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Zic & Zac

CHE XILOFONO?

MARCO ZACCHERA - 17/03/2023

xiMettiamola un po’ sull’ironia…Diciamo che dopo una grande attesa sull’imprevedibilità del risultato, Xi Jinping è stato rieletto per la terza volta presidente della Repubblica Popolare Cinese dal Congresso nazionale del Popolo, proseguendo nel suo secondo decennio di mandato. È stata una vittoria sul filo di lana: 2.952 voti favorevoli su 2.952 votanti (quindi è votato anche lui stesso, non si sa mai) che gli permetteranno di stabilire il record di durata alla guida del paese. Per non sbagliare si era fatto rieleggere anche alla guida suprema del PCC (partito comunista cinese) nell’ottobre scorso, anche qui per la terza volta dopo che i rispettivi congressi avevano eliminato la norma costituzionale del limite a due mandati consecutivi. Il Congresso nazionale del popolo lo ha anche nominato (sempre ovviamente all’unanimità) presidente della Commissione militare centrale, il massimo organismo del paese che guida le forze armate.

Ironia a parte, è però da notare che questi risultati-farsa non abbiano suscitato commenti negli organismi internazionali sul “democratico” sistema elettorale cinese: eppure al confronto il dittatore russo Putin è un dilettante.

Stupenda anche la scenografia di questi mega-congressi cinesi che si aprono al suono dell’Internazionale e con l’ingresso in sala in ordine gerarchico di chi dovrà poi essere eletto alla fine dai “delegati del popolo”, così come la coreografia e i vestiti dei delegati (tutti uguali, perfino le cravatte). Lo stanco e svogliato pugno chiuso con cui Xi ha salutato alla fine fa parte dei rituali che sempre sorprendono, soprattutto perché appaiono fuori dal tempo e di pura scenografia.

Ben altre sono le domande che si fanno gli esperti della politica cinese perché il congresso non ha svelato né anche solo indicato chi potrebbe succedere a XI che – a dispetto delle solite chiome senza un solo capello bianco – ormai ha 70 anni. Tutto appare vetrificato e in buona sostanza non sembra che ci saranno novità per i prossimi cinque anni, almeno a livello di nomenclatura. Per la Cina – che obiettivamente Xi ha portato ad un progressivo e significativo livello di sviluppo – tutto sembra molto più difficile di qualche anno fa e le cose si sono molto complicate a causa del Covid. Innanzitutto il benessere ha coinvolto solo una parte della popolazione lasciando molto indietro i rurali, l’incremento del Pil – che era cresciuto stabilmente ed incredibilmente per molti anni – è progressivamente rallentato (nel 2022 è stato di “solo” il 3,5%) e la politica “zero Covid” voluta da Xi l’anno scorso aveva portato a forti ribassi di borsa.

La recente eliminazione dai vertici del Comitato permanente del Politburo del PCC, di chiunque non fosse in linea con Xi (come ad esempio i “riformatori” Hu Chunhua e Wang Yang) aveva indotto i sinologi anche a chiedersi se in qualche modo Xi non fosse diventato una sorta di prigioniero di sé stesso mentre proteste erano scoppiate in autunno in diverse parti del paese che hanno poi di fatto portato ad un rallentamento delle norme anti Covid, giudicate troppo restrittive.

Sono segnali in superficie, ma è difficile capire cosa si delinei nella “pancia” politica del paese. In superficie la Cina continua infatti a crescere, anche se vi è stata una contrazione dei beni di consumo (per esempio nel 2022 è crollata la vendita degli smartphone), c’è preoccupazione per una grave crisi immobiliare e cresce la disoccupazione giovanile. Le aziende – che si espandono di meno – tendono a mantenere i propri dipendenti senza aprirsi alla fascia più giovane. Siamo lontanissimi dalle percentuali europee, ma anche in Cina la piena occupazione non è più un dogma.

Uno dei timori è che le tensioni interne portino Xi a spingere più l’attenzione dell’opinione pubblica cinese sui temi esteri, ad iniziare dai rapporti con Taiwan che da mesi sono critici, dopo anni di relativa tranquillità e che hanno in ballo il controllo sulle produzioni dei semiconduttori, necessari alla Cina (e agli USA) per le proprie produzioni informatiche, tecniche e militari.

Intanto – per la prima volta dopo decenni – si registra anche un calo della popolazione, nel 2022 stimato in 850.000 persone. I cinesi sono oggi circa un miliardo e 411 milioni contro il miliardo e 413 milioni di indiani che crescono a ritmo ancora sostenuto e che quindi sono oggi il paese più popoloso del mondo.

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