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Economia

VARESE O CARA

GIANFRANCO FABI - 07/07/2023

caro-prezziDopo quasi un ventennio di letargo l’inflazione da quasi due anni è tornata a tormentare la vita quotidiana delle famiglie e delle imprese.

L’aumento generalizzato dei prezzi è stato provocato dal forte aumento delle quotazioni dei beni energetici come conseguenza dell’embargo dei paesi occidentali per condannare l’aggressione russa all’Ucraina. Ma questo è stato solo il detonatore di una instabilità che covava sotto la cenere per una serie complessa di fattori che vanno dai cambiamenti dei rapporti commerciali globali ai riflessi delle innovazioni tecnologiche.

Ma al di là delle origini resta il fatto che l’aumento dei prezzi, che ha superato quota 10% in un anno, è un notevole aggravio per i bilanci delle famiglie anche perché non esistono più i meccanismi automatici di indicizzazione dei salari e delle pensioni.

E se questo è vero per l’insieme del Paese è ancora più vero per la realtà di Varese. Secondo le statistiche più recenti dell’Unione nazionale consumatori sulla base dei dati Istat, Varese è la quarta città più cara d’Italia preceduta solo da Milano, Bolzano e Siena. Per una famiglia media varesina la spesa aggiuntiva per mantenere lo stesso tenore di vita di dodici mesi prima è di 2136 euro pari al 9% del reddito medio annuale.

Peraltro l’inflazione è ancora più pesante per le famiglie con un reddito medio-basso dato che per i beni essenziali, il cosiddetto carrello della spesa, l’aumento dei prezzi è stato e continua ad essere ancora più veloce. Beni come il pane, la pasta, il riso, il burro hanno visto aumenti medi del 14% dal giugno dell’anno scorso.

Dato che non esistono soluzioni facili per problemi complessi (e l’inflazione è uno di questi) è del tutto naturale che gli esperti di politica economica abbiano idee contrastanti sulle strategie da seguire. Lo dimostra la polemica lanciata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha apertamente criticato le scelte di aumento dei tassi di interessi da parte della Banca centrale europea. In effetti la stretta monetaria mira a combattere l’inflazione rendendo più caro il denaro, e quindi i prestiti e i mutui, provocando quindi un pur limitato rallentamento dell’economia. Allora ci si può chiedere, come ha fatto Meloni, se il gioco valga la candela e cioè se i danni di una eventuale recessione non rischino di essere maggiori dell’inflazione che si vuole combattere.

La risposta non è facile, ma non bisogna sottovalutare un elemento. L’inflazione, come abbiamo visto, è un costo pesante per le famiglie, ma è nello stesso tempo una condizione favorevole per un Governo, soprattutto se fortemente indebitato, perché ha come effetto la riduzione del valore reale del debito stesso.

Quindi sul fronte della lotta all’inflazione gli interessi sono contrastanti. E non è un caso che le Banche centrali siano indipendenti dai Governi: perché la salvaguardia del valore della moneta è un interesse generale che un Governo sarebbe fortemente tentato di non rispettare alla ricerca di un consenso immediato magari riversando i costi sulle generazioni future, cioè sui giovani.

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