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Attualità

RAPPORTO ALLA PARI

LUISA OPRANDI - 28/06/2013

Continuiamo a chiamarla “la maturità”, sebbene la definizione sia desueta a livello istituzionale. E una ragione, più o meno conscia, credo esista.

Da un lato la prova di fine quinquennio di studi superiori ha un che di “iniziatico” e sta lì, con tutta la forza semantica di quell’antico nome, a dire che è un passaggio obbligato per sentirsi più grandi.

Proprio per questo, al di là del naturale timore e di certi spauracchi difficili a non ricomparire puntuali, la chiave di volta per affrontare l’esame è proprio nel salto di qualità per cui ciascuno studente può viverla più come una bella opportunità che non come una difficile prova.

Detto così sembra aria fritta, in realtà pensiamo ad esempio che al tradizionale tema è subentrato da diversi anni un testo di prima prova articolato su quattro tipologie, che spaziano dall’arte e letteratura, alla scienza e tecnologia, alla storia politica, alla socioeconomia, all’attualità.

Una prova che non si improvvisa, ma si prepara con pazienza sin dal primo anno consapevoli della necessità di fare proprie progressivamente le “competenze” di familiarità con la comunicazione e con un sapiente utilizzo di forme e registri adeguati al variare della specificità del testo da produrre.

Cosa che serve in realtà per la vita.

Ma soprattutto è importante che i giovani favoriscano il sedimentarsi. di una “cultura personale”, acquisita dentro e fuori dalla scuola. Una bella mostra d’arte visitata oggi diventa magari un riferimento accattivante che arricchisce il compito d’esame fra qualche anno. Un interesse specifico, di tipo scientifico, tecnologico, artistico, musicale, culturale, sportivo – anche e soprattutto se il corso di studi non lo prevede – può rivelarsi il tratto distintivo capace di dare un taglio personalissimo e unico del testo che si produrrà all’esame.

La differenza la fa proprio la saggezza con cui si riesce sapientemente e vivacemente ad amalgamare quel che è frutto della cultura scolastica con quanto è caratteristico della propria formazione individuale.

In fondo è questo lo spirito anche della possibilità di iniziare il colloquio con un argomento a scelta del candidato. Ai giovani è chiesto sostanzialmente di dare avvio alla prova orale quasi raccontando di sé, dei propri interessi, delle proprie esperienze culturali. Nel corso di tanti anni, da che è in vigore questa opzione, ho incontrato tanti ragazzi che hanno saputo galvanizzare i commissari con proposte semplici ma davvero in grado di fare respirare l’aria fresca dei loro gusti musicali o artistici, delle loro passioni per la tecnologia o la scienza, delle loro letture…Ricordo con grande entusiasmo studenti che hanno esordito al colloquio presentando “fumetti” che raccontavano fatti di storia contemporanea o di attualità, altri che si sono proposti con

dei “corti” vivacissimi, altri ancora che hanno messo la commissione di fronte alla bellezza di un romanzo che magari i prof prima di quel momento nemmeno conoscevano e che poi, stimolati dalla proposta, sono andati a leggersi, qualcuno ha invece recitato, suonato uno strumento, costruito il numero unico di un giornalino o si è rivelato inventore, archeologo, numismatico…

Vissuta con questo spirito forse anche la temuta “maturità” assume tratti più vicini alla normalità di vita di quanto non si possa pensare.

Tanto più che i docenti chiamati ad esaminare sanno bene che la prova scritta è un momento di comunicazione in cui gli studenti espongono opinioni e punti di vista, ragionano su temi vari a partire dalla loro esperienza e dalla specificità della generazione cui appartengono.

Così come sanno che il colloquio non è una interrogazione, altrimenti si chiamerebbe diversamente e che la normativa stessa invita a fare riferimento a tutte le discipline non per ricadere nella vetusta serie di domande e risposte degli esami di qualche decennio fa, bensì per offrire ai giovani la possibilità di attingere al proprio patrimonio di conoscenze e competenze per “ragionare assieme” agli adulti della commissione su un argomento proposto.

Si entra in un rapporto oserei dire quasi alla pari, tra candidati e commissari: i giovani guidano gli adulti dentro il proprio mondo e i docenti, a loro volta, in questo mondo accettano di entrare.

Quindi continuiamo pure a chiamarlo “esame di maturità”. perché è una prova di saggezza per tutti… Per i ragazzi e per noi adulti.

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