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Lettere

LE PROPOSTE SULL’URBANISTICA VARESINA

- 10/09/2012

La poetessa Rosa Pierno, in una nota critica ad una raccolta di Dino Azzalin, scrive: “Le liriche parole di Azzalin sanno materializzare legami fortissimi tra cose che non ne hanno”. Un merito, quando si parla di poesia, un po’ meno quando si parla di urbanistica e territorio.

Quando si vuole dare il proprio contributo in materia urbanistica bisogna essere, non dico tanto, ma almeno un pochettino preparati, leggere documenti veri (non limitarsi agli articoli di giornale), partecipare agli incontri pubblici.

Le valutazioni del dott. Azzalin sull’urbanistica varesina si fondano su una serie di inesattezze e ne consegue che anche le proposte che ne scaturiscono sono deboli e un po’ velleitarie.

Vediamo quindi di ricondurre i dati al reale e di lasciare la fantasia ai poeti.

1. Il dott. Azzalin prende i dati di utilizzo del suolo della provincia di Varese e si straccia le vesti scoprendo che siamo al quarto posto in Italia per consumo di suolo. Peccato che i dati di consumo di suolo ricalchino in modo rigoroso il dato di densità di popolazione: la provincia di Varese è quella più densamente abitata dopo Napoli, Milano-Monza, Trieste e Roma. Insomma, Azzalin ci dice che siamo in troppi. Bene, dott. Azzalin, quando dice che “le Amministrazione pubbliche questo scempio ce lo dovrebbero risparmiare”, ha in mente qualche suggerimento? Blocchiamo l’immigrazione verso la nostra provincia? Discutiamone! Rimpatriamo qualcuno? Qualche preferenza? In tempi di pace e libertà, altri metodi di riduzione della popolazione insediata non mi sembrano percorribili.

2. L’analisi sul consumo di suolo in città di Varese contenuta negli elementi conoscitivi del Piano di Governo del Territorio (PGT) indica che il territorio interessato dall’edificazione (comprendendovi giardinetti condominiali e aree verdi perimetrali di case e villette) è pari al 46,48% della superficie comunale, un dato che può apparire elevato, ma che è identico a quello della lodata città di Como. Il dott. Azzalin attribuisce questa situazione (da lui descritta, a ragione, come “orrore urbanistico”) agli ultimi 50 anni di governo, ma in questo sbaglia grossolanamente: il consumo di suolo a Varese nel periodo compreso tra 1995 e 2008 è stato pari all’1,46%; il rimanente 45,02% era stato consumato prima… Credo quindi che la cementificazione del territorio varesino non possa assolutamente essere imputata a chi ha governato negli ultimi vent’anni, che anzi, grazie al vigente Piano Regolatore Generale, ha anticipato il concetto di minimo consumo di suolo, oggi condiviso in tutta la Regione Lombardia. E’ comprensibile che il poeta Azzalin voglia farsi emulo dei moniti che Guido Morselli rivolgeva al Comune negli anni ’50, ma Morselli aveva a che fare con un’amministrazione che consumava voracemente territorio per costruire nuove zone industriali e case popolari, oggi il Comune si orienta soprattutto al recupero del patrimonio edilizio esistente o al riutilizzo delle aree industriali dismesse.

3. Ma l’elemento più strano dell’intervento di Azzalin è la sua descrizione delle scelte del futuro PGT. Mentre quotidianamente leggo critiche sul fatto che queste scelte non sarebbero ancora state divulgate chiaramente, Azzalin dimostra di avere una conoscenza dettagliata del PGT futuro: “cambierà di nuovo il volto a Varese e, come se ce ne fosse bisogno, in peggio” in quanto “prevede ancora in maniera obsoleta villette a schiera e palazzine dimenticando le aree verdi, ma soprattutto scordandosi della crisi in atto”. Mi verrebbe da pensare ad una “Wikileaks” comunale, se non fosse che le affermazioni di Azzalin non corrispondono minimamente al lavoro finora svolto dall’Assessorato all’Urbanistica. Se infatti stiamo lavorando con impegno, è per riuscire a tradurre in norme concetti come “qualità urbana”, “interesse pubblico”, “minimo consumo di suolo”, “recupero del patrimonio edilizio”, “riqualificazione energetica degli edifici” perfino “rinaturalizzazione”. Viene da chiedersi dunque dove il dott. Azzalin abbia tratto le sue informazioni sul PGT, come si sia fatto queste convinzioni sul futuro strumento urbanistico.

4. Anche la parte dell’intervento dedicato alla ex-caserma “G. Garibaldi” parte da presupposti errati. Detto che l’edificio è stato acquisito al patrimonio comunale solo nel 2010 (e quindi di ciò che non è stato fatto prima è responsabile lo Stato centrale), appare singolare la sua visione della democrazia, per cui i cittadini dicono quello che intendono fare della caserma e gli amministratori locali devono eseguire. In realtà, in democrazia, i candidati alla guida della città espongono PRIMA quanto intendono fare e i cittadini li votano in base al programma che condividono. Talvolta si creano problemi o opportunità che non erano previsti in campagna elettorale e quindi la scelta degli amministratori è più libera, ma non è questo il caso: nel programma di governo sottoposto dal sindaco Fontana ai cittadini era esplicitamente indicata l’intenzione di realizzare il nuovo teatro di Varese in piazza della Repubblica. Ora, nessuno impedisce al dott. Azzalin di formulare nuove proposte (anche se essendovi stata una procedura pubblica partecipativa con due incontri pubblici circa un anno fa, avrebbe potuto ben intervenire in quella sede), ma è evidente che, in assenza di argomenti ben supportati, l’Amministrazione Comunale non può violare l’impegno assunto con gli elettori di riqualificare piazza della Repubblica con un nuovo edificio polifunzionale dedicato alla cultura.

5. Benché laureato in agraria (o forse per quello), non mi sento di condividere la proposta di realizzare un ”Giardino della Città” (inteso come edificio di moderna architettura che ospiti piante e fiori di ogni parte del mondo) al posto della ex caserma. Le piante, gli alberi, i fiori sono esseri viventi che hanno bisogno di terra, acqua, luce, aria: vivono bene fuori dalle città, dove le loro radici possono penetrare nel terreno e i loro rami espandersi verso il cielo. L’aspetto sofferente delle piante impiegate come decorazione urbana (pensiamo alle depresse querce di piazza Podestà o agli stentati alberelli di via Morosini) fa male a chiunque le ami. In generale la città costruita è un ambiente ostile per le piante: inoltre immaginare di collocare alberi e fiori ingabbiati dentro una moderna architettura, in un’area compresa tra un parcheggio interrato da mille posti e lo sbocco dell’autostrada, non mi sembra il modo migliore di utilizzare un’area fortemente centrale, particolarmente servita e idonea ad ospitare servizi pubblici di livello sovra-urbano.

I nostri predecessori hanno saputo trovare una forma di convivenza tra piante e città molto migliore: il sistema delle ville. A meno di cento metri dal centro della città (fatto unico tra i capoluoghi di provincia italiani), i Giardini Estensi sono lì a rappresentare come si possa contemplare un’unione meravigliosa tra natura e opera dell’uomo: quello è il vero “Giardino della Città” e, insieme alle altre ville storiche pubbliche e private, costituisce la ricchezza della città, che il PRG ha protetto e il PGT intende valorizzare.

 

Distinti saluti

Fabio Binelli

Assessore alla Pianificazione Territoriale

Comune di Varese

 

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