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Ambiente

IL CASTELLO IN ROVINA

ARTURO BORTOLUZZI - 06/09/2013

Preoccupato per i recenti crolli al Castello di Belforte ho nuovamente impugnato carta e penna e ho scritto al sindaco di Varese per richiedergli di promuovere iniziative allo scopo di salvaguardare quello che resta di un immobile che ha guardato alcuni momenti significativi del capoluogo.

Mi fa urlare di sdegno – ora – il comportamento comunale che a suo tempo ha preteso la donazione di una quota di maggioranza del Castello per poter intervenire a svolgere attività di piccola manutenzione, quando ancora lo stesso era abitato: c’erano il tetto, i soffitti e i pavimenti nonché una storica cucina funzionante.

In un convegno tenutosi alla sala Videoteca di Varese, per l’Amministrazione comunale di Varese era intervenuto l’assessore alla programmazione economica, l’avvocato Luigi Zanzi, che aveva spiegato come ogni intervento pubblico sul complesso dovesse essere subordinato alla sua acquisizione gratuita al patrimonio comunale (“I privati proprietari dovranno donare perché il Castello nelle condizioni in cui si trova attualmente rappresenta solo un disvalore”). In mancanza di una tale liberalità da parte dei proprietari, il Comune avrebbe dovuto conseguentemente assistere al suo crollo senza intervenire.

Se al contrario – aveva detto Zanzi – il Castello fosse divenuto di proprietà del Comune, ci sarebbero state ampie risorse per la sua valorizzazione, che però avrebbero potuto essere destinate a tale scopo solo su decisione del Consiglio comunale.

E ancora, s’era sostenuto, dietro anche pressante spinta dell’architetto Rinaldi, ispettore della Soprintendenza, l’assessore avrebbe sollecitato i colleghi direttamente competenti (Aimetti e Macchione) per avviare almeno un rilievo dell’edificio e una ricognizione delle opere più urgenti.

La donazione con tali garanzie espresse pubblicamente era stata fatta da molti dei proprietari del Castello e questa era stata accettata dal Comune di Varese. Perché tutto questo avvenisse, avevano operato sia gli Amici della Terra Varese sia Italia Nostra Varese.

Attendevo, una volta avvenuta e accettata la donazione, un pronto e risolutivo intervento del Comune perché il Castello potesse essere salvato e potesse così assolvere le funzioni di campo culturale utili per Belforte e per tutta la città. Volevo un Comune in prima linea finanziariamente e operativamente per assolvere un alto compito di civiltà. Ebbene, così non è stato. Il Castello, malgrado la pubblica proprietà, è crollato lentamente ma inesorabilmente.

Perché la donazione è stata accettata dal Comune se la Giunta non era intenzionata a intervenire per svolgere le piccole azioni necessarie per salvaguardare l’antico monumento?

La storia da lui osservata, la sua bellezza sono state cancellate nell’indifferenza del potere.

Addirittura in Consiglio comunale hanno proposto di mettere una bomba per cancellare definitivamente i resti del maniero.

Ma quella che non si può cancellare è proprio la storia cittadina che ha visto il castello come protagonista: a partire dalle guerre tra Como e Milano del 1117-1127, i soggiorni del Barbarossa fino alla Battaglia di Legnano del 1176, la decadenza correlata a quella del Feudo imperiale del Seprio, il tentativo di “valorizzazione” da parte della Famiglia Biumi nel ‘600, rimasto incompiuto, fino alla battaglia garibaldina del 1859.

Quasi trent’anni fa pubblicamente l’architetto Vito Zani, aveva anche a mezzo di diapositive integrate da un filmato di Rossella Bernasconi, evidenziato il pregio ed il grande interesse architettonico e storico dell’ala seicentesca rimasta incompiuta per il dissesto finanziario della famiglia Biumi, con diretti riferimenti all’opera del grande architetto milanese Francesco Maria Richini, in stridente contrasto con l’attuale degrado.

La storia e un pregio architettonico, dunque, meritano un intervento conservativo sia pure tardivo. Ora il grande intervento di manutenzione operato dal Comune è aver posto una rete esterna di protezione.

Non è avvenuta neppure una manutenzione del verde che è diventato una selva.

Il muro sulla strada manca di manutenzione e rischia sempre il crollo.

Ho chiesto alla Giunta comunale di prendere una volta per tutte una posizione chiara rispetto alle sorti del Castello, attraverso la istituzione di una apposita commissione comunale pubblico-privata e uno specifico incarico alla associazione Varese Europea di cui il Comune di Varese è socio.

La Giunta dovrebbe salvare il salvabile ed essere intraprendente come mai il Comune lo è stato.

Occorre guardare su scala intercomunale la possibilità di organizzare un sistema culturale che possa essere attuato. Occorre stabilire relazioni con l’archivio Genova della Fondazione Garibaldi e con il governo austriaco per poter stabilire il da farsi. Potrebbe essere sentita anche l’associazione dei castelli storici. Si potrebbe partecipare a bandi regionali, nazionali e comunitari. Commercianti, industriali, artigiani, ordini professionali e così via devono essere coinvolti e devono scegliere il da farsi.

Scrivo di intraprendenza. Questa è quanto è mancato fino a ora. Se vi fosse e se la conservazione del patrimonio storico della città fosse una priorità di questa Amministrazione comunale, allora certamente si potrebbero attuare delle opere di salvaguardia e di valorizzazione. Se questa continuasse a mancare, i crolli continueranno inesorabilmente a esserci finché del Castello non rimarrà nulla.

Ho anche chiesto al sindaco se il PGT di prossima approvazione avesse in animo di prevedere qualcosa. Nessuna informazione in tal senso.

Sembrandomi incredibile che una tale volontà non ci sia e che solo l’indifferenza e il disfattismo siano imperanti, ho chiesto un segnale chiaro.

Conto che la cultura che ha maturato il sindaco lo possa rendere un interlocutore attento e capace di superare il disinteresse dei colleghi di Giunta verso la conservazione di alcuni momenti che illustrano la storia di Varese.

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