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Politica

UN CAPITALE SOCIALE DA COSTRUIRE

CAMILLO MASSIMO FIORI - 26/05/2012

Tutti i sondaggi effettuati in Europa dimostrano che la famiglia è unanimemente considerata uno dei fattori più importanti per la autorealizzazione personale e la coesione sociale.

La famiglia crea molteplici legami tra le persone che si intrecciano vicendevolmente e aiutano a costituire l’identità di ciascuno e il carattere della società. La famiglia è infatti il luogo in cui ciascun componente è amato e riconosciuto per quel che è. Nell’ambito famigliare ciascuno trova un posto in cui curare le proprie insufficienze e ferite e dove si impara a prestare attenzione agli altri;  essa  ci apre verso il prossimo e rimane un nucleo di stabilità in un mondo instabile; offre un contributo di sicurezza in una realtà incerta. E ciò a prescindere dal suo carattere religioso o meno. Però soltanto la Chiesa Cattolica propone l’ideale evangelico di un matrimonio d’amore, indissolubile e vissuto nella fedeltà reciproca, anche come risposta al bisogno di assoluto che è in tutti gli uomini.

Oggi la famiglia è anche fragile a causa dell’individualismo dominante, dello spostamento dei valori  in senso materiale, dei nuovi rapporti fondati prevalentemente sull’affettività dove tutto si discute e si negozia, dalla accelerazione della vita che non lascia tempo sufficiente, dalla prevalenza del privato che spesso ignora la funzione educativa e sociale della famiglia, dall’indifferenza del potere pubblico affinché sussistano le condizioni necessarie  all’esistenza della famiglia come istituzione e non solo come contratto.

Questo complesso di situazioni mette in luce anche una “patologia” della famiglia, come scontro tra l’aspirazione alla felicità e l’esperienza dei fallimenti coniugali.

Una delle manifestazioni patologiche della vita familiare è il “familismo” che, secondo molti, rappresenta un tratto caratteristico del carattere degli italiani. Il sociologo americano Edward C. Banfield, in una classica inchiesta degli anni Cinquanta, aveva individuato nella generale situazione di miseria e di malgoverno del nostro Paese nei secoli scorsi la causa della prevalenza del bene familiare rispetto al bene comune.

Anche quando le condizioni materiali sono evolute, si è sedimentato tra il nostro popolo un modello di comportamento caratterizzato dalla incapacità dei cittadini di agire per il bene pubblico.

Siamo arrivati buon’ultimi a realizzare la democrazia, che è la chiave del progresso morale ed economico, ma l’individualismo ha sopraffatto il senso di responsabilità ponendo il denaro al centro dei desideri collettivi, in nome del quale si giustifica tutto: lo sperpero dei fondi pubblici, la corruzione, la speculazione finanziaria, la cementificazione del territorio, la distruzione del paesaggio.

L’individualismo e il familismo non sono di per sé caratteri negativi; lo diventano quando comportano l’egoismo per tutti i rapporti al di fuori della famiglia. Il problema è costituito dall’incapacità di agire insieme nell’interesse comune e di mettere in relazione la condotta delle persone ai problemi del Paese.

È la scarsa attitudine a cooperare, ad associarsi, a dar vita o forme di autogoverno e di partecipazione che giustifica la neghittosità del ceto dirigente. Non è mai stata vera l’immagine di una “sana società civile” contrapposta alla “politica corrotta”; la società italiana, opaca e gelatinosa, si rispecchia in una classe politica dai comportamenti disinvolti e dagli intrecci spericolati. I partiti non sono retti da regole democratiche riconosciute ma fazioni dominati da capi più o meno carismatici e da una casta privilegiata e inamovibile.

Per contrastare tale modello non è sufficiente la trasformazione della realtà materiale, occorre lavorare sul piano culturale per identificare gli elementi chiave del sistema e migliorarli. Anche le famiglie soffrono per la mancanza di coesione sociale; un sentire etico piegato alle convenienze si tramanda di generazione in generazione e  con esso si perpetuano i dualismi che dividono gli italiani: lo Stato e l’antistato, la politica e l’antipolitica, il Nord e il Sud, lo scontro ideologico tra destra e sinistra.

Occorre la costruzione di un “capitale sociale” costituito dalle idee, dai principi, dall’educazione, dall’insieme delle risorse umane, che implica un riconoscimento reciproco di tutti i cittadini per un’azione solidale basata sulla fiducia reciproca.

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