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Attualità

TRAIN DE VIE

ROBERTO CECCHI - 21/09/2023

kim-putinMenomale che Kim Jong-Un, il dittatore coreano, ha deciso di andare a Mosca in treno e non in bici! Se no, le cronache dei giornali sarebbero ancora ingolfate d’informazioni su forature di gomme, disfunzioni da drin-drin del campanello sul manubrio, di problemi di sella occorsi in quei mille chilometri e passa, che separano le due capitali. Invece, preferendo il treno, è andata meglio, è stato più agevole. Ci son volute “solo” una ventina d’ore per percorrere la distanza, ad una velocità di poco più di 50 km/ora (causa il peso delle blindature della corazza di protezione), avendo dovuto aggiustare il treno – pare – per correre su binari a scartamento diverso da quello del suo paese. Insomma, un viaggio molto più agevole, potendo godere, oltretutto, di tutti i comfort di un mezzo blindato, attrezzato di tutto punto, fornito di vettovaglie d’ogni tipo, fatto per sopravvivere a lungo. D’altra parte, l’uso del treno è parte d’una tradizione inveterata della famiglia del dittatore, che in passato ha fatto scelte analoghe, per il timore di volare in aereo.

Quindi, in fin dei conti, quest’evento potrebbe essere derubricato come una delle tante eccentricità di questo personaggio, che non smette di stupire per le sue alzate d’ingegno, come lanciare un missile ogni tanto nel mar del Giappone, per intimorire i vicini. Ma anche responsabile di repressioni feroci della dissidenza del suo paese, per punire intemperanze irrilevanti. Ma se fosse stata solo una visita di piacere per fare un giro turistico a Mosca e dintorni ci sarebbe poco da dire. Rimarrebbe una carnevalata e basta. Mentre è stata l’occasione per incontrare Vladimir Putin, sulla base di un programma studiato da tempo, per confortarlo sulle sue sventure belliche in Ucraina ed offrire, pare, forniture di armi, in cambio di assistenza per la costruzione di missili balistici (una vera e propria fissazione). Difficile dire come stiano davvero le cose, perché quel che si viene a sapere in questi casi non è mai quel che è. Di certo, se questa è la prospettiva, non è più il caso di scherzarci su, come abbiam fatto finora, perché suscita preoccupazioni serie il fatto che una delle potenze atomiche del globo (la Russia), impegnata in una guerra cruenta, possa far affidamento su un soggetto del genere. Bisogna essere alla canna del gas per scegliere un compagno di viaggio di tal fatta.

Dunque, nel suo piccolo, quest’evento ci fa comprendere meglio alcune cose. Diventa chiaro, per esempio, che la guerra sul campo in Ucraina, al di là delle fumisterie della propaganda, è un fallimento, se il Cremlino deve affidarsi all’aiuto dell’industria coreana. Uno dei paesi più poveri del mondo, che non pare proprio in grado di produrre materiali bellici di qualità e in quantità. Diventa anche evidente l’isolamento in cui si trova il paese, se non trova sponde neanche nella Cina. La quale, evidentemente, continua ad avere un atteggiamento prudente sugli armamenti. Non ne fornisce ai belligeranti, nonostante la crescita esponenziale degli scambi commerciali tra i due paesi negli ultimi due anni. Eppoi, c’è la cosiddetta «operazione speciale». Una guerra iniziata per essere conclusa in poche settimane, sta diventando una guerra di posizione, l’esatto contrario di quel che era stato previsto.

Il quadro che emerge dopo questo giro “turistico” è quello della disperazione e dell’umiliazione. Due stati d’animo che verosimilmente affliggono la potenza russa. E non è il caso né di rallegrarsene, nè di sottovalutarli. È una situazione delicata, che può produrre scarti improvvisi e innescare quell’escalation che tutti temiamo. Fa bene, quindi, il cardinal Matteo Zuppi a perseguire con tenacia il progetto di una mediazione. Non sarà facile. Bisognerà disinnescare diverse mine. A cominciare da una legge ucraina, promulgata un anno fa, che, addirittura, vieta trattative di pace con la Russia (Romano sett. 23). E superare le tensioni che esistono da secoli tra etnie diverse e che, più o meno palesemente, non hanno mai smesso di combattersi. Com’è stato scritto, forse proprio per questo, per affrontare un problema così complesso, è stato scelto il metropolita di Bologna. Noi facciamo il tifo per lui.

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