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Spettacoli

E DOPO VENNE IL ROCK

MANIGLIO BOTTI - 24/04/2015

rockQuando si farà la classifica dei giornalisti più importanti del ‘900, almeno dei giornalisti-direttori, il nome di Eugenio Scalfari risulterà al primo posto per ciò che ha saputo realizzare nel primo ventennio della seconda metà del secolo: il giornale “La Repubblica”, giornale che in pochi anni ha saputo rivaleggiare con il Corriere della Sera, arrivando talvolta a superarlo per tiratura e vendite.

 Scalfari si può collocare così a fianco di un altro grande, Luigi Albertini, mitico direttore proprio del Corriere nel primo ventennio del Novecento. Meglio di Montanelli, Scalfari, come direttore, anche se Indro l’ha sovrastato per lo stile, per la qualità e l’esperienza di inviato speciale e per le capacità di storico e divulgatore. Tra gli altri, in quest’élite giornalistica che ha caratterizzato il secolo scorso, non possiamo non citare Giorgio Bocca, che fu a fianco di Scalfari, Enzo Biagi, sia al Corriere sia a Repubblica, e Giampaolo Pansa, inviato e giornalista geniale e puntiglioso, che però appartiene alla generazione successiva: il prossimo ottobre compirà ottant’anni.

Eugenio Scalfari, invece, lo scorso anno ha raggiunto i novanta di età. Lunga vita a lui, per altro ancora impegnato nel “mestieraccio”, su Repubblica e sull’altro giornale che è stato ed è parte importante della sua vita: l’Espresso. Inoltre, da almeno una quindicina d’anni, Scalfari, che si picca d’essere un filosofo, scrive libri in tema che però non ci sentiamo di giudicare, dato che poi altri studiosi molto autorevoli non li considerano delle pietre miliari. Ma sull’Espresso continuiamo a leggere la rubrica che alterna ogni sette giorni con Umberto Eco: quella di Scalfari si intitola “Il vetro soffiato” e quella di Eco “La bustina di Minerva”.

In uno degli ultimi interventi scalfariani, là dove si parla anche di stili musicali dell’ultimo secolo (il testo è stato intitolato dal redattore “Rivoluzione sessuale sulle note del jazz”) abbiamo ritrovato in chiusura un paio di passaggi che riportiamo a beneficio del nostro lettore.

“Dopo – scrive tra l’altro Scalfari – è venuto il rock ed è stato tutt’altra cosa perché la melodia è scomparsa del tutto e così pure la varietà del ritmo. Il ritmo è uno solo, al posto della melodia c’è il rumore, il ballo è un puro agitarsi del corpo che non fa più coppia fissa ma vaga da solo e fuggentemente insieme ad un gruppo o ad una persona non importa di quale sesso”.

E ancora: “Anche il rock è fenomeno culturale, riservato però ai giovani e ai giovanissimi. Non modifica i costumi ma è il segnale del disfacimento sociale. Forse il presagio di un’epoca nuova della quale i lineamenti sono tuttora ignoti”.

Oh bella! Che il rock sia stato fenomeno culturale riservato ai giovani e ai giovanissimi è relativamente vero. Segnaliamo tuttavia che il brano “Rock Around the Clock”, di Bill Haley, il primo entrato nella cultura cinematografica, fece da colonna sonora al film “Il seme della violenza”, di Richard Brooks. E il film è del 1954. Quindi Scalfari aveva trent’anni e non era certo un vecchio barbogio. Il cantante Bill Haley oltretutto, scomparso trentaquattro anni fa, era nato nel 1925, soltanto un anno dopo Scalfari. Questione tra coetanei, dunque. Forse musicalmente con interessi e gusti diversi.

Che poi il rock sia “…il segnale di un disfacimento sociale” ci sembra una grossa sciocchezza. Lo stesso Scalfari, del resto, all’inizio del proprio breve articolo ricorda che alcune “buffe” canzoni (Pippo non lo sa, Madonne fiorentine ecc.) e poi anche il jazz – i primi brani di una certa notorietà – fecero in qualche modo da repertorio e da guida musicale alla seconda guerra mondiale e a un genocidio in Europa. Il che, come “disfacimento sociale”, è proprio un bell’esempio, liberazione sessuale a parte.

In conclusione, vorremmo dire che l’accostamento della musica e delle canzoni o canzonette a segnali e a indicatori sociali è sbagliato. Ogni epoca ha i suoi “disfacimenti” o presunti tali. La “rivoluzione” del rock, che poi in sessant’anni ha avuto i suoi ritorni e i suoi sviluppi, non è da meno rispetto ad altre. Le note musicali sono sempre le stesse, soltanto gli uomini cambiano. Qualche volta in meglio, altre no.

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