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Apologie Paradossali

COMPROMESSO

COSTANTE PORTATADINO - 22/04/2022

Il teatro principale della guerra di Crimea a metà dell’Ottocento

Il teatro principale della guerra di Crimea a metà dell’Ottocento

(S) Sono molto scoraggiato. Mi pare di capire che sia Putin, sia Zelensky, siano ormai preda di una specie di tossicodipendenza. Non possono fare a meno della guerra e quindi delle armi.

(C) È difficile accettare un compromesso quando non appare né nobile né conveniente a nessuna delle parti. Questo avviene soprattutto perché la propaganda ha drogato l’opinione pubblica.

(O) Quando tempo fa parlavi di similitudini con la guerra di Crimea di due secoli fa, l’analogia ti suggeriva qualche via d’uscita?

(C) Purtroppo no, anzi, al contrario. Dietro la facciata di un pretesto che non oso dire stupido, ma certamente non degno di essere un casus belli, c’era, allora come oggi un problema di equilibrio strategico. Ecco il pretesto: Napoleone III, imperatore dei Francesi a furia di colpi di stato, alla ricerca di prestigio internazionale ottenne dal tentennante Impero Ottomano un protettorato sui Luoghi Santi di Palestina che fece infuriare lo Zar di Russia Nicola, che avanzò la medesima pretesa a nome degli ortodossi. Al rifiuto ottomano, la Russia ruppe le relazioni diplomatiche e occupò con un’operazione militare speciale i principati danubiani di Moldavia e Valacchia. Inevitabile la guerra turco –russa, ottobre 1853. Nel marzo del 1854 (i tempi allora erano un po’ più lenti di quelli odierni, ma ugualmente non portavano consiglio) anche Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Russia.

(O) Mi sembra una pazzia! Una guerra per gelosia a proposito del protettorato sui cristiani?

(C) Certo che no! C’era in gioco l’espansionismo russo nel Mar Nero, attizzato dalla crescente debolezza dell’Impero ottomano, cui le potenze occidentali guardavano non più come ad un nemico, ma come ad una possibile preda dell’espansionismo russo e quindi come ad un necessario e comodo alleato. Non si trattò di una guerricciola, anche se noi italiani la ricordiamo solo per la modesta e opportunistica partecipazione del Regno di Sardegna. L’Austria, timorosa di uno scontro con la Russia ma interessata al libero commercio lungo il Danubio, aveva preferito intraprendere, nel frattempo, un’azione diplomatica mediatrice, che raggiunse il suo scopo solo il 16 gennaio 1856, allorché finalmente il nuovo zar di Russia, Alessandro II, accettò un armistizio. Si venne così al Congresso di Parigi, (si usavano ancora i trattati di pace) che garantì l’indipendenza e l’integrità dell’impero ottomano, chiuse gli stretti alle navi da guerra, limitò gli armamenti russo-turchi nel Mar Nero, proclamò la libera navigazione nel Danubio e l’autonomia dei principati sotto l’alta sovranità della Turchia e il protettorato collettivo delle potenze.

(S) Alla fine prevalsero gli interessi delle grandi potenze, ovvero delle dinastie regnanti, cui non importò nulla di complicare ancor più il problema nazionalistico dei Balcani, prodromo della prima guerra mondiale.

E così è tutt’oggi, lo scontro tra Usa e Russia, vede UE e Ucraina, sì anche l’UE, più vittime che protagoniste, e infine la Turchia spettatrice interessata a lucrare spazio politico, alleanze e considerazione nelle zone di suo interesse, Caucaso, Siria e Kurdistan. Oggi, quando ancora resiste a Mariupol un nucleo del battaglione Azov, nessun compromesso appare possibile, neppure per una semplice e breve tregua. Dopo, chissà?

(C) Le previsioni sono impossibili, tanto meno conclusive. La speranza è che le due grandi potenze capiscano che la vittoria è impossibile e che le condizioni per una pace onorevole peggiorano di giorno in giorno. Questo lo dovrà capire anche Zelensky. Ma sono soprattutto gli Usa a dover capire che, mentre in Europa possono pensare di aver consolidato le loro alleanze, nel resto del mondo le stanno invece indebolendo. Gran parte dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina credono più volentieri alla versione russa che a quella occidentale. Retaggio perverso, ma reale del rifiuto del colonialismo. Non rimane che sperare che sia la Cina, semineutrale come allora l’Austria, a mettere i contendenti allo stesso tavolo e a trovare un pur fragile compromesso.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C)Costante

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