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Opinioni

PD: PROVARCI DAVVERO

ROBERTO MOLINARI - 27/01/2023

lettaQualche giorno fa, sabato 21 gennaio, Letta in direzione nazionale del PD ha di fatto chiuso la sua esperienza da segretario. Senza entrare nel merito del dibattito, a posteriori, mi sento di fare due semplici riflessioni.

A Enrico Letta va la stima dei militanti. Certo ha commesso degli errori. Li ha fatti soprattutto nella campagna elettorale che ci ha portato al peggior risultato e a consegnare il Paese alla destra, ma certamente le responsabilità di una siffatta debacle non sono solo imputabili a chi regge il comando, ma vanno condivise anche con l’intero gruppo dirigente nazionale.

Dobbiamo ricordarci che Letta venne chiamato quasi in ginocchio dal suo auto esilio francese da tutti i maggiorenti del PD dopo che Zingaretti, segretario eletto con ampio consenso, in una notte ci aveva mollato e si era dimesso con un atto di accusa pesantissimo. Un atto irresponsabile, umanamente comprensibile, politicamente ingiustificabile che allora avrebbe potuto portare alla dissoluzione del PD.

Dunque al “cireneo” Letta si possono imputare errori e mancanze, ma non di aver peccato in coraggio, in un difficilissimo momento, prendendo per mano il PD.

Ora si è chiusa di fatto la sua segreteria e la corsa dei quattro candidati alla successione è ufficialmente aperta. Bisogna gettare lo sguardo sulle primarie così come sono costruite. Un primo voto ridurrà i candidati a due. Un secondo vedrà contrapposti i due “sopravvissuti”: saranno le “primarie aperte” del 26 febbraio prossimo, momento a cui potranno partecipare tutti coloro che sottoscriveranno il manifesto di adesione ai valori e che, si spera, dovrà significare oltre alla legittimazione popolare del nuovo segretario anche il rilancio del PD.

Che cosa ci aspettiamo un po’ tutti da questo evento che non sarà catartico, ma che dovrebbe significare un nuovo inizio per un partito nuovo?

Io spero che chi perderà le primarie non fugga, non abbandoni, ma si metta al servizio del PD e collabori con il nuovo segretario. Mi aspetto che chi vincerà segni il passaggio ad una nuova classe dirigente, magari molto più rappresentativa nel Paese e un deciso cambio di rotta anche in quelle che sono le correnti, gruppi più di potere per dividersi i posti che aggregazioni di sensibilità plurali e di idee. Questo è quello che in molti auspichiamo. E mi aspetto che il nuovo segretario sappia essere generoso con gli sconfitti perché è così che si tiene insieme una comunità e si eliminano i germi dell’intolleranza, dell’astio e delle diatribe faziose per delegittimare e destabilizzare chi ha vinto.

Personalmente, in questa fase, non mi ha particolarmente interessato il dibattito su di un nuovo manifesto di valori che dovrebbe poter significare la possibilità per chi è oggi fuori dal PD di trovare accoglienza. Il motivo è perché penso che di questo si dovrà assumere la responsabilità il nuovo segretario una volta eletto. E perché penso che i valori rimangono mentre è la linea politica che deve cambiare e mutarsi a secondo dei tempi. E perché non ho mai pensato che Reichlin e Scoppola fossero dei pericolosi liberisti, ma persone serie e con una profonda conoscenza del Paese.

Ci sono dei momenti in cui veramente c’è da chiedersi del perché nel PD scatti la sindrome di occuparsi di argomenti che nulla hanno a che vedere con l’Italia e i suoi bisogni.

Non ultimo il tema se si debba cambiare nome oppure no. E c’è anche chi, senza rendersene conto, vorrebbe passare dal PD al Padel (partito del lavoro) con sommo umorismo e plauso comico.

Insomma, ancora una volta, e lo scrivo da militante, diamo una chance al nostro partito di rinnovarsi e di proporsi come una alternativa di governo a questa destra.

Lo facciamo a fronte di chi ci vorrebbe spolpare e dividersi le spoglie per poi perseguire progetti politici di dubbia validità. Oggi il PD, al di là di tutto, ha per l’ennesima volta acceso una scommessa col Paese e con chi si riconosce nel centrosinistra. Saper contendere i voti a sinistra come al centro per governare vincendo le elezioni. Condizione, quest’ultima che, troppe volte, abbiamo, ahimè, per eccesso di “responsabilità” disatteso.

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