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Attualità

BELFORTE/3 IL VERO RESTAURO? DIGITALE

ARTURO BORTOLUZZI - 17/04/2015

restauroNon posso che concordare con quello che ha scritto la settimana scorsa l’architetto Ovidio Cazzola su queste pagine. Abbiamo noi due, con molti altri, organizzato con passione il convegno riguardo il Castello di Belforte per lanciare un segnale chiaro in previsione delle prossime elezioni amministrative: “Non lasciamo che una memoria della città abbia a scomparire completamente”.

Al convegno ha partecipato sia nella sessione mattutina che in quella pomeridiana un folto pubblico.

Come è stato detto da Ranuccio Bianchi Bandinelli già Direttore generale delle Antichità alla fine della guerra: “Il restauro delle costruzioni artistiche non è solamente una questione di danaro, ma rappresenta tutto un delicato problema di valutazione e di sensibilità storica e estetica. Una costruzione memoria del passato, malgrado la sua caduta, deve essere conservata per poter stupire ed emozionare il suo pubblico, allo stesso modo in cui l’aveva fatto quando era in piedi e stabile. La sua stabilizzazione, la ricostruzione della sua integrità visuale ( il che significa della complessità del tempo storico), dovrebbe essere l’obiettivo primario del restauro di una rovina. Occorre tramandare la maestria e l’estro di una pluralità di artigiani che avevano partecipato alla creazione del Castello di Belforte perché questo avesse la capacità di illustrare al prossimo l’alto valore e la potenza ma anche la sensibilità artistica del suo proprietario”. Sensibilità e autorità dimostrate nella storia di Varese del 1200 e 1300 evidenziate con l’autorevolezza di scritture autorevoli delle relazioni di Alfredo Lucioni e di Davide Cassinelli.

Certamente è stato importante durante il convegno ricordare quanto è capitato in passato tra una porzione della società civile varesina e gli amministratori del Comune di Varese all’inizio degli anni 90 quando il Castello era ancora in piedi e parzialmente abitato.

Amici della Terra Varese e Italia Nostra Varese si erano dati da fare perché il castello fosse donato al Comune di Varese (mossi a farlo da un ex Assessore del Comune di Varese che aveva ricordato come l’ente pubblico avrebbero potuto agire solo a vantaggio di un bene pubblico. Fatto che se si fosse avverato, avrebbe consentito un intervento comunale subitaneo).

Soprattutto in base a questa promessa, è avvenuta la donazione della maggioranza delle quote di proprietà del Castello al Comune di Varese. Donazione da questo accettata.

In questo momento assolutamente aureo, segnaliamo che per delibera della Giunta comunale di Varese nella quale era Assessore alla Cultura il Professore Giuseppe Armocida (che ha partecipato al convegno dell’11 aprile quale presidente della sessione mattutina), di Amici della Terra Varese e Italia Nostra Varese è stata riconosciuta l’opera positiva per il Castello. Dietro nostra proposta il Sindaco Fumagalli aveva portato a compimento quanto iniziato dal già Assessore all’Urbanistica del Comune di Varese Giuseppe Bonomi, perché l’Ipermercato si interessasse del recupero del Castello sotto la vigilanza dell’Architetto Cazzola.

Si realizzò quindi un primo tetto che ha salvato un’ala del maniero. Il Sindaco Fumagalli perse poi il mordente dimostrato in precedenza. Intanto l’assessore Armocida, per ragioni proprie si era dimesso da Assessore alla Cultura.

Stante la assoluta mancanza di un referente politico per la salvaguardia del Castello di Belforte, questo prima è divenuto ostello per gli immigrati e oggetto di continui furti. Poi è crollato fino a giungere nella situazione in cui si trova oggi.

Tutti i relatori al convegno hanno invitato il Comune di Varese a recuperare le quote di minoranza del Castello di Belforte, dallo stesso non acquisite, onde permettere una sua completa stabilizzazione. Si potranno così evitare nuovi crolli con l’interessamento magari della pubblica e trafficata strada che corre al di sotto dello stesso.

In considerazione dell’attenzione rinnovata espressa dall’attuale Assessore alla Cultura ho riassunto del convegno una serie di proposte non realizzate dal Comune in passato ma che spero possano esserlo in futuro:

  1. Attivazione di un Parco locale di interesse sovraccomunale del torrente Vellone che prima di gettarsi nell’ Olona scorre presso i Castelli di Masnago e di Belforte. Il recupero del Castello passa necessariamente dalla tutela dei luoghi ad esso circostanti tra cui il fiume, fonte del commerci e dell’economia che il castello sopra intendeva.
  2. Attivazione, in considerazione dei temi di Expo, di un dialogo con il Comune di Busto Arsizio che è proprietario di Cascine storiche quali la Burattana o altre, perché possa nascere una coltivazione di prodotti tipici varesini nelle aree queste costruzioni storiche votate tutte le attualmente alla agricoltura.
  3. Incontri per addivenire ad un gemellaggio di Varese con le città della Germania in cui ha vissuto Federico Barbarossa che, come risulta dai documenti storici, aveva soggiornato presso il Castello di Belforte. Altri incontri per arrivare ad un gemellaggio di Varese con le città austriache da cui provenivano i militari sconfitti dalle truppe garibaldine che avevano partecipato alla battaglia di Varese.
  4. Uso delle tecnologie digitali: valorizzazione e promozione del Castello di Belforte non attraverso una sua ristrutturazione ormai ahimè proibitiva per i suoi costi, ma per mezzo di tecnologie digitali. Il Comune di Varese avrebbe il compito di stabilire con l’università di Castellanza una alleanza nuova per la creazione di una Varese veramente Smart che sappia come valorizzare tutte le sue ricchezze. L’indicazione si inserisce nel complesso dibattito, avviato sin dagli anni sessanta, sulle relazioni tra economia e cultura. Da una parte, vi è chi sostiene che i beni culturali sono luoghi di TRASMISSIONE della conoscenza e per ciò non possono piegarsi a logiche di mercato e marketing. Dall’altra parte, si argomenta che rendere piacevoli e immediate le fruizioni del bene culturale, favorisce la promozione del bene stesso e garantisce entrate agli Enti Locali, alle Pubbliche Amministrazioni con bilanci sempre più esigui, e crea nuove opportunità di lavoro nel territorio. Sposiamo questa teoria. A titolo di esempio, attualmente, gli incassi dei musei e parchi archeologici statali coprono solo il 14% degli stipendi dei propri dipendenti. Un possibile piano di sviluppo/realizzazione di servizi innovativi per la fruizione di beni culturali deve facilitare la progettualità congiunta tra amministrazioni centrali e locali e coinvolgere le Fondazioni, le associazioni culturali, il terzo settore e anche tutte quelle associazioni di volontariato che sfruttando la loro azione capillare sul territorio possono aiutare a promuovere la partecipazione attiva di tutti i cittadini di concerto con gli organismi di governo delle città. L’utilizzo di nuovi strumenti modelli o strumenti operativi (come ad esempio quello della “Realtà aumentata – augmented reality”), per la fruizione di beni culturali diventano la nuova forma di comunicazione, ma anche, di marketing e promozione, che permette una visione reale/virtuale e l’accesso a contenuti e informazioni attraverso dispositivi fissi o mobili. Le nuove tecnologie, grazie alla capacità connettiva propria del digitale, possono collegare informazioni ad infinite altre relative agli ambienti sociali che, nel corso del tempo, lo hanno generato o usato. Questa “trama sociale”, consente di rappresentare un oggetto culturale senza isolarlo dal suo contesto, trasformando la sua natura di “testimone isolato” in racconto. Tale modello è stato riconosciuto in più paesi come il più funzionale per sostenere l’innovazione del sistema del turismo, delle attività culturali e del patrimonio artistico, promuovendo la partecipazione alla vita pubblica, la creatività, il multi e inter-culturalismo e la conoscenza delle culture locali in generale. Tutti questi settori indicati, rappresentano opportunità, sia, per le professionalità tradizionali, che a breve saranno maggiormente riconosciute (archeologi, restauratori, bibliotecari, archivisti, storici, storici dell’arte), ma, soprattutto, per avviare nuovi profili professionali maggiormente legati alle applicazioni concrete e alle tecnologie e alla loro diffusione e divulgazione (creatori di app, designer, esperti di marketing territoriale, nuovi operatori turistici e mediatori culturali). Chiaramente, deve essere individuato un luogo dove possa avvenire la conservazione e la proiezione della Varese virtuale. In considerazione delle relazioni esistenti tra il Sacro Monte Unesco di Varese e il Castello di Belforte sulla base del forte impegno della proprietà di quest’ultimo ad operare per la edificazione del Monte Sacro ma anche a condividerne gli artisti impegnati come probabilmente il Bertolone, propongo la Dacia in Villa Baragiola a Varese. In questa dovrebbe essere raccolte anche la copia della relazione di cui al citato convegno di aprile.
  5. Iniziative del Comune di Varese per promuovere studi da realizzarsi sulla storia del Castello di Belforte e sulla sua relazione con i castelli circostanti dei quali esistono delle indicazioni precise anche su Internet, ma manca uno studio a sistema su tutte le loro relazioni che deve essere realizzato.

Non posso che chiudere il presente con le stesse parole che ebbe a scrivere il dottor Vito Zani sulla Prealpina nella pagina dedicata alla cultura: “Qualunque cifra sia necessaria per salvare il Castello di Belforte (sia essa anche spropositata!) sarebbe in ogni caso infinitamente inferiore al prezzo che comporterebbe la sua perdita; una perdita che offenderebbe la civiltà, la storia ed il nostro territorio; una perdita che offenderebbe noi tutti”.

Il Comune di Varese deve avere il compito almeno di salvaguardare la integrità di una memoria cittadina permettendo la esplicazione di tutte le sue innumerevoli connessioni. Noi cittadini abbiamo il compito di pretendere l’attuazione.

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