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Società

BELLE ESTATI DI UN CARISSIMO TEMPO

MANIGLIO BOTTI - 13/07/2012

C’è stata un’epoca, diciamo più o meno la metà degli anni Sessanta, in cui Adriano Celentano si improvvisò stilista e propose i pantaloni bicolori a zampa d’elefante: da una parte beige chiaro e dall’altra – all’interno – scuro; oppure azzurrini e blu. Il Molleggiato – come tutti lo chiamavano – appariva in TV indossando l’originale capo di abbigliamento, tipo lanzichenecco. Per pubblicizzarli, si faceva ritrarre sulla copertina dei suoi dischi (ricordiamo un disco triplo: “Sono un simpatico”- “E voi ballate” – “Due tipi come noi”, che è del 1965, dove il Nostro è presente in braghe bicolori); oltre ai pantaloni ultimo grido (il suo), l’Adriano indossava anche un cappelluccio, ma più che per dettare una nuova moda era perché stava per essere travolto dalla calvizie e a nulla valevano i riporti a coprire la pelata, perciò meglio le coppolette e vari berretti.

I pantaloni bicolori ebbero un parziale, effimero successo in qualche mercato del Sud, e si videro talvolta addosso a personaggi quasi patetici. Poi sparirono e caddero nell’oblio. Chissà, oggi, quante risate se un cantante, specie se “impegnato”, insieme con il suo ultimo CD suggerisse una giacchetta, un calzino, un gilè. È (o era) il segno di un congenito provincialismo – beata ingenuità – che caratterizzava la nostra vita di adolescenti e giovani di cinquant’anni fa.

Celentano scimmiottava gli Usa (un certo modo di essere degli Usa) e fondò da noi il suo Clan (ricordate le etichette iridate dei suoi dischi singoli?) sulla scia o sull’imitazione di quel che a Los Angeles faceva Frank Sinatra. The Voice aveva accanto a sé Dean Martin, Sammy Davis jr, Peter Lawford; lui se la giocava con Don Backy, Gino Santercole, Detto Mariano, Miki Del Prete, Ico Cerutti, Pilade…

Intorno al 1963 – quindi quasi mezzo secolo fa – il Celentano nazionale lanciò una canzone bellissima: “Pregherò” (“Pregherò, per te / che hai la notte nel cuor / e se tu lo vorrai / crederai…). Doveva cantarla Ricky Gianco, che pure faceva parte del Clan, o il luogotenente Don Backy, invece la portò al successo il Capo, che aveva e ha gran fiuto. Si scrisse e si lesse allora che la canzone era la cover italiana di un brano tradizionale americano, ma anonimo. Si trattava, in realtà, di un pezzo basato su un vecchio gospel portato al successo dagli Staple Singers nel 1955, ma del tutto “rigenerato” nel 1961 – quindi prima della versione italiana e celentanesca – da Ben E. King, Jerry Leiber e Mike Stoller: “Stand by me”. La “versione ufficiale”, quella di Ben E. King, oltre tutto, fece nell’86 da colonna sonora allo straordinario, indimenticabile film di Rob Reiner “Stand by me -Ricordo di un’estate”, tratto da un racconto altrettanto straordinario di Stephen King : “Il corpo” (The body). Il film narra dell’avventurosa spedizione di un gruppo di ragazzetti, poco meno di adolescenti, alla ricerca di un cadavere di un giovane scomparso. Lo scrittore-narratore, nel film interpretato da Richard Dreyfuss, chiude con parole piene di nostalgia e di rimpianto, ricordando quelle meravigliose avventure e quelle bellissime estati degli inizi degli anni Sessanta: “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni…”.

Un’altra canzone estiva – e memorabile – di Adriano Celentano è stata “Il problema più importante”. Siamo nell’estate del 1964. Anche questo brano, molto famoso, non era diretta farina del sacco di Adriano, ma la cover di un disco portato nelle classifiche qualche anno prima (1961) dal cantante James Ray (musica di Rudy Clark), in seguito morto forse per un’overdose: “If you gotta make a fool of somebody”.

Per Celentano la canzone fu adattata dai due suoi mitici amici: Luciano Beretta e Miki Del Prete. Diceva: “Il problema più importante per noi / è di avere una ragazza di sera…”. E il ritornello: “Gira e rigira / tra le balere / ci sarà pure / un’anima buona / che si accompagni con noi / anche perché / non la troviamo mai, mai…”.

Era un refrain un po’ scombiccherato, ma vero; di una cruda e ineluttabile realtà, che bene ci interpretava e si adattava e al nostro girovagare di allora, di ragazzi ingenui e da luna park. Le ragazze? Mai trovate. Come, appunto, cantava l’Adriano.

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