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Opinioni

VOTO D’ANGELO

GIUSEPPE LEONI - 28/01/2022

Il varesino Angelo Monti

Il varesino Angelo Monti

Non è da tutti poter far parte del numero dei così detti ‘grandi elettori’. A me, nelle varie alternanze tra Camera e Senato, è capitato. Però una sola volta.

Eravamo nel ’92, si doveva decidere il successore di Cossiga dopo un settennato prima in sordina e poi scoppiettante, le trattative fra i partiti -e non era la prima volta nella storia italiana, come ben si sa- non stavano producendo nulla di positivo. Solo dopo l’attentato di Capaci si fu costretti a stringere i tempi arrivando all’elezione di colui che sarebbe stato -lo dico con rispetto, ma con altrettanta convinzione- fra i meno amati Presidenti della Repubblica, il novarese Oscar Luigi Scalfaro.

Io non gli diedi il mio voto. Con una motivazione in più. In quegli anni sedevo ancora in Consiglio Comunale a Varese e molti colleghi di quell’assemblea civica mi davano suggerimenti. Dopo vent’anni, ora posso raccontare un aneddoto. Nelle prime votazioni, i partiti si confrontano con varie schermaglie, senza però scoprire le carte e rivelare le loro scelte. È stato così anche negli scorsi giorni: le prime “chiame” non hanno prodotto il nome vincente.

Al tempo della mia epoca amministrativa bosina mi sentivo in obbligo verso il capogruppo dell’allora Dc Angelo Monti, il cui partito, con l’avvento della Lega, era stato dimezzato. Allora volli promettere a un uomo che stimavo, molto conosciuto in città per la sua passione politica al servizio delle istituzioni, e che proprio in questi giorni è stato festeggiato dal Comune e dalla Camera di Commercio per il suo novantesimo compleanno: “Caro Angelo, sulla mia scheda in Parlamento scriverò ‘Angelo Monti’. Certamente hai meno consiglieri comunali, ma il tuo nome sarà scritto su una scheda da Presidente della Repubblica.”

E così accadde.

 Ndr

A proposito dell’elezione del ’92, un altro leghista e varesino, Roberto Maroni, ha rievocato sul ‘Foglio’ l’incontro che ebbe, in compagnia di Umberto Bossi, con Giulio Andreotti, nel suo studio privato di Roma. Il grande “big” democristiano era tra i papabili, se non il favorito, di quell’elezione e chiese il sostegno del Carroccio. Bossi, ha rivelato Maroni, gli assicurò che ci sarebbe stato. Ma all’uscita dallo studio di Andreotti, strizzò l’occhio al sodale padano dicendogli: “Andreotti pensa di farcela, ma non andrà così. La spunterà Scalfaro”. Infatti.

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