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Attualità

L’INCONTRO DEL PAPA CON I MOVIMENTI

GIAMPAOLO COTTINI - 24/05/2013

L’incontro di Papa Francesco con i movimenti ecclesiali di tutto il mondo, alla vigilia della Pentecoste nel contesto dell’Anno della Fede, è stato un evento straordinario che costituisce un altro importante tassello dello stile di questo pontificato che non manca mai di sorprenderci. Riprendendo il cammino indicato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI nei due grandi raduni dei movimenti del 1998 e del 2006, in cui veniva tracciata una sorta di teologia dei movimenti tesa a legittimarne la presenza nella Chiesa nell’unità dell’elemento carismatico con l’aspetto istituzionale e a mostrare che le nuove aggregazioni sono opera dello Spirito Santo nella vita della Chiesa, l’incontro con Papa Francesco è stato soprattutto un momento di gioiosa consapevolezza della ricchezza di espressioni di fede presenti oggi, offrendo al Papa l’occasione per un richiamo sulla natura stessa del cristianesimo.

La fede è l’incontro con Cristo trasmesso a ciascun uomo attraverso la testimonianza dei credenti, ed è stato commovente sentire il racconto di Papa Francesco di come è avvenuta la sua conversione a seguito della confessione che egli visse con un sacerdote sconosciuto da lui incontrato per caso in una chiesa: sembrava che quel prete fosse lì solo per lui, come se Cristo da sempre lo avesse atteso. È la dinamica normale per diventare cristiani: la fede non si impara sui libri ma è l’esperienza della relazione con persone che ci testimoniano l’amore di Dio nella concretezza storica, e ciò mette in luce uno dei tratti caratteristici della comunicazione che Papa Bergoglio sta offrendo al mondo: la Chiesa non è fatta da cristiani “inamidati” che si trovano a discutere delle loro questioni interne, non è uno schema cristallizzato autoreferenziale; è una continua apertura alla novità che Dio crea nella storia e che ci raggiunge perché qualcuno getta un ponte verso di noi. L’importante è rimanere aperti, perché una Chiesa concentrata su se stessa in spirito di autodifesa non ha senso, anzi finisce ad ammalarsi e a perdere la propria originalità.

Significativo l’esempio di una stanza rimasta chiusa per troppo tempo che alla fine diventa soffocante, a meno che non si spalanchino le finestre per lasciare entrare l’aria e permettere che questa esca rinnovata e arricchita. La natura dei movimenti è proprio di avere introdotto una boccata d’aria fresca, imprevedibile perché generata dal carisma di un fondatore che ha reso più persuasiva la vita di fede come rapporto con Gesù. Non si tratta perciò di difendere la Chiesa come una struttura codificata, ma di lasciare spazio libero a quello che lo Spirito suscita; perciò merito delle aggregazioni ecclesiali e delle nuove comunità è di porre una novità dentro la società, suscitando il desiderio di corrispondenza tra l’umano e la persona di Cristo.

Il Papa ha testimoniato una suprema libertà nell’uscire dagli schemi che per molti anni hanno visto con sospetto la presenza dei nuovi movimenti, limitandosi al massimo a tollerarli come corpi estranei rispetto alla cosiddetta pastorale ordinaria, testimoniando che nella Chiesa non c’è spazio per l’estraneità, perché tutti siamo chiamati a partecipare alla nuova umanità che Cristo suscita in noi.

È dunque salutare il richiamo ad uscire da se stessi, dai propri schemi, da quanto si pretende di conoscere già e che si vorrebbe imporre come regola per tutti, incuranti della creatività con cui lo Spirito Santo pone segni di rinnovamento. Il richiamo ad uscire da se stessi per gettare ponti verso tutti è rivolto non solo ai movimenti, quasi fossero delle strutture ecclesiastiche specializzate nell’incontro con l’uomo d’oggi negli ambienti, ma è per tutti, come il Papa ha ricordato con semplicità disarmante raccontando anche le sue esperienze di sacerdote che cerca gli uomini soprattutto in quelle che ha definito le periferie dello spirito, ossia nelle situazioni e nelle condizioni apparentemente più distanti dalla presenza di Dio.

La Chiesa non può essere un luogo in cui difendersi dagli attacchi del mondo o in cui cercare tranquillità, ma deve lanciarsi con audacia verso tutti secondo la ricchezza e la pluralità dei carismi di cui i Movimenti sono espressione. E usando un linguaggio semplice ma incisivo, il Papa parla proprio a ciascuno, anche attraverso quelle prediche quotidiane della sua Messa del mattino a Casa Santa Marta, in cui non smette di dire anche espressioni molto forti, come il richiamo ai sacerdoti a non vivere come se fossero degli arrampicatori del potere ecclesiastico, o alle suore a non vivere la loro maternità come se fossero delle zitelle, o invitando i fedeli a non vivere la fede come una specie di spray con cui sacralizzare la vita. Ciò che vale è la forza dell’appartenenza a Gesù, affidandosi alla forza della preghiera che – ha ridetto il Papa – non è un profluvio di nostre parole e richieste a Dio, ma è proprio un lasciarsi guardare da Lui e così lasciarsi guidare verso la novità che Lui solo sa preparare per noi.

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