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Editoriale

MODERNITÀ

CAMILLO MASSIMO FIORI - 18/10/2013

Beneficiato dal voto popolare il Movimento 5 Stelle, che è diventato il terzo polo in Parlamento, è un paradosso della modernità; è nato dalla disponibilità delle nuove tecnologie elettroniche e si presenta, grazie alle nuove modalità di comunicazione, come la migliore forma di democrazia diretta esistente in Europa. Ma è davvero così?

Democrazia diretta non lo è certamente perché i cittadini che accedono al Web sono una minoranza e gli eletti in Parlamento sono pur sempre gli eletti del Popolo, anzi del Popolo della Rete. La tecnologia è sicuramente moderna ma il modo autoritario con cui viene usata assomiglia allo stile tribale più che ad una comunità democratica; in democrazia ogni persona conta un voto ed anche la propaganda “grillina” afferma che “uno è uguale ad uno” ma nei fatti il movimento è governato da un “capo” che si chiama fuori dalle assemblee elettive, si rifiuta di dialogare, evita di farsi coinvolgere in questioni concrete, e tuttavia governa il gruppo con slogan intrisi di ovvietà ma imposti con un pugno di ferro. Si relaziona soltanto con un consigliere in funzione di “guru” e i due assomigliano maggiormente a degli sciamani delle società pre-moderne piuttosto che a leader contemporanei.

La critica e la protesta costituiscono i caratteri del movimento, ma affermare che dal caos derivante dalla scomparsa dell’attuale ceto dirigente possa nascere spontaneamente un ordine è una assurdità: dal niente nasce nulla.

Il Movimento 5 Stelle, a parte l’uso di Internet, non ha nulla di nuovo e di positivo da offrire alla politica italiana; il sarcasmo e l’improvvisazione possono far colpo sugli indifferenti e sui disperati ma con la improvvisazione e una linea faziosa non può nascere nulla di positivo.

Passi per la velenosa polemica contro il Capo dello Stato che invoca l’amnistia di fronte alla incapacità della politica a velocizzare la giustizia e a ridurre l’enorme affollamento delle carceri che non ha l’eguale in tutti gli altri Paesi civili rispettosi dei diritti umani, ma il suo veto al progetto del suo stesso gruppo parlamentare di eliminare il reato per gli immigrati che cercano di sfuggire alla fame, alla miseria, alla guerra, rischiando la morte, è contrario non solo ad ogni sentimento di umanità ma al semplice senso comune. Come si può condannare una persona che cerca di sopravvivere? E i salvatori che prestano soccorso sono anch’essi complici di un reato che non esiste in nessun altro Paese occidentale? Grillo dice apertamente che è contro gli immigrati perché l’immigrazione è impopolare, ma se non si risolve con l’abolizione del reato di clandestinità tanto meno si sana mettendo in galera chi si salva dai frequenti naufragi e comunque non si governa secondo le opportunità ma in base a criteri di giustizia..

Il problema è strutturale: dai Paesi del Mediterraneo e dall’immenso continente dell’Africa centinaia di migliaia di persone, sfidando condizioni indescrivibili e mettendosi nelle mani di mercanti di schiavi umani, affrontano la morte per afferrare una speranza di vita umana. Questo fenomeno non si può arrestare soltanto con strumenti repressivi; occorre la consapevolezza che siamo di fronte ad una migrazione epocale che deriva dall’abbandono di Paesi già colonizzati dagli europei e che ora sono sfruttati dall’economia capitalista globalizzata.

Occorrerebbe un’azione coordinata dei governi e delle autorità sovrannazionali per affrontare sul posto i molteplici aspetti del problema, non ultimo la mancanza di libertà. Invece prevale la “globalizzazione dell’indifferenza”, come l’ha chiamata papa Francesco, ma questa costituisce veramente una “vergogna” per la nostra civiltà occidentale.

Affrontare il problema non è facile ma neppure è impossibile; con il populismo dei “grillini” non si costruisce nulla ed anzi si inquina l’anima degli italiani, un tempo considerati “brava gente”.

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