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Politica

IL BELLO

ROBERTO CECCHI - 01/12/2023

pinocchioRicordo che da bambini ci dicevano dell’importanza di essere onesti e di dire la verità. Succedeva spesso che qualcuno ce lo ripetesse. Accadeva in famiglia, a scuola, in parrocchia. Sempre. Era una litania continua sentirsi dire che se “dici bugie ti si allunga il naso”. Già allora, non ci credevamo che una cosa del genere potesse accadere davvero, se non forse da piccolissimi, ma serviva a ficcarcelo bene in testa che non bisognava mentire. E anche da più grandicelli, quel naso che si allunga, rimaneva comunque un’immagine evocativa di un comportamento da perseguire, tantopiù che ricordavamo bene la vicenda di Pinocchio e quella prolunga che si porta dietro, tra gli occhi, sensibile come una molla, al solo pensiero di poter dire una bugia. Da grandi abbiam fatto la stessa cosa anche noi (generalmente), coi nostri figli. Abbiam cercato di orientarli verso comportamenti virtuosi, proprio a partire dalla verità, aiutati da cartoni animati e film, che hanno reso vivo il burattino di Collodi, con la sua insuperabile anomalia.

Non sbagliavamo noi e non sbagliavano i nostri genitori a insegnarci che il vero è un valore. Il vero, insieme al bello e al bene, è uno dei valori supremi, considerati tali da sempre. Ora, rifarsi alla storia per sostenerlo, può essere percepito come una citazione dotta, tanto per far bella figura. E invece il fatto che Platone lo scriva nel Fedone, venticinque secoli fa, o giù di lì, vuol dire che quei valori, già allora, facevano parte del sentire comune, erano un patrimonio di tutti. E difatti, vero, bello e bene hanno attraversato la storia, rimanendo uguali a sé stessi, nel pensiero europeo, oltre le contingenze e le mode. Nel Medioevo, quei sostantivi diventeranno bonum, pulchrum, verum, con un’accezione un po’ diversa da quella originaria, ma resteranno comunque tali fino a nostri giorni.

Crescendo, scopriamo che le cose non stanno proprio come ce le hanno insegnate. Quella schiettezza non la ritroviamo in quel che la vita ti prospetta. Accade nei rapporti interpersonali di non dire proprio tutta la verità per amor di convivenza. Accade sul lavoro, quando per portare a compimento qualcosa, c’è bisogno di trovare un compromesso, che in qualche modo nasconde o appanna delle verità. Accade in politica, quando senti che fanno promesse irrealizzabili. Lo sai che lo sono, eppure, fai ancora finta di crederci. È come se ci fossimo abituati e lo consideriamo un peccato veniale, quasi facesse parte, ormai, d’una tradizione. D’altra parte, nel frattempo, è uscito un volumetto da titolo Ipocrisia virtuosa (il Mulino 2023) di Nadia Urbinati, una politologa famosa, molto ascoltata, che insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, la quale riesce a chiedersi se “sincerità e intransigenza vincono su tutto anche sulla buona relazione sugli altri?”.

È una bella esercitazione dottrinale, ma c’è di che riflettere, soprattutto se si scopre, in un altro libro uscito in questi giorni, dal titolo OxyPolitiK. Come liberarci dalla dipendenza social-qualunquista, (Raffaele Rio, presidente di Demoskopika, Tangram ed. scientifiche Trento, 2023), la quasi totale mancanza di verità in politica. Facendo un’analisi quantitativa (e non qualitativa) dei fatti, emerge che “Oltre 7 dichiarazioni su 10 di esponenti politici risultano prive di fondamento, di dati e fatti in grado di garantire loro accuratezza, veridicità e credibilità. Dato ancora più allarmante se si prova a quantificarlo: su 1.097esternazioni da parte dei rappresentanti del popolo, ben il 76,3% risulta, totalmente o parzialmente falsa. È quanto contenuto in Oxy Politik che ha provato a tracciare una classifica delle principali forze politiche italiane che si sono contraddistinte per un livello maggiore di dichiarazioni non confermate da fatti, dati e fonti, o solo parzialmente confermate. Qual è, dunque, la classifica dei partiti Pinocchio?” (Corriere della Calabria, 13.11.23). Meglio lasciar perdere, rimettiamola nel cassetto quella classifica. Basta dire che il primo dei peggiori svetta con “un rapporto tra dichiarazioni scorrette e parzialmente scorrette che arriva all’88,6% dei casi monitorati”. Immaginavamo qualcosa del genere, ma non fino a questo punto. Constatare che, praticamente, ci propinano in continuazione il falso, fa male. Sarà anche per questo che la gente non va più a votare?

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