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Spettacoli

CANTA CHE TI PASSA

MANIGLIO BOTTI - 11/02/2013

Carosone e Buscaglione insieme in TV

La canzonetta aiuta a vivere, sempre. Ogni genere, ogni moda. Melodie strappalacrime o giocose, tutto fa parte di un medesimo concerto. Ma se proprio si vuole fissare una linea di confine tra la canzone tradizionale del primo dopoguerra, mano sul cuore, e l’arrivo dei cosiddetti urlatori, e quindi la nascita in Italia del genere pop e rock, e anche dei cantautori, si può indicare una data, quella di sabato 1 febbraio 1958. Nel momento in cui Domenico Modugno, sul palco del Festival di Sanremo, nel salone delle feste del casinò, alzò le braccia al cielo e gridò “Volare oh oh, cantare oh oh oh…”, il refrain di “Nel blu dipinto di blu”, stava cambiando la storia.

Non c’è solo quella data. Come in tutti i passaggi epocali, si possono trovare – e segnare sul taccuino – i momenti decisivi, che però sono preceduti da tanti segnali e da altre “novità”, seminati e frazionati nel tempo. Come a dire che nulla, anche nel mondo delle canzonette, avviene per caso, e che non si fanno mai e all’improvviso salti nel vuoto.

Quasi tutti gli storici, quasi tutti gli specialisti sono d’accordo nel constatare che l’avvento di una nuova moda musicale nel nostro Paese – nel dipanarsi di quegli anni Cinquanta – fu contrassegnato da due precursori, Fred (Ferdinando) Buscaglione da Torino (1921-1960) e Renato Carosone (Carusone) da Napoli (1920-2001). Entrambi, nella canzonetta, sono portavoce di quel genere umoristico-parodistico-grottesco che da noi è sempre stato praticato – anche prima dei fatidici anni Cinquanta – ma forse poco esplorato. Il mitico Fred e il grande Renato non si erano messi a fare musica per scherzo. Tutti e due avevano solide basi costruite al Conservatorio. È innegabile, tuttavia, che le loro performance, e i dischi presentati al pubblico, avessero matrici e ricordi che affondavano nel passato: pensiamo, tanto per citare, a due motivi “antichi”: “Eulalia Torricelli”, di Nisa, cantata dal Quartetto Cetra nella seconda metà degli anni Quaranta, e ancora prima a “Bombolo”, del maestro Mascheroni, cantata dal Trio Lescano, che è del 1932.

Fred Buscaglione e Renato Carosone, ovviamente, sono due monumenti, rispetto agli “esperimenti” che li avevano preceduti. Il primo, che si presentava con un baffetto alla Clark Gable e con un sorriso altrettanto ironico, traeva il suo genere da certi stereotipi americani, e davvero annunciava una nuova stagione, magari non originalissima; il secondo era invece l’interprete scanzonato, e forse un po’ pulcinellesco, di una tradizione italico-napoletana, più in linea con la nostra storia (Tu vuo’ fa’ l’americano, 1956; ‘O Sarracino e Caravan petrol, 1958…).

Senza porre limiti, a tutti e due (prodotti italianissimi, e poi erano quasi coetanei) giovò l’aiuto e la presenza di amici e collaboratori. Leo Chiosso (1920-2006), curioso intellettuale torinese, autore di testi per Fred (Che bambola! 1956; Teresa non sparare, 1957; Eri piccola così, 1958…); Gegè Di Giacomo (1918-2005), cantante e batterista napoletano (era lui che gridava “Canta Napoli, Napoli in farmacia!”, all’inizio di “Pigliate ‘na pastighlia”), per Renato.

Il generico ironico, parodistico e grottesco nel mondo della canzonetta, in un certo senso geniale, come s’è visto, non ha avuto tra gli interpreti soltanto Fred Buscaglione e Renato Carosone. Lo stesso Domenico Modugno che sancì ufficialmente il passaggio verso la nuova era aveva scritto “La donna riccia” (1954), Lazzarella (1957), Pasqualino maragià (1958, cantata anche da Carosone), Selene (twist del 1962)… Altri autori e interpreti – da Adriano Celentano a Mina, da Gaber a Jannacci, a Guccini, a De André, a Lucio Dalla… – non hanno mancato talvolta di rappresentare il gioco e lo scherzo. Se infine si deve citare un personaggio molto simile a Buscaglione – anche nella sua breve vicenda terrena – è impossibile non ricordare Rino Gaetano (1950-1981), luminosissima meteora che ha solcato per un attimo il firmamento della canzone italiana.

Ma come sempre l’ironia e il sorriso portano con sé anche la malinconia. Chi scrive, una quarantina di anni fa, si trovò una sera d’inverno in un bar-pizzera vicino a piazza delle Erbe a Merano, in uniforme alpina. Locale deserto e nell’aria – in diffusione – le canzoni del vecchio Fred. Al momento di pagare il “rancio” alla cassa, ci fu l’estemporanea conoscenza con il titolare che, disse, era stato uno dei musicisti degli Asternovas, il gruppo che per diversi anni aveva suonato con Buscaglione. Il personaggio aveva fatto il militare in Alto Adige, aveva conosciuto una meranese, si era sposato, aveva aperto un bar.

Faceva freddo all’uscita. A fare da colonna sonora non era più il Fred un po’ spaccone di “Eri piccola”, ma il cantante – quasi un crooner – di “Love in Portofino” e di “Guarda che luna”. Notte gelida, serena. In fondo la luna era un annuncio di primavera, sebbene ancora di là da venire.

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