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Attualità

LA TRISTE FINE DI VILLA DANDOLO

ROSALBA FERRERO - 26/07/2013

La futura “Villa Dandolo”

Da decenni lungo via Medaglie d’Oro un’oasi di verde sterpaglia straripava da un decrepito muro di recinzione: al di là del quale si scorgeva un rudere ingrigito dai gas di scarico delle automobili incanalate verso il centro o verso l’autostrada nel flusso dell’anello circolatorio. Era necessario percorrere la via a piedi, in direzione ‘stazioni’ per rendersi conto che il ‘rudere’ era in realtà una dimora dal sapore ottocentesco, elegante, signorile che sembrava col suo grigiore sottolineare la volontà di distinguersi dagli anonimi palazzi adiacenti, frutto della scellerata ‘vis aedificandi’ che ha contraddistinto gli anni sessanta e settanta: casermoni multi-piano con profluvio di piastrelle sulle facciate e balconi in vetro, assolutamente lontani da canoni estetici presenti nel ‘rudere’ ma anche in palazzi più recenti come l’edificio progettato nella via adiacente dall’ingegner Mozzoni.

L’edificio, a pianta rettangolare, col lato più lungo si affacciava su di una via privata e solo col lato corto lungo la via principale, si intravedevano un terrazzo arricchito da vasi in pietra lungo la balaustra e archi disegnati sui muri perimetrali a contorno di ampi finestroni. Elegante, anonima misteriosa. Grigia. Pareva potesse uscirne la famiglia Addams da un momento all’altro. Non un’indicazione per chi si interrogava sul mistero del ‘rudere’.

Poi nel 2011 addirittura un incontro organizzato dal Ministero dei Beni culturali e l’International research center of local history dell’Università dell’Insubria per disvelarne la storia. E che storia: nato nel 1500 come Convento dell’Annunciata, convento di frati minori francescani, l’edificio conteneva una Chiesa e una Pinacoteca poi dispersa. Fu successivamente fu acquisito da Vincenzo Dandolo in fuga dall’austriaca Venezia e poi abitato dal di lui figlio Tullio, che lo elesse a residenza sua e della sua numerosa e composita famiglia allargata; pare che Tullio abbia ospitato per alcuni giorni nella magione anche Giacomo Leopardi, come lascia supporre uno scritto del Poeta alla sorella Paolina, contenente per altro un giudizio assai poco lusinghiero proprio su Tullio Dandolo.

L’edificio seguì le vicende della famiglia: dopo che Emilio ed Enrico Dandolo furono ghermiti dal Risorgimento, perse significato e interesse sinché divenne un decrepito rudere dimenticato. All’Insubria ci fu chi auspicò che si inserisse la ‘Villa Dandolo’ in un progetto volto a ‘recuperare con rigore storico i reperti più importanti …. – di Varese,.. – la città di ville’ ma l’auspicio di Andrea Spiriti è restato tale.

Non si è proceduto a inserire tale edificio in un Archivio delle costruzioni di pregio e valore artistico, come si è fatto ad esempio a Torino.

Nessuno si è preoccupato di salvare ‘il Convento dell’Annunciata’ con la sua storia: così è crollato il tetto e il degrado è diventato tale da… permettere all’edificio di risorgere sotto nuova veste: il luogo dell’antica villa, difficile e poco economico recuperarla con un restauro conservativo, sorgerà una nuova palazzina residenziale con ‘prestigiosi appartamenti’ e uffici in classe energetica ‘A’ – il top, ovviamente rispetto alle classi energetiche ‘F’ e ’G’ degli squallidi palazzi adiacenti, e poi negozi che arricchiranno il numero dei negozi sfitti in via Medaglie D’Oro…

Le ruspe hanno proceduto nel loro lavoro di demolizione cancellando ‘un’importante traccia del glorioso passato di Varese’, e contemporaneamente altre ruspe a un passo da noi nel Ticino procedevano alla demolizione della ‘Romantica’ di Melide, a quella di Villa Baroffio, di Villa Florida e delle ville Soldati a Lugano…

Lo sgomento per la distruzione delle due statue di Buddha a Bamiyan, in Afghanistan veniva dalla considerazione che ‘veniva cancellata la Storia’ ed avveniva in nome di un ideale religioso –discutibile -.

A Varese e in Ticino manca una motivazione così elevata, a meno che sia da considerarsi tale il vil ‘danè’

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