Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Economia

UNA FORMULA CHIMICA PER LA FIAT

GIANFRANCO FABI - 05/10/2012

Due vicende negli ultimi giorni hanno posto in primo piano il presente e il futuro dell’industria italiana. Ma una ha conquistato le prime pagine dei quotidiani e i titoli di apertura dei telegiornali, l’altra é rimasta confinata nelle notizie in breve ed é stata commentata più per gli elementi di contorno che per quella che potremmo chiamare la sostanza delle cose.
La prima vicenda è il caso FIAT, la più grande industria privata italiana che sta risentendo in maniera molto forte della crisi con un crollo verticale delle vendite, soprattutto in Europa, e con prospettive non certo tranquille per il futuro degli stabilimenti italiani.
La seconda vicenda é la firma del contratto nazionale dei lavoratori chimici, una firma non solo avvenuta dopo soli pochi giorni di discussione e senza un minuto di sciopero, ma soprattutto con contenuti fortemente innovativi sul fronte della partecipazione dei lavoratori, dell’ingresso dei giovani nelle aziende, della flessibilità nella gestione operativa dell’organizzazione del lavoro.
Le due vicende si intrecciano perché non si può dimenticare che uno dei punti caldi della strategia della FIAT negli ultimi anni é stato proprio il rapporto con il sindacato, un rapporto talmente complesso che ha portato non solo ad una spaccatura tra CISL e UIL da una parte e CGIL dall’altra, ma anche ad una serie di innumerevoli contenziosi giudiziari messi in campo dalla Fiom (l’organizzazione dei metalmeccanici della CGIL) contro l’azienda.
Sul problema FIAT peraltro si sono innescate vicende che nulla hanno a che fare con la politica industriale come gli scambi di battute polemiche tra imprenditori o i richiami all’efficienza da parte dei politici proprio nel momento in cui la politica dava la peggior prova di sé con gli sperperi di denaro da parte delle Regioni.
Il futuro della FIAT resta comunque un elemento centrale sulla strada della modernità del Paese. Non tanto perché la FIAT attenda ancora incentivi, aiuti o sostegni pubblici, quanto perché il mantenimento delle posizioni in questo momento di crisi e il possibile rilancio nei prossimi anni sono possibili solo se a fianco di un impegno forte dell’azienda si può trovare un sistema Paese che in tutte le sue dimensioni come minimo non ostacoli l’operatività aziendale. Fanno parte di questi ostacoli un sindacato pregiudizialmente conflittuale, una pubblica amministrazione pletorica, un sistema bancario rigido, una rete di infrastrutture carente.
La sfida annunciata dalla FIAT per i prossimi anni è quella di produrre in Italia vetture in buona parte destinate all’estero, in particolare al mercato nord-americano. Ebbene in questa prospettiva basti pensare che per un certificato doganale necessario per esportare un bene verso un paese fuori dall’Unione europea un’azienda italiana ha il doppio dei costi e il triplo del tempo necessari ad un’azienda tedesca.
Ma se questi aspetti possono essere di contorno l’elemento centrale resta quello della scarsa competitività italiana sul fronte dei costi e dei sistemi di produzione, costi e sistemi che hanno spinto molte imprese (FIAT compresa con l’ultimo stabilimento realizzato in Serbia) a delocalizzare i loro impianti all’estero. Ecco allora che diventa fondamentale il tema dell’organizzazione del lavoro non tanto sotto il profilo dei costi quanto sotto il profilo dell’efficienza e della competitività.

A questo punto si potrebbe dire che la FIAT ha bisogno di una nuova formula chimica, cioè di un sindacato capace di dialogare, di rinunciare alla conflittualità esasperata, di trovare formule costruttive di flessibilità. Ma anche di un’azienda che faccia la sua parte cercando di stare sul mercato senza inferiorità rispetto agli altri costruttori europei. Una strada che certamente può essere ancora percorsa. E con successo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login