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Attualità

LEGITTIMITÀ

ROBERTO CECCHI - 27/05/2022

filaLe cronache continuano a registrare fatti agghiaccianti in Ucraina. Eppure, qui da noi, la discussione politica non sembra occuparsene troppo. Dopo quasi tre mesi di guerra, la sensazione è che sia subentrata una certa assuefazione a quel che sta accadendo e, per questo, incominciano a prevalere esercizi dialettici tra chi sostiene la necessità di continuare ad aiutare quel paese aggredito da una violenza bestiale e chi, invece, pensa che gli aiuti vadano sospesi. Si parla del da farsi, mentre si scoprono, un giorno dopo l’altro, devastazioni, esecuzioni e fosse comuni. L’ultima è di qualche giorno fa, quando è stata data notizia del ritrovamento di una fossa comune con cinquecento (!) corpi con le mani legate dietro la schiena e un colpo in testa. Lo ha svelato l’arcivescovo di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, intervenendo in video collegamento con il XXIII Convegno Nazionale per la Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Italiana. Ripercorrendo le sue visite pastorali nella diocesi, ora “simile a un deserto”, ha parlato di “città in gravissima distruzione come quella di Chernihiv dove i quartieri sono stati rasi al suolo e la scoperta di fosse comuni sempre più frequente” (AdnKronos 14.5.22).

Lo scorso 20 maggio il NYT ha pubblicato un video dove si vedono nove disgraziati costretti ad attraversare una strada in fila indiana, sotto la minaccia delle armi di un soldato russo, che si tengono l’uno con l’altro per la cinghia dei pantaloni. Saranno portati in un cortile adiacente a quella strada e passati per le armi. Stiamo assistendo a un’aggressione di ferocia inaudita e non ci sono dubbi nel dire chi sia l’aggressore e chi l’aggredito. Immagini che rimarranno impresse nella memoria della storia tra i crimini più odiosi contro l’umanità. Cronache che fan venire in mente quel che accadde alle Fosse Ardeatine (marzo del 1944) dove, anche lì, centinaia di persone furono prese a caso (per ritorsione ad un attentato), caricate su dei camion, ammanettate e uccise una dopo l’altra, con un colpo in testa.

Nel 1944, vennero in nostro soccorso gli Alleati per liberarci dalle truppe tedesche e non abbiamo mai discusso se il loro impegno (e il loro sacrificio) fosse più o meno legittimo. Non è mai venuto in mente a nessuno discutere il tipo di aiuto che ricevemmo. Li considerammo e li consideriamo dei liberatori e continuiamo a celebrare quell’evento ogni anno con convinzione. Per l’Ucraina invece no. Per l’Ucraina si disquisisce sulle armi che vengono date alla popolazione, per difendersi da un’aggressione brutale e insensata, se debbano essere rubricate tra quelle d’offesa o di difesa. Riflessioni lunari che non meriterebbero nemmeno di essere commentate se fossero le parole che si dicono in qualche talk show e invece, purtroppo, sono discussioni che avvengono nel nostro Parlamento.

Il vessillo dei distinguo (apparentemente insuperabile, sventolato anche da certi direttori di giornale) per affermare la necessità di sospendere gli aiuti all’Ucraina sarebbe l’art. 11 della nostra Costituzione che sancisce il ripudio della guerra “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

In questi giorni è stato ripubblicato (il Mulino) un articolo del 1999 di Valerio Onida, costituzionalista insigne, scomparso proprio pochi giorni fa, in cui si discuteva della legittimità dell’intervento militare NATO nella ex Jugoslavia. In quell’articolo, Onida riafferma il ripudio della guerra, ma esclude che possa valere in caso di legittima difesa (che sembra il caso del conflitto Russia-Ucraina) e sottolineava “L’uso internazionale della forza – previsto esplicitamente dalla carta dell’ONU – non è «guerra», perché non è finalizzato all’annientamento del «nemico» da parte di uno o più Stati (non essendovi alcun «nemico»), bensì al ripristino dell’ordine internazionale: non più di quanto possa definirsi «rissa» lo scontro, anche armato, fra le forze dell’ordine e un gruppo di malviventi. Tale uso della forza non contrasta affatto, di per sé, con il ripudio costituzionale della guerra, e anzi la sua ammissibilità è una conseguenza dell’accettazione di un’autorità sovranazionale”. Le cose si son fatte troppo serie per non riascoltare parole come queste e non sbagliare.

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