fondo, “gli anni d’oro del Grande Real, di Happy Days e di Ralph Malph, …. del qualsiasi cosa fai … tranquillo siam qui noi” li ho vissuti in prima persona e riempire il palinsesto non sarebbe stato un grande problema.

Poi ho pensato agli spazi: articolo per RMFonline o trattato enciclopedico, inevitabilmente autocelebrativo e logorroico? Serviva un piano B e mi sono buttato su un ricordo mirato, tanto professionale quanto estivo.

1989, International Teachers Programme, corso dedicato allo sviluppo delle capacità didattiche. Promosso ogni anno da un consorzio internazionale, su basi itineranti: Londra, Parigi, Stoccolma…. Sede prescelta per quell’anno: Milano. Ateneo promotore: la Bocconi. Che dire? Che avrei preferito aspettare l’edizione di Barcellona? Che girava voce che ce ne sarebbe stata una a Ibiza? Erano tempi in cui l’Accademia praticava un modello gerarchico non lontano dall’usi obbedir tacendo dell’Arma. Di necessità virtù, ed eccomi lì, tra il 3 luglio e il 12 agosto, a frequentare il corso, insieme a una sessantina di colleghi provenienti da ogni parte del mondo.

Dall’album dei ricordi: caldo insopportabile, relazioni preziose, temi di frontiera, innovazioni didattiche d’antan. Ma anche segreti del mestiere sull’uso dei pennarelli colorati alla lavagna, sulla discussione dei casi aziendali, sul “patto d’aula” da condividere con i discenti…. Con un corollario mai dimenticato: se devi finire la lezione alle 12, sappi che alle 12.05 avrai perso il 30% della classe e alle 12.10 il 60%. Si vede che i tempi cambiano! Ai giorni nostri (e a prescindere dalla DAD) le soglie di attenzione si sono abbassate in modo preoccupante. Il rischio (o la certezza) è quello di perdere il controllo dell’aula ben prima che la campanella scocchi.

E poi un ricordo forte, ben scolpito nella memoria.

Ai primi di Agosto, trasferimento fantozziano in pullman al campus dell’IBM di Novedrate. Guidati da due trainers giunti appositamente dagli Stati Uniti, si affronta la giornata dedicata agli “adventure exercises”. Oggi la formazione esperienziale è diventata una routine, ma allora, quantomeno in Italia, si era pionieri. Buttarsi da un albero come atto di fiducia verso chi sta sotto a prenderti; gestire una fune di venti metri, bendati, posizionandola sul prato per formare un pentagono; ottimizzare tempi e metodi per ricostruire un pupazzo posizionato a distanza e composto da un centinaio di mattoncini di Lego ….. non erano proprio gesta di tutti i giorni.

E invece ne uscì una grande esperienza di apprendimento sulle soft skills, anche grazie ai debriefing che, in coda ad ogni esercizio, i due (presumo costosissimi) esperti formulavano su come si era lavorato insieme.

Un primo esempio: la leadership.

In quel lontano giorno di agosto, il tema era ricorrente. L’aneddotica oscillava tra il ganassa (c’è sempre, con interpreti non necessariamente italiani) che portava il gruppo alla peggior soluzione possibile e il leader, che indicava la strada e godeva della stima degli altri membri del team.

Un secondo esempio: il dialogo.

Condizioni di incertezza più scorrere del tempo più international english molto international e poco english. Uguale: dialoghi da cartellino rosso. Ricordo i due trainers impegnati a stigmatizzare i comportamenti di chi urlava, di chi aveva buone idee ma non riusciva ad esprimerle, di chi era totalmente sprovvisto di capacità di ascolto, di chi parlava al vicino ma non al team.

Un terzo esempio: il problem solving.

Pupazzo di Lego docet. L’obiettivo era realizzarlo nel più breve tempo possibile, utilizzando i mattoncini disponibili sul proprio tavolo. Il modello era particolarmente complicato ed era posizionato ad una quindicina di metri. Un ambasciatore del gruppo poteva svolgere delle missioni di osservazione, riportando le informazioni utili per il lavoro. Il mio gruppo si è posto dubbi amletici sul metodo: acquisiamo tutti i dati, formalizziamo un similGantt e procediamo con l’opera oppure costruiamo in progress, al rientro da ogni missione? Un leader illuminato, vantando robuste expertises in materia, ci ha indirizzato verso la seconda opzione. Risultato: quattordicesimi su quindici gruppi partecipanti.

Concludo pensando alla saggezza dei nostri nonni, quando dicevano: “Impara l’arte e mettila da parte”. Si potrebbe discutere sul fatto che insegnare sia un’arte. Quel che è certo, è che in quelle settimane e in quella giornata ho imparato molto. E ho messo da parte.

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