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Cultura

LUCE DENTRO

LIVIO GHIRINGHELLI - 19/04/2024

siddhartaSiddharta Gautama nasce probabilmente nel 563 a.C. a Kapilavastu in una regione himalayana tra Nepal meridionale e l’estremo Nord dell’India. Oltre al patronimico di Gautama riceve il titolo di principe Siddharta (colui che ha raggiunto il suo scopo). Il padre è un ricco proprietario terriero, posto a capo di una comunità retta da aristocratici sakya (i potenti), clan ario di casta guerriera. Sua madre Maya muore sette giorni dopo averlo dato alla luce, se ne prende cura la zia materna, che poi andrà sposa al padre.

Grazie a un’educazione adeguata al suo rango riceve quelle nozioni di legislazione e amministrazione che gli saranno poi utili al momento di fondare gli ordini monastici. A sedici anni sposa la cugina Yasodhara: il figlio che nascerà dall’unione sarà chiamato Rahula (legame). Siddharta Gautama continua a vivere nel lusso della vita di corte, ma comincia a riflettere sulla vanità della sua condizione al cospetto di una umanità sofferente. Si imbatte in un vecchio sofferente, in un ammalato, infine in un morto. La svolta definitiva con un eremita gli fa abbandonare agi e lusso, lascia palazzo e affetti, si rade il capo, indossa la veste gialla dell’asceta itinerante.

A 29 anni va verso l’illuminazione. Dopo un anno sotto la guida di due eremiti brahmani e maestri di yoga si reca insoddisfatto da cinque grandi asceti e con loro intraprende una rigidissima ascesi, in cui per sei anni si nutre solo di un chicco di riso o di sesamo al giorno, sino allo stremo delle forze. Decide allora di seguire una via intermedia fra godimenti sfrenati e rinuncia totale alla vita. Ormai trentacinquenne si ferma sotto un albero di fico sulla sponda del ruscello Nerajara, siede nella posizione cosiddetta del loto, a gambe incrociate rivolto verso oriente. In profondo stato di meditazione attraversa i quattro stadi dell’illuminazione: concentrazione, lievità dell’animo, abbandono, imperturbabilità assoluta, senza gioia o dolore. Al termine una triplice visione. Nella prima comprende che il ciclo delle rinascite è infinito, nella seconda visione notturna vede la condizione attuale del mondo (salite a mondi luminosi o discese in abissi profondi), nella terza, all’alba, che il dolore deriva da questa incessante concatenazione di causa ed effetto. Questa è la verità fondamentale: non può esservi esistenza senza dolore, ma, eliminando il desiderio si elimina anche il dolore.

Le quattro verità saranno rivelate nel celebre sermone di Benares. Siddharta ha raggiunto la bodhi (illuminazione), ha attinto allo stadio del nirvana; ma il tentatore Mara lo induce a suicidarsi per raggiungere ll paranirvana. Resiste alla tentazione per rivelare al mondo la grande esperienza di liberazione. A Sarnath pronuncia il primo sermone, insegna inoltre la via di mezzo e l’equilibrio tra gli estremi (è il discorso sulla messa in moto della ruota della legge). Annuncia ai cinque asceti un tempo suoi maestri di non esitare a concedere loro i voti monastici: vede la luce il terzo gioiello del buddhismo, la comunità dei monaci (la sangha, letteralmente assemblea).

Numerose le conversioni, ma cresce anche il numero dei seguaci laici, tra cui sovrani e monarchi. C’è l’invito a diffondere la nuova dottrina. Tra i novizi il grande erudito Ananda, il prediletto, il fratellastro Upali, primo maestro delle regole dell’ordine, Rahula, unico figlio del Buddha e Devadatta suo cugino.

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