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Opinioni

CRISI DI TUTTI

ROBERTO MOLINARI - 04/02/2022

crisiPremetto. Non ho nessuna stima dei politici quando non sanno ammettere di aver sbagliato. Seconda premessa. Siamo in una democrazia parlamentare anche se qualcuno se lo scorda spesso, ergo non mi scandalizza il fatto che debbano esserci trattative al fine di trovare una soluzione condivisa. Ciò che è scandaloso, nella vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica, è stato il dilettantismo e la mediocrità di alcuni leader e della loro pretesa di governare il Paese domani.

Terza ed ultima premessa. Tutti sapevano fin dall’inizio che l’elezione quirinalizia sarebbe stata tormentata e difficile perché questo è il peggior parlamento eletto in epoca repubblica dove altissimo è il tasso di frammentazione, altissimo il livello di populismo e sovranismo e, spiace dirlo, altrettanto alta è la mediocrità e sprovvedutezza di un gran numero di parlamentari che sono tali per caso e non per meriti politici. Dunque, forse, un po’ meno di ipocrisia da parte di tutti aiuterebbe certamente gli italiani a darsi delle ragioni e dei perché.

Fatte queste premesse vorrei provare a svolgere qualche ragionamento su quanto accaduto.

Certamente il ceto politico ed il sistema dei partiti non esce bene da questi giorni, ma attenzione, non è che scopriamo oggi la loro debolezza e a questa hanno concorso in tanti in questi anni. Politici, elettori, classe dirigente del Paese e così via. Nessuno si può chiamare fuori quando un Paese come il nostro è in crisi.

In un sistema parlamentare dove nessuno può imporre all’altro la scelta c’è un solo metodo da seguire. Partire dalla maggioranza di governo che in questo caso è di quasi unità nazionale, stabilire una modalità di confronto, individuare insieme un profilo politico che s’intende ricercare con la massima condivisione, comporre una rosa ristrettissima di nomi e dialogare con chi è all’opposizione, infine decidere. Bene, è stato fatto l’esatto opposto. Si è partiti dai candidati identitari, frutto di una sola parte e si è preteso che andassero bene all’altra.

Per settimane il dialogo si è incancrenito sulla impossibile candidatura di Berlusconi e, una volta affossata dai suoi “alleati”, nel centrodestra ci si è fatti prendere dalla trance agonistica correndo a bruciare nomi su nomi senza un minimo di ragionamento politico. Così si è messa la seconda carica dello stato alla mercè dei franchi tiratori, cosa prevedibile. Si è arrivati, poi, alla donna perché donna, ma anche capo dei servizi segreti, manco fossimo in una “repubblica delle banane” o nella Russia sovietica di Andropov, peccando di analfabetismo non solo democratico, ma anche istituzionale.

E, riconosciamolo, non hanno aiutato, in questo frangente, né la disponibilità mostrata da Draghi a lasciare il governo per trasferirsi alla Presidenza, né la voglia di Salvini, Conte e Meloni di andare al voto al più presto facendo terminare la legislatura anticipatamente, né il fatto che il prossimo Parlamento avrà 300 tra deputati e senatori in meno. Dunque, a fronte di una situazione siffatta, solo la riconferma di Mattarella, sia pure di controvoglia e con ampie ragioni costituzionali espresse dallo stesso per rifiutare, poteva essere lo sblocco dignitoso di una settimana tormentata.

Ora c’è una rincorsa da più parti a collegare questa vicenda ed il suo svolgimento alla necessità di arrivare alla elezione diretta del capo dello Stato come se le cose fossero conseguenti, ma non lo sono; e come se l’elezione da parte del popolo del Presidente della Repubblica non comportasse un cambio radicale della nostra Costituzione. A tal proposito consiglio di rileggere con attenzione le parole recenti di Giuliano Amato, neo presidente della Corte Costituzionale, su questo, parole sagge e di un realismo infinito. Un’ultima battuta: ho avuto la ventura di seguire sui diversi canali televisivi gli ultimi due giorni prima della votazione decisiva. Devo dire che in fatto di mediocrità e banalità nel commentare le vicende i nostri giornalisti ed opinion leader non sono certo stati da meno dei politici messi da loro alla berlina come incapaci, ma, d’altra parte anche chi fa informazione è classe dirigente del Paese e ne porta le stesse responsabilità.

Roberto Molinari, Direzione Provinciale PD Varese

 

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