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Apologie Paradossali

IL KILLER

COSTANTE PORTATADINO - 25/11/2022

Aldo Moro al convegno di CL al Palalido del 1973

Aldo Moro al convegno di CL al Palalido del 1973

(S) Non sarebbe meglio abbandonare il tema Esterno Notte/Moro /DC, dopo aver verificato che pur avendo avuto un buon ascolto su RAI1 non ha suscitato le polemiche che temevi o forse auspicavi? Ci sarebbero altri argomenti di attualità, il caso Soumahoro, la manovra di bilancio, la crisi del PD verso il congresso, il campionato del mondo di calcio, come evento politico/civile, prima che sportivo, dove si contesta di tutto al governo locale, tranne l’assenza di libertà religiosa.

(C) Tutti temi interessanti, ma che tratterà qualcun altro, o che si potranno riprendere più avanti. Una parola sola sul caso Soumahoro, che come apologia sarebbe stata veramente paradossale. Non lo faccio perché non mi sono sufficientemente noti i termini fattuali. Osservo solamente che come un termometro mostra la febbre di una persona, la polemica innescata da un’inchiesta di Repubblica, ha il torto di accanirsi in modo aprioristico, pro o contro, su una persona che oggi ha una carica rappresentativa e che quindi meriterebbe almeno un po’ di discrezione, ma evidenzia un gravissimo problema irrisolto, quello della gestione dell’immigrazione, fenomeno comunque inevitabile e per certi aspetti più utile che pericoloso. Logicamente è un problema europeo, anzi euro-mediterraneo.

(O) Io appoggio la scelta di riparlare di ESTERNO NOTTE, proprio a mente fredda, usando anche di giudizi misurati, come quello di Picariello di Avvenire, di cui riporto il titolo:

 Liberiamo Moro da quei 55 giorni per riscoprire tutta la sua attualità.

 L’eredità dello statista democristiano non può restare confinata alla vicenda del suo sequestro. Dal tema della giustizia riparativa a quello della pace il suo pensiero parla ancora a noi”

Il titolo esprime a sufficienza il contenuto dell’articolo e le ragioni dell’insoddisfazione rispetto all’opera di Bellocchio, troppo lontana dalla verità storica e ingiusta nei confronti dello statista e anche di altri personaggi della DC, Zaccagnini e Cossiga su tutti. Riporto il passaggio più importante: “Ma forse il vero problema risiede nei titoli di coda quando, con una formula di rito, la produzione rivendica libertà di elaborazione artistica circa i fatti narrati. Fatti sui quali il Paese ancora reclama di poter conoscere la verità e allora diventa operazione avventurosa andare a riempire i buchi con il genere romanzato, accedendo fatalmente alla vulgata prevalente, sempre vagamente populista. “Condivido un’altra preoccupazione di Picariello, che riguarda la cultura oggi imperante in RAI: “La Rai è soddisfatta. Questa fiction «rappresenta la nostra idea di servizio pubblico», ha commentato l’ad Carlo Fuortes. E tuttavia qualche interrogativo si pone, al di là del giudizio ampiamente positivo sull’opera dal punto di vista artistico”. 

(C) Certo se la DC fosse stata quella congrega di incapaci e irriconoscenti lì descritti, non sarebbe sopravvissuta un mese; invece nonostante l’ulteriore sconfitta politica causata dalle dimissioni del presidente Leone, per accuse rivelatesi infondate, addirittura si rinforzò nelle successive elezioni del 1979 e poté accantonare l’appoggio del PCI, superò con danni minimi il ‘ciclone Craxi’, restando al governo fino alla svolta, quella sì decisiva, del 1992/94.

(S) Ma visto che parliamo di un successo televisivo Rai, lasciami dire che il killer della Dc non fu né il caso Moro né, contro ogni apparenza, Tangentopoli, ma la legge Mammì sulla TV privata e la ‘discesa in campo’ di Berlusconi, preoccupato che l’alleanza sotterranea Martinazzoli-Occhetto, se vincente, avesse in animo di cancellare quella legge che aveva garantito il successo di Mediaset.

(C) Non lo nego, anche se qui manca lo spazio per documentare questa tesi. Resta preziosa la possibilità di una riflessione attuale sulle lezioni inascoltate di Moro in un momento sociale dove il possibile passaggio da un cattivo liberismo ad un cattivo statalismo, sovranista o no, appare a me, paradossalmente lo ammetto, tanto sottovalutato come pericoloso per le istituzioni democratiche quanto lo fu la minaccia delle BR mezzo secolo fa, fino al rapimento di Moro. Chi volesse trarre qualche insegnamento attuale dal pensiero politico di Moro dovrebbe assolutamente tenere in considerazione due discorsi, cui ho assistito personalmente: alla Camera, sul caso Lockheed (non ci faremo processare nelle piazze) con cui fermò il doppio gioco del PCI di sostenere il governo e di attaccare nello stesso tempo la DC, e quello ai gruppi parlamentari, pochi giorni prima del rapimento, quando convinse anche quella cospicua parte dei parlamentari democristiani incerta se votare la fiducia insieme al PCI. Però il mio ricordo più significativo di quella che era la sua attenzione all’umano, rimane quello di un signore brizzolato, mescolato tra la folla di giovani ad un convegno degli universitari di Comunione e Liberazione, desideroso di scoprire di quale novità si trattasse, al Palalido di Milano nel 1973.

 (S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti

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