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Zic & Zac

IL COLPO DI SCENA

MARCO ZACCHERA - 18/03/2022

gasdottiIl problema è come uscire dal conflitto ucraino dove – sia ben chiaro – Putin è l’aggressore ed il responsabile principale della crisi.

Se siamo d’accordo che ora servirebbe una tregua, un armistizio, una reciproca serie di garanzie, non credo che l’Italia compia una buona mossa strategica contribuendo ad armare l’Ucraina.

Aiutare l’Ucraina aggredita significa per esempio inviare cibo e materiale sanitario, ma anche “militare” purché solo di difesa passiva (giubbotti, tecnologia difensiva, tende, ospedali da campo, cucine, mezzi di trasporto) e non materiale bellico o munizioni. Questo non solo per ragioni costituzionali, ma perché in questo modo la guerra sul terreno rischia di allungarsi.

A questo proposito è molto equivoca la posizione di Biden che fa il “furbo”. Vende armi e lancia proclami, ma per gli USA conta poco l’embargo energetico russo visto che vale meno del 10% dei loro consumi, per noi è ben diverso con punte del 43% delle forniture di gas. Così come l’economia USA non commercia con la Russia mentre per l’Europa è un partner importante e interi settori italiani (dalla moda ai mobili, dalla alta gamma agli elettrodomestici) sono in crisi per l’embargo.

Per uscire dalla crisi ucraina servirebbe piuttosto un colpo di scena: per esempio offrire alla Russia la possibilità di nuovamente bussare in Europa.

Detto così può sembrare assurdo mentre i tank girano per Kiev, eppure sarebbe la logica conclusione di un conflitto atroce ed assurdo, ma che sta mettendo a nudo anche tutte le contraddizioni interne al regime di Putin dove la credibilità del leader penso stia crollando di pari passo all’impantanarsi della situazione.

Un’Ucraina garantita nella sua neutralità dalla UE, una ampia autonomia alla parte russofila del paese con una striscia di sicurezza tra le parti, il libero accesso russo alla Crimea (com’è già) e – in cambio del ritiro delle forze russe in modo almeno progressivo – anche una immediata apertura europea proprio al “nemico” del Cremlino, ovviamente obbligandolo ad alcuni passi-chiave non solo sulla via della pace, ma anche dell’accettazione dei principi europei di democrazia e pluralismo.

Impossibile? E perché mai?

Entrambe le parti avrebbero solo da guadagnaci: l’Europa blinderebbe le sue necessità energetiche, la Russia ritornerebbe ad essere aperta al commercio internazionale con una garanzia dovuta di tranquillità ai propri confini tornando a guardare ad Ovest e non ad Est dove l’abbraccio della Cina è un rischio anche per loro.

Delineare almeno all’orizzonte una strategia di riapertura a Mosca sarebbe utile, anche perché l’Europa deve sinceramente ammettere di avere delle responsabilità nella crisi ucraina e non solo dopo il 2014 ma soprattutto prima. Di fatto si è tirato in lungo quando la Russia veniva incontro con il cappello in mano ad inizio degli anni 2000 ed è trascorso invano il “momento magico” in cui Mosca avrebbe forse accettato più miti condizioni e più serie riforme in cambio dell’accesso al “salotto buono” europeo. L’Europa ha aspettato troppo, ha minimizzato, ha forse pensato di vincere facile di fatto umiliando l’avversario ed è stato un disastro per tutti.

Ricordo bene quei viaggi in delegazione a Mosca (allora ero vice-presidente della UEO, l’unione interparlamentare di difesa e sicurezza dell’Europa Occidentale) e i russi ci sembravano malmessi, un po’ disperati, ma comunque disponibili ad integrarsi: non li abbiamo filati molto, anzi, pensavamo ormai fossero ai margini del gioco.

Li abbiamo sottovalutati e con il senno di poi è stato un errore gravissimo dimenticare la storia, la mentalità, il nazionalismo di un popolo orgoglioso ed abituato a stringere i denti nelle difficoltà.

Un errore per esempio allontanare la Russia dal Consiglio d’Europa di Strasburgo (quanti sanno che la Russia ne faceva parte fino alla scorsa settimana?) chiudere i canali di contatto e di confronto è sempre un errore, eppure lo stiamo ripetendo.

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