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Opinioni

MANIFESTO FAMIGLIARE

MASSIMO CRESPI - 16/05/2014

Se diciamo che crediamo nel misticismo della caccia alle farfalle notturne e contemporaneamente nel materialismo della coscienza globalizzante è chiaro che non ci facciamo capire. E allo stesso modo se diciamo che siamo di destra, di sinistra, al centro ma non sempre, e con la Chiesa se è di papa Francesco, con lo Stato se cambia… Non c’è più spazio per definizioni che riferiscano che cosa si rappresenta, che finiscano coll’ismo o coll’esimo, che classifichino la fissità di chi invece si muove e piuttosto male; e siamo noi di Comunità famigliare. Questo tempo si muove ed è il tempo del chi, non del cosa rappresenta ciascuno di noi. L’uomo rappresenta, di nuovo, la propria sete di umanesimo; non è più la cosa a venire posta all’attenzione, bensì la vita che si muove, si sposta, muta, va compresa.

Ma… voi dove state, cosa credete?

Dire che le definizioni politiche propinateci quotidianamente, nonostante la vecchiezza da secolo scorso, sono oltrepassate e non darne di nuove, non è corretto. Qualcuno si sbilancia chiedendo se si sta coi poveri, coi ricchi, con chi sta bene e vuole stare meglio o con chi sta male e rischia di stare peggio. Ci piace maggiormente sentir parlare di persone piuttosto che di supposti valori di riferimento o di idee che non rappresentano nessuno tranne parzialmente le teste corrotte di qualcuno che spesso non sa quel che dice.

Riconosciamo che è tempo (da molto tempo) di categorizzare le persone non più per l’ideologia posseduta, ma per la consapevolezza di ciò che sta passando loro di fronte. Che ce ne facciamo di sapere che ci sono degli estremisti, dei fascisti, dei neonazisti intorno o dentro di noi, se non sappiamo se ci credono davvero, se sono contenti, se stanno bene e vivono con dignità? Allo stesso modo per degli insurrezionalisti, dei black-bloc, dei no-tav; dei grillini, dei renziani, degli autonomisti, serenissimi, serissimi: sono coscienti del loro stato? Noi vogliamo fronteggiare sistemandole molte cose perché tutti vivano senza venire schiacciati nel loro corpo, nella personalità; perché tutti vivano ben sapendo cosa accade. Per primi dobbiamo renderci consapevoli del grado di benessere vissuto, del tenore di felicità, della dignità di ciascuno.

Non categorizziamo le persone per le ideologie e neppure per il ceto o per la casta. Non ci importa tanto del 10% della popolazione che detiene il 50% della ricchezza nazionale, quanto del 90% della gente che non vive dignitosamente la propria esistenza, dei soli, dei maltrattati, degli ignorati; schiacciati dal prossimo, dalle politiche del prossimo, dai disegni di pochi idioti che decidono dentro le stanze, le case e i territori di tutti noi. Ci importa della gente che non sa cosa sia la giustizia, la libertà; neanche la pace e la fratellanza.

L’oppressione delle coscienze che genera dolore è nuovamente la schiavitù che ci condiziona maggiormente; stavolta ad opera di folli nostrani, paesani…

La politica muta continuamente: che senso ha bloccarla, incasellarla, categorizzarla ancora geograficamente? Già non si spiega così com’è, ridotta a schemi vuoti, incomprensibili, parziali. Ma li sentite parlare quei soggetti incravattati nei talk-show (vecchiume mediatico, che però tira ancora gli intontiti, i non vedenti, gli sciocchi)? Sono lustratori di vetrine di professione e incantatori di coscienze (loro sono i serpenti).

La nostra politica, senza nome, si trova questo obiettivo: rappresentare chi non è pienamente uomo, donna, bimbo, nonno o parente di chi vuol somigliare a Dio, senza farcela. Come dovremmo definirci, schierarci? Siccome crediamo nella superiorità della razza umana, nell’anima degli individui, forse dovremmo definirci conservatori? Tuttavia non vogliamo conservare ciò che non ci appartiene più. Siccome siamo chiamati dalla sofferenza, dal disagio, dagli squilibri sociali, forse dovremmo definirci democratici, socialdemocratici? Tuttavia non siamo semplicemente missionari. Forse perché ci circondiamo volentieri della natura manifestata da varie forme e bellezze dovremmo definirci naturisti, rischiando di venirne spogliati, impoveriti? Il nostro metodo resta sempre la condivisione. La condivisione ci è essenziale e l’unica salvezza a portata di mano. Questo vogliamo fare e farlo bene, possibilmente: beni, risorse, esperienze, sentimenti, pensieri; condivisi.

La famiglia (da faama: casa) che proponiamo come Comunità famigliare è il luogo del legame, del sangue e dell’affetto, del fuoco, del calore che non è mai lo stesso, scorre, cambia forma, resta causa del mantenimento, della crescita comune. La famiglia cresce e fa politica per mantenersi scegliendo che fare e con chi fare. È la politica che deve ritrovarsi in casa, nella sua casa comune, e mai il contrario.

Se volessimo fare politica adesso ci impiegheremmo negli slogan, nelle convention dove presenteremmo le nostre liste: Città Famigliare, per le elezioni amministrative, Lombardia famigliare, per le regionali, Società famigliare per le politiche e Civiltà famigliare per le Europee. Ma adesso vogliamo fare Comunità.

Ma… voi dove state? Dove cercate? Nei paesi nordici, il sud del mondo… l’Est asiatico, l’Ovest americano… Quel che cerchiamo forse è qui; da tanto tempo.

 

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