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Attualità

TEMPI DI SCOMMESSE

MANIGLIO BOTTI - 05/04/2013

Si dice che nei tempi magri e di crisi la passione per il gioco aumenti a dismisura. Anche – e soprattutto – fra i povericristi e i disperati: come se tutte le speranze di cambiamento e i sogni di una vita migliore convogliassero infine solo in una mitica vincita di denaro che rivolti in modo definitivo il malo andazzo. In ciò lo Stato, che per il resto è moralista e bacchettone, indugia e favorisce l’alea, senza pensare di condurre talvolta i malcapitati alla rovina.

Non ci riferiamo al gioco “d’alto bordo”, nei casinò (anche a quello), ma più che altro alla minutaglia costituita dal lotto, dai gratta e vinci, dalle schedine che – in caso di vincita (sempre molto rara, stando alle probabilità) – assicurano ricche pensioni per vent’anni e anche di più.

Oltre a ciò si apre vastissimo lo scenario delle scommesse, lecite e illecite. Forse anche quest’abitudine (o malvezzo) è rimasta intatta, specie nella province e nelle periferie, ma in particolare nel milieu dei poveracci, a essere sinceri.

A tal proposito mi viene in mente un episodio, una scommessa memorabile, di cui fui silenzioso testimone da ragazzino. Eravamo nella seconda metà degli anni Cinquanta e con la mia famiglia ero andato da poco ad abitare alle case popolari di Masnago. La scommessa riguardò gli adulti; e il personaggio principale fu un signore di una decina d’anni più anziano di mio padre, che pure era del ’18. Ho un ricordo abbastanza nitido del signore in questione, di cui per comodità citerò soltanto le iniziali, G.M.; l’uomo è scomparso da tempo, ovviamente, ma sono ancora in vita i suoi figli.

G.M. aveva combattuto tutte le guerre di Mussolini con il pugnale tra i denti (Spagna, Africa, seconda guerra mondiale Russia compresa). Era tornato, com’è storicamente acclarato, con le pive nel sacco e con qualche traccia di congelamento alle ginocchia e ai piedi. A casa, in un paese vicino a Varese, aveva messo su famiglia e aveva ripreso un lavoro anonimo, senza nulla chiedere e pretendere. Unici svaghi la bicicletta e l’osteria.

Luogo della scommessa fu proprio l’osteria della Madonnina di via Caracciolo a Masnago, chiamata così perché nel giardino custodiva una statuetta della Vergine del Buon Consiglio, che era stata benedetta dal cardinal Ferrari in visita pastorale nella parrocchia masnaghese il 22 ottobre del 1899: oggi la statuina è collocata in una teca-edicola che si affaccia in via Piemonte. Breve: in una sera di chiacchiere il nostro disse che non avrebbe avuto nessun problema a mangiare un piatto di vermi crudi, anzi di “cagnotti”. “Vermi? Sì, vermi!”. La posta – ricordo bene – fu di cinquemila lire, che poi non era neanche una gran cifra. Oggi, se la rapportiamo a un salario mensile e al costo della vita di quegli anni, rappresenterebbe grosso modo centocinquanta, duecento euro.

Detto fatto. Morì un gatto, che venne sepolto nelle vicinanze del campo di bocce dell’osteria. Alcuni giorni dopo G.M. e gli altri scommettitori disseppellirono l’animale la cui carcassa era già invasa dai cagnotti. Lui prese qualche manciata di vermi bianchi, mobilissimi e voraci, li posò in un piatto e si mise a tavola, non prima di aver condito il tutto con sale, pepe, olio e aceto (molto aceto). Mangiò tranquillamente e avidamente. Con un solo particolare aggiuntivo: tra una forchettata e l’altra si scolò due fiaschi di rosso, più di tre litri di vino, passati gratuitamente dall’oste. Infine, il pagamento sull’unghia della cifra pattuita. G.M. tornò a casa un po’ ciondolante sulla sua vecchia bici e dormì profondamente – ovvero, così raccontò in seguito agli amici – come il principe di Condé alla vigilia della battaglia di Rocroi. Ma con cinquemila lire in più sul comodino.

Quelli – degli anni Cinquanta – erano tempi particolari. La guerra era finita da un decennio. Non erano tempi di vacche grasse, a quel che ricordo. Ma la differenza con l’oggi è che era diverso il rapporto tra la gente. Ci si voleva bene, in fondo. Anche se non si faceva parte dello stesso partito o compagine politica.

Ai nostri tempi permane la crisi, è stabile la situazione delle vacche magrissime. Ma ci si guarda un po’ tutti in cagnesco. E magari non si scommette più come una volta. O si scommette ancora per raggranellare qualcosa. Si deve pur mangiare qualcosa. Chissà.

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