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Parole

SURPLUS DI PENA

MARGHERITA GIROMINI - 02/12/2022

??????????Umiliazione è una parola che gronda tristezza come i suoi sinonimi: mortificazione, sconforto, offesa, degradazione …

Una parola infelice, scelta dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara, nel corso di un intervento in cui sosteneva la necessità di rendere la scuola più severa, gli insegnanti più autorevoli, gli studenti più disciplinati.

Principi sui quali tutti o quasi concordano. Ma il Ministro ha spiegato che «soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, si prende la responsabilità dei propri atti». Ha poi aggiunto: «Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto».

Successivamente, viste le polemiche sollevate, si è scusato per il termine utilizzato. Nel chiarire il proprio pensiero il Ministro ha ribadito il principio che i ragazzi e i giovani che sbagliano devono essere corretti sottoponendosi anche al giudizio della collettività. Non ci sono dubbi che per lui l’umiliazione costituisca un metodo educativo ben saldo.

Non condivido questa concezione pedagogica inaccettabile anche sul piano del diritto. Giustizia è comminare una pena equilibrata per un determinato reato, giustizia è garantire l’impegno della società nel recupero di chi ha sbagliato, giustizia è mettere in atto ogni azione possibile per sostenere i giovani più problematici.

Il surplus di pena inflitto con l’umiliazione aggraverebbe la situazione dei soggetti da sottoporre a sanzioni o a punizioni. Perché l’umiliazione è un sentimento emotivamente pesante: sia che ci venga esplicitamente diretta sia che venga sottintesa o magari espressa senza la precisa volontà di recare offesa.

Affido a questa pagina il ricordo personale di una mortificazione di cui mi sono sentita oggetto un giorno di scuola delle elementari. Molto tempo fa.

Si avvicina il Natale e alcune mamme (tra costoro non c’è la mia), portano in classe alla maestra dei pacchetti omaggio. Lei li dispone sulla cattedra sorridendo. Mentre osservo questi scambi sento le orecchie farsi bollenti. Abbasso lo sguardo a terra: ecco che la parola umiliazione rivela il suo significativo etimologico: da “humus”, terra, essere o sentirsi buttati a terra.

Sarà stata la scarsa sensibilità degli adulti a far sentire quella bambina mortificata: non potendo portare un dono alla maestra, ha temuto di non essere amata al pari delle compagne più generose. Ancora oggi i buoni insegnamenti di quella maestra sono inficiati dal ricordo di quella giornata.

Erano solo modesti omaggi piccoli segni di affetto rimasti impressi nel mio immaginario che mi confermano nell’idea che un sentimento negativo non possa far bene, mai. L’umiliazione è un mezzo punitivo, privo della componente fondamentale del concetto di giustizia riparativa e come tale difficilmente sarà in grado di ripristinare l’autorevolezza un tempo riconosciuta agli educatori.

Le infrazioni delle regole della scuola, anche gravi di cui spesso abbiamo notizia, possono e devono essere affrontate da un lato con i Regolamenti ufficiali e dall’altro con la creazione di un clima scolastico collaborativo, basato sulla discussione, sul confronto, sulla reciproca fiducia tra le generazioni.

Insegnanti e dirigenti scolastici possono applicarli con ragionevolezza ed equilibrio, come si conviene ad adulti che abbiano a cuore la crescita armonica dei soggetti a loro affidati. Ce lo può confermare qualunque psicologo: le emozioni mortificanti non facilitano l’accesso alla conoscenza, bensì ostacolano la possibilità di esprimersi ritardando la necessaria emancipazione dei giovani.

Dunque potremmo abolire il concetto di umiliazione dalla pratica educativa. Vedo comunque un aspetto positivo nella querelle tra il Ministro e i gruppi di educatori contrari alla sua filosofia: l’avvio di un confronto anche serrato tra opinioni diverse sui temi educativi è qualcosa di cui la scuola ha grande bisogno.

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