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Apologie Paradossali

FAR PACE CON I NEMICI

COSTANTE PORTATADINO - 26/09/2014

referendum“Mi vuoi dare questa soddisfazione, di sapere come la pensi veramente sul referendum per l’indipendenza della Scozia? Da anni mi fai una testa così con Wallace, Maria Stuarda, Giacomo III, Stevenson, le tombe di re scozzesi sull’isola di Iona, Mel Gibson e Sean Connery… però avete perso. Ma non è questo che m’importa. Vorrei piuttosto capire come si applica a questa faccenda che tu dici straordinariamente importante, assolutamente straordinaria di un referendum per l’indipendenza di un popolo, (ma quando mai?). Ma quando c’è stato qualcosa di simile che non fosse un plebiscito ultrascontato a sanzionare già ottenuto con le armi, quelle vere o quelle della politica?”.

Sebastiano Conformi mi martella da una settimana, da quando ho evitato la di commentare il referendum prima di conoscerne il risultato, essendo egli sicuro della vittoria del no e della necessità di questa vittoria per il futuro dell’ Europa. Il tema che gli sta a cuore veramente non è la Scozia, ma l’orizzontale contro il verticale (lo schema beffardo con cui ha ridotto a caricature le mie ultime due apologie) e, sospetto, il potenziale divisivo delle religioni, come sommessamente suggerito da un accenno da me correttamente riportato nell’Apologia della settimana scorsa. Quello che oggi lo tormenta è non riuscire a conciliare il sentimento di unità nazionale della Scozia, una tensione “orizzontale” reale con l’auspicata unità europea, una tensione “orizzontale” più sognata che effettiva in passato e oggi apertamente in crisi.

“Ti sei fatto troppo impressionare dall’articolo di Enrico Letta sul Corriere, – rispondo – che paventava sciagure pazzesche sull’Europa in caso di vittoria secessionista: Scozia fuori dall’Europa per sempre, ribellioni in Catalogna e nei Paesi Baschi, richieste di referendum secessionisti per ogni dove, indebolimento delle coesioni nazionali… Al contrario, l’errore sta nella costituzione europea che colloca automaticamente fuori dall’Unione lo Stato sorto da una secessione, ma con questo contraddice la propria vocazione federalista e si preclude una evoluzione in tale direzione.

Se si garantisce il centralismo degli stati nazionali come risultano dal lungo travaglio delle guerre moderne per la supremazia economica in Europa, in particolare le due ultime, difficilmente si supereranno gli egoismi “nazionali”, anche quando nello stesso stato “nazionale” le nazioni, intese come convergenza di lingua, di tradizioni e anche di interessi, sono più di una. Diversamente dai timori di Letta, penso che una vittoria secessionista avrebbe obbligato l’Europa a rivedere il suo statuto e aiutato gli stati membri con problemi di plurinazionalità ad articolare meglio le proprie autonomie”.

“Insisto che bisogna mettere da parte ciò che divide, – replica Conformi – altrimenti si finisce fanatici, jihadisti persino, in nome della nazione, del colore della pelle, della lingua o della religione. Guarda che cosa sta succedendo oggi nell’africa sahariana, ben lontano dalla Siria e dal Califfato: è un contagio che non procede per legami di vicinato e nemmeno per interessi materiali: è un contagio che avviene per canali “verticali”, non per vicinanza fisica, ma per convergenze ideali. Perfino dall’Europa arrivano combattenti jihadisti che non hanno nessun interesse comune con gli insorti siriani o iracheni. Questo è il risultato dell’aver accentuato le identità, in particolare quelle religiose, invece di cercare i punti comuni”.

“Mi oppongo a questa semplificazione, anche se occorre riconoscere che in passato ci sono state guerre “di religione”, che però di religioso avevano ben poco, ma avevano come scopo il potere, come tutte le altre guerre. Ti basti pensare che le famose guerre di religione del Cinque-seicento erano di fatto combattute da eserciti mercenari, i cui componenti dal comandante all’ultimo carrettiere avevano ben altri pensieri che il trionfo della religione”.

“Ma l’Islam…”

“Aspetta, voglio riferire quello che ho appena imparato da un professore dell’Università di Beirut, un gesuita, studioso dell’Islam. Noi sentiamo tanto parlare di Sharia, di legge islamica e facciamo conto che sia una specie di applicazione diretta del Corano, una specie di diritto divino. Invece non esiste una Sharia, come se fosse un codice da applicare, ma questa è solo una interpretazione tradizionale, una giurisprudenza, per dirla con un termine occidentale, che poi il potere politico applica come vuole, o come può, nel caso debba pagare uno scotto agli Imam per potersi sostenere. Ma questo non è il Corano, è una sua estensione ideologica. È solo risalendo verso l’alto che potremo trovare punti di convergenza e ragioni di rispetto reciproco, di stima e persino di amore al destino dell’altro. Poi, guardando verso il basso, potremo scoprire nelle “periferie del mondo” tanto di quel bisogno, tanta di quella umanità sofferente da far impallidire chi pensa solo ai nostri problemini di Pil e di spread o agli interessi corporativi, o ai conflitti nazionalistici, se non peggio. Ma ti faccio un altro esempio: ho letto per caso sull’Osservatore Romano che il Vaticano si preoccupa del diffondersi in India di conversioni dal cattolicesimo all’induismo, una forma di ritorno al passato tradizionale, forse un’attrazione per l’unità nazionale, per un legame orizzontale, come lo chiameresti tu. Mi sono meravigliato, perché pensavo che l’accettazione di alcuni costumi occidentali, effetto della globalizzazione, rimuovesse certi ostacoli all’accettazione di una religione non autoctona. Invece anche lì la pressione orizzontale è molto forte. Dunque, immagino, si tratterà anche qui di dare un messaggio religioso più puro, più profondo, piuttosto che di moltiplicare strutture sociali e organizzative”.

“La conclusione la tiro io – Conformi non molla mai – se è vero che la terza guerra mondiale è già cominciata e va avanti a frammenti, lo afferma papa Francesco, mica io, il paradosso è che non sappiamo contro chi la stiamo combattendo, né perché, né con quali armi. Il massimo dei paradossi, questa volta lo dico io, è che il modo migliore di combatterla è di fare pace con i “nemici”, ma non i più vicini, come imporrebbe la strategia, non con quelli più disposti al compromesso, ma con quelli che vogliono andare più a fondo, meglio, più in alto, nella conoscenza del mistero umano”.

Una volta tanto sono d’accordo con Sebastiano e sicuramente lo sarà anche Onirio.

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