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Storia

GLI ATTENTATI A GARIBALDI

ROBERTO GERVASINI - 04/05/2012

Garibaldi ferito in Aspromonte (De Agostini Picture Library)

Le celebrazioni ufficiali per i 150 anni dell’unità d’Italia si sono recentemente concluse non senza un bilancio positivo per quanti hanno temuto una flebile risposta di gente, di studi e di dibattiti, e proprio per questo inatteso interesse è forse opportuno insistere su alcuni aspetti anche poco celebrativi di eventi, fatti, personaggi del Risorgimento.

Nel 2012 si dovrebbero celebrare (in senso ironico) i fatti di Aspromonte quando Garibaldi, traversata tutta la Sicilia da Marsala a Messina con oltre diecimila volontari e sbarcato in Calabria con l’intento di arrivare a Roma, venne fermato e ferito. Se questo fu forse il fatto più eclatante tra i guai occorsi a Garibaldi, meno noti sono gli attentati orditi ai suoi danni.

Nel 1860 Giacomo Francesco Gruscelli, corso, affiancato da due detenuti per reati comuni nel carcere di Civitavecchia, venne ingaggiato dalla Polizia pontificia per attentare alla vita di Garibaldi. Gruscelli aveva reso un servizio a Napoleone III, facendo sparire un ex amante dell’imperatrice; era stato anche al servizio del re delle due Sicilie. Prima di recarsi in Sicilia il Gruscelli andò a Napoli dove ottenne denari per lo stesso servizio e non ancora sazio pensò di ricavar denaro dagli stessi Savoia contattando il conte di Villamarina, diplomatico presso la corte napoletana che si affrettò ad informare Francesco Crispi facendo fallire i piani dell’attentato a Garibaldi.

Un altro tentativo, ordinato dal Governo borbonico, fu organizzato con l’aiuto di un noto brigante calabrese, Giosafatte Talarico, affiancato da un militare, tale Valerba, che ottenne l’arruolamento tra i volontari garibaldini. Forse scoperto, il Valerba si diede alla fuga. Il brigante Talarico desistette quindi dal progetto e restituì alle autorità regie di Napoli una somma superiore ai duemila ducati che aveva ricevuto come anticipazione per l’operazione.

Un terzo tentativo di attentato alla vita di Garibaldi si ebbe nel 1861 ad opera di un comitato borbonico con sede a Parigi. Fu ingaggiato tale Antonio Canini, uomo di scienza. Il progetto prevedeva uno sbarco di pregiudicati a Caprera con una nave di proprietà del re delle due Sicilie, la San Michele. Il tentativo di attentato alla vita di Garibaldi a Caprera restò sulla carta in quanto Francesco II, re delle due Sicilie, valutate le implicazioni politiche a livello internazionale, non diede il via all’operazione.

Garibaldi tuttavia era spiato anche a Caprera da inglesi, francesi, papalini e savoiardi e perfino da Mazzini che aveva in Giuseppe Guerzoni, segretario per anni di Giuseppe Garibaldi, un fedele informatore. Giuseppe Guerzoni agiva senza volontà di nuocere a Garibaldi ma da buon mazziniano aveva sempre sperato in una riappacificazione tra i due protagonisti del nostro Risorgimento dopo la fine delle vicende della Repubblica Romana nel 1849.

Giuseppe Guerzoni, bresciano, letterato, è sepolto a Varese, nel cimitero di Giubiano. A Varese, il 26 maggio del 1859 aveva avuto il battesimo di fuoco. Garibaldi, vecchio, malato e paralizzato morirà nel proprio letto a Caprera il 2 giugno del 1882.

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