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Apologie Paradossali

CONFUSI E FELICI?

COSTANTE PORTATADINO - 05/04/2013

Senza punto interrogativo era la trovata simpatica di due giovani sposi per dare nome, cognome (con Fusi) e aggettivo qualificativo al sito internet del loro matrimonio. Ma siamo sicuri che un po’ di confusione, almeno di elastica approssimazione non sia necessaria, a volte, per uscire da situazioni imbarazzanti, senza via d’uscita? Una felice soluzione non nasce talvolta proprio dall’abbandonare la chiarezza adamantina di posizioni prestabilite?

Provo a leggere in questo modo l’iniziativa del Presidente Napolitano di inventarsi i famosi saggi.

Sicuramente al Presidente non è sfuggito il fatto che le differenze insanabili tra i partiti non derivano dalla mancanza di chiarezza sui programmi istituzionali ed economici, argomento di cui dovrebbero occuparsi i saggi, ma proprio da un eccesso di chiarezza delle premesse politiche dei tre maggiori partiti. Semplificando: “Con quelli lì, mai!” o alla maniera di Jannacci “Vengo anch’io? No, tu no!”

Impossibile procedere, impossibile ritirarsi senza perdere la faccia, impossibile accettare un compromesso troppo oneroso; occorre dare una copertura alla ritirata strategica,  senza fare  un po’ di fumo come nelle antiche battaglie navali per nascondere al nemico la nave colpita. È proprio questo che deve produrre la saggezza dei saggi: nascondere il dialogo in un luogo riservato e  dare un tempo non frenetico per trovare il compromesso nobile, lontani dalla chiarezza adamantina delle dichiarazioni trancianti da campagna elettorale permanente. Prendere atto della parzialità della vittoria per il PD,  per gli altri partiti: elaborare il lutto della sconfitta, peggio: della vittoria sfiorata, per tutti:   trovare posizioni ragionevoli per collaborare.

Ho già sostenuto che il com-promesso è essenziale alla democrazia, oggi mi spingo ad affermare che anche un po’ di  con-fusione, intesa come fondere insieme la varietà di interessi e di valori, non solo è possibile, ma è necessaria.

Lo esigono la complessità della società, la fragilità delle condizioni del benessere economico, il rispetto per la diversità delle convinzioni e delle fedi, la necessità della comprensione dialogica. Si ponga mente al fatto che il linguaggio della politica è sostanzialmente il linguaggio comune, non ha nulla a che fare con il linguaggio formalizzato della matematica e delle scienze “esatte”, usa continuamente “trasgressioni” che vanno dalla metafora (es. “smacchiare il giaguaro”) all’insulto, perciò il significato non è mai univoco, dovrebbe tener conto della capacità di comprensione del destinatario.

Per riferirci a s. Tommaso, “tutto quello che è ricevuto, secondo la modalità del ricevente è ricevuto”, occorre perciò uno sforzo di immedesimazione nell’altro che, nel nostro caso, significa poter usare parole adatte a formulare un patto tra partiti che sia comprensibile ed accettabile anche ai rispettivi elettori, ai quali si è finora ammannita l’illusoria chiarezza del “mai con quelli lì”.

Il compito dei saggi consiste dunque nel dare un diverso e com-une linguaggio alle parti in causa, lo hanno già fatto sedendosi allo stesso tavolo, secondo la logica di un efficace linguaggio non verbale. Le proposte tecniche seguiranno, dal momento che su molte questioni concrete, depurate dei proclami elettorali, le distanze sono colmabili. La stessa durata dell’incarico non dipenderà dalla loro velocità di elaborazione, ma da quella dei partiti di spogliarsi delle armature di guerra e di “fondere le spade in aratri”.

Resta M5S. Di fatto non è seduto al tavolo. Dopo un primo momento di favore, ritorna a denunciare la con-fusione! O non aveva capito prima, o continua a non capire. Soprattutto non capisce che se si procede a colpi di slogan si può cominciare con un “tutti ladri meno noi”, ma si finisce inevitabilmente con “se indietreggio uccidetemi”. Fine della confusione, ma anche della felicità.

Qui mi fermo, perché l’apologia della confusione non deve diventare confusa. Il passo successivo, che lo spazio mi obbliga a rinviare alla prossima occasione, sarà l’apologia dell’infelicità (e dell’opposizione) con la viva speranza che esista o che sia imminente un confuso felice governo e una infelice coscienziosa opposizione.

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