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Apologie Paradossali

GUERRA O PACE?

COSTANTE PORTATADINO - 19/02/2015

Questa volta sono io a mettere alle strette i miei amici Onirio Desti e Sebastiano Conformi.

“Pace!, lo ha detto anche il Papa.” Scatta prontissimo Onirio.

“Sarebbe bello, caro il mio sognatore ad occhi aperti. Il Papa non può che dire così; non ti devo spiegare le ragioni, ma purtroppo non è possibile, perché la pace bisogna essere in due a volerla, per la guerra basta uno solo. Il pacifismo può condurti alla sconfitta anche senza combattere, basta arrendersi. Ce lo ha ricordato Galli Della Loggia, sul Corriere, qualche giorno fa.”

 Sebastiano è determinato, come sempre. Onirio sta per inalberarsi.

“Ma ragazzi – cerco di condurre il discorso – non schieratevi subito su parti avverse, come se foste già in guerra anche voi, vediamo di capire l’assunto di GDL. Per vostra comodità, ve lo riporto: Gli europei sono incapaci di pensare alla loro sicurezza innanzi tutto perché sono ormai incapaci di pensare alla guerra. Di pensare concettualmente la guerra. Di convincersi cioè che quando in una situazione di crisi una delle due parti appare decisa per segni indubitabili a usare la violenza, c’è un solo modo di fermarla: minacciare di usare una violenza contraria. E quando è inevitabile, usarla. Da settant’anni questa elementare verità all’Europa di Bruxelles ripugna. Non a caso tutto il suo establishment politico-culturale ha appena potuto permettersi di ricordare il centesimo anniversario della Grande guerra solo a patto di farne propria l’antica qualifica papale di «inutile strage». Inutile dunque l’indipendenza della Polonia, dell’Ungheria o dei Paesi baltici che scaturì da quel conflitto. E perché? In che senso, da quale punto di vista? Inutile pure il risveglio politico di tutto il mondo islamico in seguito al crollo dell’impero ottomano: ma chi può dirlo? Così come inutile, naturalmente, nel suo piccolo, anche il ritorno all’Italia di Trento e Trieste, non si capisce in base a quale criterio.

“Ammetto –riprendo – che sul primo colpo il discorso mi è sembrato corretto. Respingere la violenza, sia pure con la minaccia di una pari resistenza è non solo legittimo, ma doveroso. Poi, riflettendo meglio, quel richiamo in negativo all’inutile strage come ‘antica qualifica papale’ mi è sembrato ‘inutilmente’ derisorio. E ancora più sbagliato quel richiamo all’utilità dell’indipendenza di Polonia eccetera. Rimettiamo le cose a posto. Benedetto XV usò quella espressione in una lettera ai governanti del 1 agosto 1917, dopo tre anni di vera strage, tra popoli che avrebbero dovuto essere accomunati dal nome di cristiani, dei quali il Papa si sentiva a pari titolo padre spirituale. GDL sembra voler trascurare qualche altra dubbia ‘utilità’di quella guerra: il crollo dell’impero russo e la nascita dell’Unione Sovietica, il protrarsi di uno spirito di vendetta che diede origine alla seconda, magari a partire proprio dalle ‘utili’ conquiste della prima: la questione dei Sudeti per la Cecoslovacchia e quella di Danzica per la Polonia.”

“Ecco, come al solito fai il professore, preferisci la lezione dei libri, che arriva sempre troppo tardi, a quella della realtà. Oggi bisogna decidere. Forse che nel ‘14 non si dovette decidere se abbandonare la Serbia e nel ‘39 la Polonia? E non fu una vigliaccheria, oltre che un tragico errore, aver ceduto i Sudeti a Hitler nel ‘38, quando poteva essere fermato? La minaccia odierna è reale, anche se usa mezzi diversi, i kamikaze al posto dei panzer e degli Stukas; anzi, il terrorismo colpisce al cuore la gente comune, la popolazione inerme, come e peggio dei bombardamenti aerei della seconda guerra, senza nemmeno una sirena per avvertirti e un rifugio dove fuggire.”

“Fate dire qualcosa anche a me – con tutta la sua tipica mitezza, Onirio ha ascoltato pazientemente, ma adesso non si trattiene – proprio la natura diversa della minaccia ci deve indurre ad una diversa resistenza, magari più difficile, forse più eroica. Una guerra potrebbe alimentare il terrorismo, anziché spegnerlo; il fronte non sarebbe in Libia o in Siria, ma nelle nostre strade, nelle scuole e nei negozi, nei cinema e sui treni, ai Parioli come al Testaccio, al Quartiere degli Olmi come a Quarto Oggiaro, a Gerenzano come a Sanremo, mica solo a Parigi o a Copenhagen o in Nigeria. Quindi è una lotta pacifica, quella che va cominciata da subito, la pace come rispetto reciproco, che è il contrario del relativismo, del pacifismo, della resa. È una battaglia culturale, che comincia dalle scuole, dalle chiese e dalle moschee, certo, anche dalle moschee, perché senza un Islam pacificato nessuna guerra potrà dirsi vinta”.

“Già! Ci vuole anche questo – Conformi sembra fare mezzo passo indietro, ma non demorde – e che mi dici di Putin? Quello fa con l’Ucraina come H. coi Sudeti! E qui, che battaglia culturale vuoi fare? Ci sono solo interessi economici in gioco, nemmeno quelli della Russia, ma solo di pugno di oligarchi, come prima, del resto. La verità è che tutti costoro la guerra, la fanno con i nostri soldi! Con il petrolio e il gas strapagati dieci volte il costo di estrazione e di trasporto. Anche questa è una guerra, che stiamo perdendo da sessant’anni.”

“Giusto! Ci vuole la decrescita. La decrescita felice!” Onirio s’illumina, Sebastiano, inviperito, s’infiamma, la discussione potrebbe finir male, meglio interrompere. Come la penso io? Meglio parlarne un’altra volta.

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