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Lettere

VALLE BEVERA E CEMENTO

- 18/01/2013

Ho scritto al Sindaco del Comune di Arcisate, al Responsabile del Nucleo operativo Ecologico (Noe di Milano), al Direttore dell’Asl di Varese, al Direttore di Arpa Varese per chiedere di svolgere accertamenti per sapere come fosse  sistemata la centrale di betonaggio in Arcisate , Valle della Bevera e di visionare la sua organizzazione e l’impiantistica lavorativa. Infatti, avevo ricevuto una ricca segnalazione da privati che lasciava intendere un possibile non rispetto da parte dei proprietari della cementeria delle normative di tutela del suolo e delle vigenti norme riguardanti lo smaltimento reflui da attività produttive.

Premetto di essere il presidente pro tempore di una Associazione si è occupata della tutela delle risorse idriche presenti in Valle della Bevera (vero cuscinetto d’acqua del territorio varesino) e, recentemente, del piano di recupero della Cava ex Coppa di Cantello e, poco prima, della costruzione della ferrovia, cosiddetta Arcisate-Stabio, importantissima perché permetterà a Varese di uscire dal cul de sac in cui attualmente si trova e di poter sviluppare relazioni all’insegna dell’innovazione con il Centro e Nord Europa .
Insomma, attraverso questa ferrovia, una volta completata ed attiva, Varese sarà in rete.
Questo traguardo è da perseguirsi prioritariamente ma sempre nel rispetto delle normative esistenti e senza nuocere né alla popolazione esistente ne’ a quella futura né all’ambiente naturale. La ferrovia attraverserà, infatti, luoghi di particolare rilevanza (anche per la presenza di fonti idriche ed di biodiversità) e  preziosità uniche (vedasi per esempio il sito Internet  www.plisbevera.it) .
Dalla segnalazione che ho ricevuto, sembra che nella centrale di betonaggio realizzata in Comune di Arcisate (e ho pregato gli organismi competenti di accertarlo):
1) non esista nessuna pavimentazione e che quindi le acque utilizzate per la produzione del calcestruzzo, percolino, non trattate, sul terreno formando rigagnoli che in parte sono assorbiti dal terreno e in parte formano dei piccoli flussi che scendono verso il ruscello Bevera;
2) non esista un impianto per il riciclo parziale delle acque di lavaggio impianti e betoniere;

3) non esista un impianto per la raccolta delle acque di prima pioggia e conseguente sistema di neutralizzazione.
4) esista invece un piccolo impianto per il trattamento dei reflui palesemente mai utilizzato;
5) vi sia un ritmo, con cui i camion betoniera si alternano al carico di calcestruzzo, che sia continuo e costante. Camion betoniera che pare vengono lavati sul lato carico da parte dell’operatore (per evitare di sporcare palesemente le strade adiacenti), con sversamento del flusso inquinato sul terreno con conseguente alimentazione dei sopraccitati rivoli.

Pare anche:

1) che le betoniere, montate sui camion, vengano lavate dal residuo calcestruzzo rimanente dopo lo scarico, in varie zone dei cantieri con versamento del refluo, derivante dal lavaggio, direttamente sul suolo.

2) che il ruscello naturale che fuoriesce dal cantiere e che confluisce al ruscello principale (Bevera) sia palesemente ostruito da fango di lavorazione.
Ho domandato anche se sussistono accorgimenti idonei per la tutela di coloro che lavorano all’interno della centrale di betonaggio.

Da sempre, la normativa in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro ha posto quale adempimento   fondamentale per la tutela dei lavoratori l’informazione, la formazione e l’addestramento degli stessi sui rischi connessi all’attività lavorativa delineando, in tal modo, un sistema di prevenzione basato sulla conoscenza, sulla maturazione professionale dell’individuo e sulla responsabilità soggettiva di tutti i partecipanti al ciclo produttivo.

L’idoneità tecnico-professionale, poi, non deve essere considerata come una generica capacità imprenditoriale, ma deve essere rispondente alle funzioni che l’impresa deve svolgere e ai lavori che deve eseguire.

La verifica assume così un reale contenuto, configurandosi non come mero onere burocratico ridotto a una “raccolta di carte”, ma come momento primo e fondante di una reale situazione di sicurezza del cantiere, inteso come luogo in cui operano solo imprese sicure in quanto “idonee” per “quel” cantiere.

Essendo state negative  rispetto a tutta le domande di cui sopra le indagini svolte da Arpa Varese, Corpo forestale e Tecnici comunali di Arcisate, è stata chiamata Striscia la notizia (Canale 5) che ha dedicato alla questione (per adesso tre puntate ma verosimilmente è prevista anche una quarta) e ha evidenziato la presunta bontà di quanto avevamo fatto presente.

La stessa Direttrice di Arpa Varese chiamata da Striscia per visionare i luoghi, ha effettuato in seguito due nuove indagini che hanno evidenziato la presenza di qualcosa evidenziato da noi.

Solo con un controllo congiunto (di tecnici ambientalisti e di controllori istituzionali) che auspico, fatto sul campo e sui materiali video a disposizione di entrambi, si potrà dissipare i dubbi di ciascuno e  consentire quello che più di tutti auspichiamo: la realizzazione più veloce possibile della ferrovia Arcisate-Stabio di cui sopra abbiamo detto.

Arturo Bortoluzzi

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