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Politica

PROPAGANDA UN TANTO ALLA BATTUTA

LILIANO FRATTINI - 15/02/2013

Una campagna elettorale scalcagnata quella in corso, forse per l’affollamento delle liste ai nastri di partenza o forse per la cattiva e insistita abitudine italica a trasfondere il peggio di sé stesso nelle arterie della competizione. Poteva essere una campagna elettorale misurata, leale, positiva, accattivante visto da dove venivamo, da quali stagioni di disdoro internazionale e di agonia interna. Forse una pausa (o chiedevamo troppo!) disintossicante da anni di veleni propinati a palate gli uni contro gli altri e da una condizione di malati gravi che non avevano certo bisogno di cure da cavallo.

Confrontarsi duramente, certo, ma opponendo al contendente gli argomenti propri di un programma elettorale basato sulle cose concrete, sulle possibilità di crescita e ripresa.

Invece il confronto si dipana sulle quotidiane battute da avanspettacolo, mezze frasi, concetti incompiuti, effluvi di ossimori, stragi di congiuntivi, insulti, insolenze, sbertucciate, sberleffi, enormità di giuramenti (esempio: toglieremo l’IMU, troveremo il posto a quattro milioni di senza lavoro). Chi più ne ha più ne metta e così gli operatori dell’informazione colgono la palla al balzo e sparano titoli cubitali sui loro giornali esasperando una parola, un gesto, un modo di dire.

Piace al lettore, a un certo tipo di lettore, che poi diventa elettore, crogiolarsi nel grasso fritto e rifritto della frase sgualcita, trasversale, eclatante, boriosa che soddisfa gli istinti meno nobili. Riflettiamo un momento sulle urlate di Grillo, demiurgo del M5S, nei suoi quotidiani appuntamenti con la gente: toni tribunizi, mai interlocutori, mai problematici, mai realmente propositivi tali da presentarsi come programmi realizzabili con il concorso di altre forze politiche. Ci penserà lui, lui solo a fare questo e quello, abolire cariche dello Stato qua e su, mandare a casa tre quinti del Parlamento, far pagare poche tasse e altro.

La folla si sente rinvigorita da uno che ti promette di cambiare il mondo, o più modestamente l’ambiente dei politicanti, dei ladri, degli sfruttatori, dei disonesti, dei parassiti… Non c’è bisogno di alcuna morale: basta la parola! Morale, etica sono valori non parole. Mi viene in mente un pensiero di Mark Twain che sosteneva che “non è saggio usare la morale nei giorni feriali, così succede che poi la troviamo in disordine la domenica”. E già che ci siamo aggiungo una battuta di Bernard Shaw: “La moralità consiste nel sospettare gli altri di non essere legalmente sposati”.

L’entrata a gambe tese di Berlusconi nell’agone elettorale ha oggettivamente esasperato i toni che si sono andati mano a mano acutizzando: bersagli Bersani, l’avversario di sempre perché colluso con i “comunisti”, e Mario Monti che la sua immaginazione lo disegnava a Bruxelles, ritornato ai fornelli, a cuocere le beghe europee. Pessima illusione che ha scatenato la sua foga oratoria densa di incisi. Negli ultimi giorni si è lasciato andare in una imitazione mimica di Bersani, irridendo il suo intercalare emiliano e la sua postura.

Anche fra Monti e Bersani non sono mancati sgarbi di stile che incidono sulla eventualità di un accordo post-elettorale quanto mai auspicabile in questi tempi di magra. Una maggiore concretezza sui temi fondamentali della nostra economia, della nostra società, dei nostri diritti e anche doveri sarebbe auspicabile a beneficio di entrambi e della credibilità del nostro Paese.

Certo che i valori etici hanno faticosissima ospitalità nella memoria degli italiani. I quotidiani di casa Berlusconi riprendono con gusto il peggior repertorio della vis polemica elettorale, Balotelli funge da testimone di un potere finanziario, la fidanzata ventisettenne del Cavaliere esalta il valore di coppia, le sparate di Ingroia gonfiano la balena della rissosità, i richiami di Casini echeggiano le sue ansie per la vita delle famiglie, i richiami dei cardinali si spengono nel vociare dei candidati e gli inossidabili valori etici, di comportamento e di affermazione, ristagnano fra le pieghe di una realtà socio-culturale che andrebbe riconsiderata da testa a piede.

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