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Apologie Paradossali

DARE PIÙ CHE RICEVERE

COSTANTE PORTATADINO - 29/05/2015

miserabiliTutti ci siamo commossi, lunedì sera all’Apollonio, partecipando alla rappresentazione de “I Miserabili”, tratta da Victor Hugo e messa in scena dai ragazzi di “L’Anaconda”, di “Solidarietà e Servizi” e di “Cura e Riabilitazione”, con i loro educatori e il supporto di una regista, Luisa Oneto, e di pochi altri professionisti dello spettacolo. Qualche lacrima è spuntata anche dagli occhi, non di madri e sorelle, ma di semplici spettatori, certo coinvolti da un’amicizia, ma sorpresi da una passione e da una presenza di significato totalmente inaspettate.

Accade così che non la tecnica sperimentata di abili attori abbia aperto brecce dolorose nel cuore dei presenti, ma la spontanea, noncurante baldanza di ragazzi e ragazze, guidati e sostenuti, talvolta anche fisicamente, dai loro educatori, spinti anch’essi assai al di sopra delle loro aspettative e delle capacità presunte. Ma lasciamo volentieri agli organi di stampa sia la considerazione ‘tecnica’ dello spettacolo, sia la cronaca della rilevanza sociale dell’evento: troppo nota è la storia dell’Anaconda a Varese e di Solidarietà e Servizi a Busto.

La sintonia tra lo spirito di questa rubrica e il senso dello spettacolo balza agli occhi fin dal logo di questo: quell’A maiuscola che sottolinea Abili non è un furbo gioco di parole, ma la firma sottoscritta da chi da decenni lavora con, per e accanto ai dis-ABILI a testimoniare, fin dall’inizio di ciò che giustamente consideriamo un lavoro, che la natura dell’UOMO non è mai vulnerata da un fatto fisico, fosse pure incidente sull’aspetto mentale. Al di sotto del guscio della più grave infermità attende sempre di esprimersi, di sgusciare fuori, una certezza di sé e del proprio destino, che è il messaggio, sovente il dono, che viene ricevuto, non dato, da coloro che se ne prendono cura. Tratteniamoci dunque dal pensare che i dis-abili, se vogliamo continuare a chiamarli così, per non cadere nell’eufemismo ingannatore del politicamente corretto ‘diversamente abile’, siano i nuovi miser-abili, irrimediabilmente privati, in attesa dei futuri progressi della scienza, di una piena dignità umana, tanto che nella cultura oggi maggioritaria sempre più si pensa che sarebbe stato meglio, per loro, ripeto per loro, non essere nati.

“Chi sei tu?” mi potrebbe apostrofare qualche pur sincero amico, per giudicare, per metterti contro il comune giudizio di gran parte degli intellettuali contemporanei e della stragrande maggioranza delle persone (vogliamo andare a referendum, per caso?) Già chi sono Io? Semplicemente uno che vede tutti i giorni nascere certi sorrisi sulla bocca di un figlio così, che vede i suoi dolori, le sue rabbie, i desideri, le pretese e le frustrazioni, e che non sa calcolare un bilancio numerico degli uni e degli altri, ma che lo vede semplicemente vivere e godere di quella sua vita. Sì, di quella vita.

Io sono anche quello che pensa che questi …Abili, qualsiasi sia la causa della loro …abilità, non siano un peso per la società, ma una ragione di vita per chi li ama, e ancor più chiaramente una ragione di esistenza per la società stessa, che dalla loro presenza esce rafforzata. Dovrebbero essere visti come un vaccino contro l’ingiustizia e la sopraffazione, anticorpi viventi contro il diffondersi del male.

Non voglio aggiungere altro, ché rischierei di rovinare tutto, con parole inadeguate; mi permetto solo di pregare gli scettici di ogni colore di lasciarsi trascinare da qualche amico zelante a partecipare a questo spectaculum, senza la pretesa di immedesimarsi, senza nemmeno fare lo sforzo di lasciare a casa qualche pregiudizio, solo guardando, ascoltando, vivendo.

 

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