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Cultura

CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE

LIVIO GHIRINGHELLI - 20/02/2014

Il Patriarcato Armeno a Gerusalemme, lungo la Via Dolorosa

Le Chiese cristiane d’Oriente, incluse quelle cattoliche che hanno accettato il primato del Papa, a differenza delle altre che godono di un’autonomia completa (autocefalia) e non rispondono a una giurisdizione superiore, bensì soggiacciono all’autorità dei rispettivi sinodi, sono rimaste ormai come una minoranza, più o meno esigua, all’interno della popolazione, impaurite da tante guerre e violenze subite da masse musulmane strumentalizzate, custodi di una spiritualità perduta, coscienti di dovere la continua erosione delle loro appartenenze anche ai rapporti con un Occidente ancora scarsamente interessato a un’efficace protezione delle loro singolari esperienze. Lo scandalo maggiore risiede altresì nel non essere stati i cristiani capaci di ottemperare all’estremo richiamo all’unità elevato da Cristo poche ore prima della sua passione e morte, quello all’unità, a essere una cosa sola “perché il mondo creda che Tu (Padre) mi hai mandato”.

I rapporti esterni sono poi peggiorati rispetto al tempo delle dittature (si vedano i casi

di Hosni Mubarat e prima di Saddam Hussein), che, pur violente, costituivano un argine al potenziarsi dell’islamizzazione (ma il mondo musulmano stesso soffre di una grave crisi di identità). La presa di coscienza da parte del popolo contro i dittatori non ha portato allo sviluppo di una maggiore libertà, ma verso la destabilizzazione. Onde il compito eroico per i cristiani di propagandare il pieno riconoscimento dei diritti di cittadinanza e un’autentica democrazia, non chiudendosi nelle varie comunità (cosa ben difficile in tempi di persecuzione) o limitandosi a rimpiangere la sostanziale convivenza del passato. Amara è certo la constatazione che la religione più diffusa del pianeta risulti quasi estirpata dal e dai luoghi d’origine.

Rivolgendo lo sguardo in termini retrospettivi si consideri ad esempio che mentre in Turchia nel 1914 il 20% della popolazione era cristiana, oggi la percentuale si è ridotta allo 0,2 %. Prima della rivoluzione islamica in Iran (cioè nel 1978) su 40 milioni di persone 8 erano cristiane ; ora sono 60.000 su 70 milioni. Il Libano non è il paese della convivenza religiosa, spesso ci si chiude nei ghetti, ma su 4.500.000 abitanti i cristiani ammontano a poco più di un terzo (mentre al Sud si attestano gli sciiti, al Nord i sunniti, sulle alture dello Chouf i drusi, sul Monte Libano rimangono i cristiani ). La popolazione palestinese cristiana non supera il 4 %.

L’Armenia, la prima nazione ad abbracciare il Cristianesimo (conversione del re Tiridate III nel 301, dopo la predicazione apostolica dei due discepoli di Cristo, Taddeo e Bartolomeo) ha conquistato l’autocefalia nel IV secolo, ha rifiutato il nestorianesimo e conosciuto nel 451 il suo battesimo di sangue nello scontro con i Persiani, che volevano convertirla allo zoroastrismo; da quel momento il connubio tra religione e sentire nazionale è sempre stato fortemente avvertito. La residenza del katholicòs è a Etchmiadzin presso Yerevan e dopo il genocidio perpetrato dai Turchi nel 1915-1916 l’Armenia ha conosciuto una diaspora di rilievo, registrando oggi 6 milioni di fedeli, di cui la metà all’estero. Il patriarcato armeno cattolico, oggi forte di 400.000 aderenti, è entrato in piena comunione con Roma nel corso del XVIII secolo (1742) e ha sede a Beirut.

La Chiesasiriaca orientale o caldea si caratterizza come nestoriana (la sua teologia spezza l’unità dell’uomo-Dio) e registra 173.000 fedeli; per la parte cattolica (la separazione si è verificata con l’ordinazione nel 1553 del primo Patriarca di Babilonia dei caldei (con sede a Baghdad ) da parte di Giulio III) si annovera la presenza di circa 130.000 fedeli; liturgia in aramaico.

La maronita, cattolica, è l’unica a non avere una gemella ortodossa concorrente e a essere rimasta sempre in comunione con Roma; nata in ambito monastico da San Marone, vissuto non lontano da Antiochia e morto nei primi anni del V secolo, vede il suo Patriarca a Beirut e ha la sua liturgia in arabo; annovera 3,2 milioni di fedeli.

La Chiesamelchita, con derivazione antiochena, risale al periodo immediatamente successivo al Concilio di Calcedonia (451), è stata antiiconoclasta e sostenitrice del Filioque (processione dello Spirito dal Padre, ma attraverso il Figlio). Con lo scisma del 1724 dall’invadenza costantinopolitana si ha la creazione della Chiesa greco-melkita cattolica, avversa però a tutti i tentativi di latinizzazione forzata. I cattolici di questo rito, celebrato in lingua araba, risultano circa 1.350.000. Patriarcato a Damasco.

La Chiesacopta èla Chiesacristiana d’Egitto, erede dell’antica liturgia detta di Marco. Fece la comparsa ufficiale solo alla fine del II secolo, si distingue col Didaskaleion (tra i celebri maestri Panteno, Clemente Alessandrino e soprattutto Origene), si segnala nei IV secolo per il fenomeno monastico e con Atanasio brilla nella lotta contro l’arianesimo; afferma i suoi diritti rispetto ad Antiochia e soprattutto nei confronti di Costantinopoli; subisce quindi un ripiegamento sotto la dominazione musulmana; fallisce nel Concilio di Firenze la riunione con Roma in quanto la intende come un ricongiungimento tra partner uguali. A capo dei copti , che risultano consistere in otto milioni circa di aderenti, sta il Patriarca di Alessandria, che risiede al Cairo dall’XI secolo. I coptocattolici muovono i primi passi nel XVIII secolo, si rifondano nel 1895 dopo l’istituzione di un loro Patriarcato nell’agosto del 1824 e attualmente risultano essere 265.000.

Si dovrebbe concludere conla Chiesaetiope, autocefala e monofisita, e quella giacobitica, suddivisa in siro occidentale e siromalabarica, che si raccoglie in India. La prima, col Patriarcato ad Antiochia, registra 1.600.000 fedeli. I malabaresi cattolici ammontano a 3.758.000, i malankaresi cattolici a 408.000.

Oggila Chiesadi Roma guarda con spirito di grande ammirazione e positività le esperienze dell’Oriente cristiano, anche separato, per il loro modo originale di intendere il rapporto con il Salvatore; sulla via della pace e dell’attività diplomatica di sostegno vanno ricostruiti i ponti, riscoperti momenti di unità e di fraternità, riconquistata loro la fiducia in un domani senza incubi. L’odierna è una prova terribile da superare insieme, comunitariamente.

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